tag:blogger.com,1999:blog-60342085521596228522024-03-14T16:21:16.049+01:00Esox 2000 Pesca, Ambiente, BiodiversitàIl sito di riferimento in Italia per la pesca sportiva del luccio, la tutela dell'ambiente e della biodiversità.Unknownnoreply@blogger.comBlogger57125tag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-72242899065482644052012-11-18T14:59:00.001+01:002012-11-18T15:00:04.149+01:00Biodiversità. Tutela e politiche di salvaguardia<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-9BdDHWkj9G-X2XfiTx9OvzlRil612OVCVwhR2LUIQB-WvGb5MtdTqHP4spXf5oDKXupkN-kJl4xBbNJt3MwgXfq7ZP12cV1IzYqXPE64D5aP2A47RrPqfvN5V4ykPlg0L6TNfAFXNAM/s1600/BIODIVERSITa.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><img border="0" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-9BdDHWkj9G-X2XfiTx9OvzlRil612OVCVwhR2LUIQB-WvGb5MtdTqHP4spXf5oDKXupkN-kJl4xBbNJt3MwgXfq7ZP12cV1IzYqXPE64D5aP2A47RrPqfvN5V4ykPlg0L6TNfAFXNAM/s200/BIODIVERSITa.jpg" width="200" /></a>
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<span style="text-align: justify;">La scomparsa di specie e la conseguente perdita di biodiversità rappresenta uno dei più grandi pericoli che incombe sugli esseri viventi, uomo compreso. In questo video si parla di biodiversità, partendo dalla sua definizione fino all'analisi degli aspetti economici e sociali. Uno sguardo globale a una delle più grandi risorse che l'uomo possiede, da proteggere e preservare non solo per le generazioni future. Dalle parole di due scienziati come E.O.Wilson e Giorgio Celli, il video ripercorre con esempi e citazioni il concetto di tutela della biodiversità, ne spiega i vantaggi, tratta delle politiche attuate. Il tutto arricchito da alcune immagini ed esempi che ci aiutano a capire quante sorprese e servizi è in grado di offrirci il mondo degli esseri viventi.</span></div>
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<b>Link</b><br />
<a href="http://www.oilproject.org/corso/ecologia-e-ambiente-spiegare-la-biodiversit%C3%A0-3776.html" target="_blank">Corso sulla biodiversità da www.oliproject.org</a>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-61462999245945143372012-10-04T17:14:00.000+02:002012-10-10T19:12:30.392+02:00La silenziosa scomparsa degli anfibi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoR_ILpy7aYOXcaOvshFe-zdb5I80ab9502rIKEcV1W69O_onnboT6bDiPZVuW0V3nw-zVr-dQf8qqZHw_dE8FoF5sj1K_BLJx-3A2698ikbGfdYnfUX4QqYQIk2Y5hv45Ss4gk0SP7Os/s1600/Ranaverdegrande.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="132" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoR_ILpy7aYOXcaOvshFe-zdb5I80ab9502rIKEcV1W69O_onnboT6bDiPZVuW0V3nw-zVr-dQf8qqZHw_dE8FoF5sj1K_BLJx-3A2698ikbGfdYnfUX4QqYQIk2Y5hv45Ss4gk0SP7Os/s200/Ranaverdegrande.jpg" width="200" /></a></div>
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Circa 1/3 della popolazione mondiale delle 6.468 specie di anfibi è a rischio di estinzione e, negli ultimi decenni, almeno 150 specie sono già scomparse. Secondo la Lista Rossa dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, in Italia, l’11% delle specie rientra nella categoria “minacciato criticamente”, l’11% nella categoria “minacciato” ed il 21 % nella categoria “vulnerabile”.
Scarsità d’acqua, inquinamento ed uso dei pesticidi, scomparsa degli habitat, urbanizzazione, cambiamenti climatici e introduzione di specie aliene, queste alcune delle cause che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza delle rane. </div>
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Salvare questo anfibio è di fondamentale importanza per la biodiversità. Oltre pulire l’acqua dalle alghe, infatti, le rane mangiano diversi tipi di insetti e sono loro stesse un importante anello della catena alimentare. Grazie alle loro pelle, che assorbe facilmente sostanze chimiche potenzialmente dannose, sono inoltre degli ottimi bio-indicatori degli equilibri dell’ambiente che le circonda. </div>
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Negli ultimi decenni stiamo assistendo al rapido declino delle popolazioni di molte specie di anfibi, principalmente Anuri (Rane, Rospi, Raganelle, ecc.). La cosa è preoccupante, perchè non si ricorda, a memoria d’uomo, nessun’altra morìa così generalizzata ed estesa : interi generi scompaiono con estrema rapidità, tanto che spesso una specie viene dichiarata estinta subito dopo essere stata scoperta.
Desta sconcerto il fatto che davanti ad un fenomeno così evidente (chi non ricorda le miriadi di esserini saltellanti che fino all’altro ieri si affrettavano ad entrare in acqua non appena si avvicinava un pericolo ?), oltre che di così rilevanti proporzioni, nessuno, o quasi, lanci un qualsiasi grido di allarme.
Eppure siamo abituati, oramai, a proclami ambientali di vario genere : dalla denuncia delle attività di bracconaggio alle iniziative in favore dei siti di nidificazione, dall’istituzione di depositi di cibo per gli animali selvatici alle proteste per la distruzione di questo o di quell’altro ambiente naturale... E niente, o quasi niente, a proposito della silenziosa scomparsa degli anfibi.
L’opinione pubblica sembra assente e del tutto indifferente davanti ad un fenomeno che non dovrebbe poter passare inosservato ; certo, una lince sarà più elegante di un rospo, un airone cenerino sarà meno goffo di una salamandra, il volteggiare aggraziato di un falco sarà forse più nobile del monotono gracidare di una rana in un pantano...
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Al di là delle " mode " del periodo, il fenomeno della progressiva riduzione degli anfibi prosegue rapidamente e senza soste in tutto il mondo, e così rane e rospi mai scoperti scompaiono nell’ombra, e con essi scompare, per sempre, tutto un patrimonio di sostanze chimiche, ormonali, biologiche che non saranno mai più prodotte nè conosciute. Senza contare il fatto che ecologicamente gli Anfibi sono, nel mondo degli eterotermi, analoghi a ciò che i Roditori sono nel mondo degli animali a sangue caldo : fondamentali riserve di risorse trofiche, alla base di catene alimentari che, dal fondo delle paludi melmose, porteranno al luccio, all’airone, al falco, fino ad arrivare - perchè no ? - alla lince.
Fra i tentativi avanzati per spiegare questa moria generalizzata sono state considerate le ipotesi " classiche " : piogge acide (un tempo : in seguito, con la fine del fenomeno ovviamente tale causa è stata accantonata), inquinamento, modificazione climatiche, introduzione di specie aliene, riduzione degli habitat.
A queste ipotesi si è aggiunta in seguito quella, sicuramente appropriata per gli anfibi, esseri dalla pelle quanto mai delicata, dell’aumento delle radiazioni UV che penetrano attraverso l’atmosfera come conseguenza dell’assottigliamento dello strato di ozono.<br />
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Eppure, nessuna di queste ipotesi da sola sembra sufficiente a giustificare la scomparsa degli anfibi. Un'ipotesi recente accreditata da diversi studi è che la causa della repentina scomparsa sia da attribuire ad un parassita, un fungo che avrebbe acquisito letale perniciosità una volta al di fuori del suo habitat originario. Si tratta del <i>Batrachochytrium dendrobatidis</i>, che sarebbe stato " esportato " dagli originari territori dell’Africa al seguito delle rane utilizzate nei test di gravidanza umani e che, una volta al di fuori del proprio ambiente, avrebbe manifestato una virulenza letale per i poveri anfibi non abituati a fare i conti con esso.
Per quanto suffragata da dati raccolti in varie parti del mondo e probabilmente incontrovertibili, sotto un punto di vista ecologico la motivazione appare senza dubbio banale : da che mondo è mondo, ogni essere vivente della terra è soggetto a tutta una serie di organismi che in qualche modo si configurano come suoi predatori, antagonisti, patogeni, ecc... senza che per questo motivo si abbiano repentine scomparse di specie, di Generi, di Famiglie o addirittura di un’intera Classe di esseri viventi.
Va detto, inoltre, che i primi casi di contagio accertato risalgono ad un periodo in cui lo spaventoso declino aveva già avuto inizio ; va detto che la scomparsa degli Anuri si verifica a livello globale sull’intera superficie del pianeta, comprese le zone in cui l’incidenza delle attività umane è ridotta al minimo (Amazzonia, foreste equatoriali, ecc.) ; va detto che le limitate capacità di dispersione del fungo, veicolato o meno dall’azione umana, non dovrebbero consentirgli di produrre effetti contemporaneamente sull’intero pianeta, ma in singole zone di diffusione, per poi interessare superfici sempre più estese.<br />
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Per quanto gli interrogativi che suscita siano evidenti, l’ipotesi che sia il fungo in questione a determinare, a livello globale, la scomparsa degli anfibi, resta tra le più accreditate; d’altra parte, è stato accertato che detto fungo causa patologie mortali nelle rane dei più svariati generi.
Dal punto di vista del rapporto causa/effetti questa spiegazione appare, come già scritto, banale, e lo appare tanto più se la si paragona alle spiegazioni, di ben altro livello, che vengono avanzate per spiegare la scomparsa dei dinosauri : per quest’ultima si prospetta da sempre uno scenario apocalittico. D’altra parte, anche l’abbinamento fra la scomparsa dei Dinosauri e quella degli Anfibi non ha motivo di esistere : i dinosauri hanno contrassegnato un’epoca, mentre gli Anfibi, da bravi " termini di passaggio " colonizzatori delle terre emerse, avrebbero dovuto essere estinti già da un pezzo, dal momento stesso in cui la vita uscì dall’acqua per dare origine ai Rettili prima ed agli Uccelli ed ai Mammiferi poi....<br />
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Con le premesse fatte in merito all’evoluzione degli animali terrestri, che sarebbe avvenuta a partire dal primo Anfibio che optò per la vita in ambiente aereo, qual è il senso della presenza degli Anfibi nel terzo millennio, una volta esaurito, in termini evolutivi, il loro compito ?
Tanto più che gli attuali Anfibi appaiono, nelle loro caratteristiche essenziali, incredibilmente simili a quelli comparsi milioni di anni fa, strani " anelli mancanti " che si sarebbero poi evoluti nei Rettili, ma anche, imprevedibilmente, conservati con poche variazioni e pressochè identici fino ai nostri giorni...
La scomparsa definitiva degli Anfibi porterà via per sempre, insieme a questi animali, anche la risposta a tutta una serie di interrogativi che riguardano la loro esistenza (e, forse, la storia stessa della vita sulla terra), senza che sia più dato di trovare una risposta.
D’altra parte, chi li ricorderà più, fra venti o trent’anni ? </div>
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(Tratto da <i>LA SILENZIOSA SCOMPARSA DEGLI ANFIBI, LA COSMOLOGICA SCOMPARSA DEI DINOSAURI</i> di Sandro D’Alessandro, Bipedia) </div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-63109579840864110572012-09-29T21:57:00.003+02:002012-09-29T21:59:07.174+02:00Dossier biodiversità a rischio 2012<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoQ4B8MDNWbIwCRrYy_jttLhtbM0DAOwYzKpoITYXc4vkNVrjoy37JTSRGexN6kmy7koO7ZPnQuOQBcr7sXIgHNKKS0kLM7ojhabN09JyRJdWbuLd_gAU227YRQtA8uDKjHSTJtJohe9A/s1600/2012_05_25_12_20_34.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoQ4B8MDNWbIwCRrYy_jttLhtbM0DAOwYzKpoITYXc4vkNVrjoy37JTSRGexN6kmy7koO7ZPnQuOQBcr7sXIgHNKKS0kLM7ojhabN09JyRJdWbuLd_gAU227YRQtA8uDKjHSTJtJohe9A/s200/2012_05_25_12_20_34.jpg" width="140" /></a></div>
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Abbiamo scelto questo importante tema per inaugurare la nuova veste grafica del sito web Esox 2000 che vuole porre in risalto l'impegno del club nei confronti delle tematiche ambientali. Il club infatti fa parte di Esox Italia associazione che ha avuto un ruolo leader nella firma del protocollo tra le discipline di pesca ecosostenibile. La perdita di biodiversità nel Pianeta avanza con passi da gigante. La diversità biologica, meglio conosciuta come biodiversità, è sinonimo di ricchezza, di varietà, della coesistenza di svariate forme di vita, non etichettate come migliori o peggiori, normali o anormali, belle o brutte, ma tutte utili e selezionate nel corso dei millenni.
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La prima definizione di biodiversità fu coniata durante la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e sullo sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992: ”Per diversità biologica si intende la variabilità degli organismi viventi, degli ecosistemi terrestri, acquatici e i complessi ecologici che essi costituiscono; la diversità biologica comprende la diversità intraspecifica, interspecifica e degli ecosistemi”.
Questa ricchezza è il frutto dei lenti processi evolutivi che, sotto la spinta della selezione naturale, agiscono sulle caratteristiche genetiche e morfologiche delle specie, permettendo così alle forme di vita di adattarsi al cambiamento delle condizioni ambientali.
La biodiversità è fondamentale non solo per noi, ma anche per i nostri discendenti e per tutti gli esseri viventi della Terra, è il pilastro della salute del nostro pianeta. Dalla varietà di forme di vita animali e vegetali, infatti, dipendono sia la qualità dell'esistenza umana sia la nostra stessa possibilità di sopravvivenza. Se la varietà della vita è più ampia, infatti, ogni ecosistema reagisce meglio agli stimoli negativi, siano essi rappresentati dai cambiamenti climatici, dai dissesti idrogeologici, dall’introduzione di Organismi Geneticamente Modificati o dall’invasione di specie aliene.
Ma quali sonole cause che determinano la perdita di biodiversità? Inquinamento, specie aliene, perdita e la frammentazione degli habitat e cambiamenti climatici sono tra le cause principali, in quanto non solo possono alterare in modo irreversibile i delicati equilibri del nostro ecosistema, ma possono anche amplificare gli effetti di questo processo. Tutelare la biodiversità vuol dire anche contrastare il cambiamento climatico, una delle più grandi sfide del 21° secolo. Migliorare l’efficienza e la distribuzione delle risorse, questi gli obiettivi da perseguire. Viviamo infatti in un mondo che entro il 2050 sarà abitato da circa 9 miliardi di persone. E il 60% degli ecosistemi mondiali, che garantiscono il nostro sostentamento, sarà degradato soprattutto perché utilizzato in modo non sostenibile.</div>
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Leggi il <b>Dossier Biodiversità</b> di Legambiente 2012<br />
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<a href="http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/dossierbiodiversita_0.pdf">Biodiversità a rischio (PDF)</a><br />
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<object classid="clsid:D27CDB6E-AE6D-11cf-96B8-444553540000" id="10fda656-a2db-59a7-115d-a1b8de4334b4" style="height: 300px; width: 420px;"><param name="movie" value="http://static.issuu.com/webembed/viewers/style1/v2/IssuuReader.swf?mode=mini&documentId=120525161824-316ce3bd19e841df9ce6fe15f8e858a3" /><param name="allowfullscreen" value="true"/><param name="allowscriptaccess" value="always"/><param name="menu" value="false"/><param name="wmode" value="transparent"/><embed src="http://static.issuu.com/webembed/viewers/style1/v2/IssuuReader.swf" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true" allowscriptaccess="always" menu="false" wmode="transparent" style="width:420px;height:300px" flashvars="mode=mini&documentId=120525161824-316ce3bd19e841df9ce6fe15f8e858a3" /></object><br />
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<a href="http://issuu.com/legambienteonlus/docs/rapporto_biodiversita_2012/1" target="_blank">Open publication</a> - Free <a href="http://issuu.com/" target="_blank">publishing</a></div>
</div>
Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-11457985311203572712012-09-24T14:58:00.000+02:002012-09-29T15:52:44.584+02:00Sono spariti i pesci, 60 specie estinte, 1700 a rischio di estinzione<br />
<table style="color: black; text-align: justify;"><tbody>
<tr><td valign="top"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLyutpfnZBsIHjYX2l5sAYk18UTRPbCnfbu2z38BXTaUkBGRaYQuke0hyphenhyphenMpO2ZvhSXsQrfZT0EXyyEO5KKeQfnjsBzWo8GNxgGxu3ypUagL79r312HpMkxWRi4OD03t6el_Us-ftONEUI/s1600/jpg_2191594.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="118" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLyutpfnZBsIHjYX2l5sAYk18UTRPbCnfbu2z38BXTaUkBGRaYQuke0hyphenhyphenMpO2ZvhSXsQrfZT0EXyyEO5KKeQfnjsBzWo8GNxgGxu3ypUagL79r312HpMkxWRi4OD03t6el_Us-ftONEUI/s200/jpg_2191594.jpg" width="200" /></a><br />
Sempre più scompaiono cernie e tonni, squali, dentici e corvine. Tra inquinamento delle coste, consumi alimentari, barche e yacht. La Fao denuncia le ragioni del disastro. Il rapporto evidenzia che le principali minacce che mettono a repentaglio il potenziale del settore pesca sono la gestione inefficace e la cattiva conservazione degli habitat. Ritiene dunque necessaria una transizione verso un approccio basato sulle comunità. Come rilevato alla Conferenza Rio+20, tale cambiamento potrebbe spronare la comunità internazionale a rispondere alle esigenze del presente senza perdere di vista i benefici per le generazioni future.
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<a name='more'></a>A Favignana se lo ricordano ancora quell'animale da mezza tonnellata, un tonno di 550 chilogrammi. Era il 1957, erano gli anni delle mattanze record con centinaia di esemplari extra-large. I vecchi ne parlano, ma da dieci anni a questa parte è il deserto: nel Mediterraneo si tirano su pochi tonni e mai superiori ai 200 chili. Perché in 60 anni, e non solo nel Mediterraneo ma in tutto il mondo, ci siamo giocati il 90 per cento dei grandi pesci. Finiti in tavola. L'impatto umano sulla vita di mari e oceani ha preoccupato per decenni scienziati e ambientalisti di ogni latitudine.<br />
Ma oggi la Fao quantica il fenomeno nel rapporto "Lo Stato mondiale della pesca e dell'acquacoltura", che fotografa fedelmente lo stato della popolazione ittica dal 1994. E ribadisce col peso dei dati scientici che troppi micidiali pescherecci stanno riducendo la popolazione degli oceani: il 57 per cento delle riserve marine è al limite della sostenibilità, ma un terzo di esse è già sfruttato ai limiti massimi. Poi, gli scarichi di centinaia di città costiere, la perdita di habitat naturali, il disturbo umano di yacht e motosca. Il risultato è che più dell'80 per cento delle riserve di pesce è svanito. Il che fa male all'ambiente ma fa male anche ai pescatori che vedono la loro raccolta diminuire ad una velocità mai vista. E fa malissimo alle popolazioni del sud del mondo, che si afdano al pesce per quasi un quarto delle loro proteine animali. Oggi le specie in pericolo nelle acque del pianeta sono quasi 1.700: 1.141 considerate vulnerabili, 486 in pericolo e 60 già estinte secondo la Lista Rossa stilata dall'International Union for Conservation of Nature (Iucn), network di organizzazioni per la difesa dell'ambiente. E in grande pericolo è anche il mare Mediterraneo, considerato un gioiello di biodiversità: contiene circa il 7 per cento delle specie marine sul totale mondiale, animali tipici dei climi temperati così come specie tipicamente tropicali. Animali dal futuro incerto: delle 519 specie autoctone e sottospecie monitorate dagli scienziati, oltre l'8 per cento (43) è sotto minaccia. Quindici sono a rischio di estinzione come il pescespada e la cernia gigante, tredici in grave pericolo come il piccolo scorfano rosso e il gambero terreno una volta che le popolazioni iniziano a diventare sempre più esigue. Da un lato una catastrofe ambientale di queste dimensioni, dall'altro una domanda alimentare sempre crescente: il pesce fa bene, molti piatti sono entrati nei menù di tutto il mondo e sempre più persone lo portano in tavola. Inevitabile correre ai ripari e molti supermercati e ristoranti richiedono standard di sostenibilità sempre più stringenti, accertatii da organismi di certificazione internazionali. Molti paesi hanno introdotto riserve marine al largo delle loro coste che permettono alle specie di recuperare grazie a cicli di riproduzione più lunghi: stiamo comunque parlando dell'1 per cento di protezione delle acque, rispetto a quasi il 15 per cento delle aree territoriali. Ma non è sufficiente. E non può esserlo se, come spiega Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace, «la maggioranza dei pescatori continua a fare abbondante uso delle reti a strascico che distruggono i fondali e impoveriscono il mare e nei pochi pesci rimasti l'inquinamento entra nella rete alimentare».<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEik7PON-zjpBsJjZ3PnyI1O8FomJ_P5aamkgnLfEtqb5inIXS__2mrQVkZ_9wEkUs7IvsH5MwQejn1xWa9Y0S46fKLd87MvPGu96LaX7GsupaATYyCc_F4ekylstPhLNlSEVZEthWNcRRU/s1600/61249a.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="267" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEik7PON-zjpBsJjZ3PnyI1O8FomJ_P5aamkgnLfEtqb5inIXS__2mrQVkZ_9wEkUs7IvsH5MwQejn1xWa9Y0S46fKLd87MvPGu96LaX7GsupaATYyCc_F4ekylstPhLNlSEVZEthWNcRRU/s400/61249a.jpg" width="400" /></a></div>
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Ma è un circolo vizioso: il consumo di pesce è praticamente raddoppiato negli ultimi 30 anni, e i pescatori cercano di tenergli dietro, per lo più senza violare le leggi ma spolpando i mari: sistemi industriali per la pesca che non tengono in considerazione i costi ambientali e sociali, incremento del potere d'acquisto nei paesi emergenti che permette un più ampio accesso a quest'alimento. Così il settore si è trasformato in una colossale industria che, sebbene non conti più di qualche migliaio di navi, è in grado di modicare radicalmente l'equilibrio naturale degli ecosistemi marini, privando la natura della capacità di rinnovare le proprie risorse. Perché è in funzione il doppio dei pescherecci rispetto a quelli che consentirebbero uno sviluppo sostenibile e armonioso del settore. E alcune imbarcazioni sono vere e proprie fabbriche che utilizzano sonar, aerei e piattaforme satellitari per individuare i banchi, su cui si calano poi con reti lunghe parecchie chilometri o lenze dotate di migliaia di ami. A bordo gli uomini sono poi in grado di trattare tonnellate di pescato, congelarlo e imballarlo. Le imbarcazioni più grandi, che arrivano a 170 metri di lunghezza, hanno una capacità di stoccaggio equivalente a diversi Boeing 747. Le navi più grosse sono quelle della flotta della Russia e dell'Ucraina, quelle che navigano sotto bandiere ombra come Belize o Panama, o ancora gli sca pirata senza bandiera registrata. E le autorità costiere dei diversi paesi non possono farci granché: al di fuori delle prime 12 miglia nautiche che si snodano lungo il litorale di un paese (zona di esclusività dei suoi pescatori), l'accesso alle risorse non è regolamentato. Così chiunque può superare facilmente questo limite, calare le reti e sfruttare le risorse marine. Per frenare l'invasione delle coste italiane, spagnole e francesi, ad esempio, la Mauritania ha imposto dal 1 agosto scorso il divieto di cattura dei polipi giganti e limiti severi per i crostacei. Mentre la numerosa flotta di Mazara del Vallo che una volta inseguiva i banchi solo nel canale di Sicilia ora si sposta verso le coste della Libia, Egitto, Cipro, sempre più ad est inseguendo rotte sempre più scarse di pescato e macinando centinaia di miglia. Una folle corsa per inseguire l'ultimo pesce. E andando avanti di questo passo rischiamo di vedere il tonno spostarsi dalle pescherie ai musei di storia naturale che testimoniano di specie antiche, dal T-rex al tonno rosso.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4HRbv1btewP3Y0OL9Q9M7goLXePxqRPPR4B0kvb0E2X0Sk0qYkVoBM_MaqAJevfR0hzIuRdsXSXBINT3fnsgIjnWsUInfwvkVR6XRG8TZ548occo8eKvLwsI-_3eDeqKq76XSCSFi8mo/s1600/anguilla1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4HRbv1btewP3Y0OL9Q9M7goLXePxqRPPR4B0kvb0E2X0Sk0qYkVoBM_MaqAJevfR0hzIuRdsXSXBINT3fnsgIjnWsUInfwvkVR6XRG8TZ548occo8eKvLwsI-_3eDeqKq76XSCSFi8mo/s400/anguilla1.jpg" width="400" /></a></div>
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Chi rischia di più<br />
<b>ANGUILLA</b> È diffusa nelle acque dolci, salmastre e marine dell'Atlantico e del mar Mediterraneo. In Europa la sua sopravvivenza è messa grandemente a rischio. E sarebbe necessario imporre il fermo assoluto della sua pesca<br />
<b>BLU MARLIN</b> È spesso vittima di catture accidentali di pescherecci con palangari. Talvolta i pescatori lo rilasciano dopo la cattura, ma gli ambientalisti spingono per una maggiore protezione. È considerato vulnerabile<br />
<b>BALENA BLU</b> Il più grande animale del mondo, quasi spazzato via dalla caccia intensiva delle baleniere. Protetta in tutto il mondo dal 1966, la sua popolazione sembra in crescita, ma è ancora considerata in pericolo<br />
<b>PESCESPADA</b> Vive nelle zone tropicali, subtropicali e temperate di tutti gli oceani, nonché nel mar Mediterraneo, nel mar Nero, nel mare di Marmara e mar d'Azov, dove gli animali si concentrano quando sono presenti correnti marine o oceaniche<br />
<b>CAVALLUCCIO MARINO</b> Tutti i cavallucci marini sono protetti ma sono spesso catturati accidentalmente. Il suo habitat è spesso degradato dalle attività umane che lo mette a rischio di estinzione<br />
<b>PESCE CHITARRA</b> È abbastanza comune nel Mediterraneo settentrionale, può raggiungere fino a 2 metri di lunghezza e nuota lentamente sul fondo del mare. Spesso è preso di mira per le sue pinne grandi e preziose ed è quindi in via di estinzione<br />
<b>CERNIA</b> È oggetto costante di overfishing e nel Mediterraneo la popolazione<br />
<b>SCORFANO ROSSO</b> Vive in habitat rocciosi. È un piccolo pesce dalla carne gustosa, usataè diminuita del 95 per cento. È considerata una specie a rischio per la celebre "bouillabaisse", la zuppa tradizionale della Provenza. È in via di estinzione<br />
<b>CORVINA</b> Vive nel Mediterraneo e si riproduce nella tarda primavera e in estate. È carnivora di piccoli crostacei e di molluschi. È classificata come vulnerabile<br />
<b>SQUALO BALENA</b> È innocuo, docile, lento e prezioso. La sua pinna è molto apprezzata dai consumatori asiatici e per questo è oggetto di pesca intensiva anche se la specie è classificata come minacciata ed è protetta in molti paesi<br />
<b>DENTICE</b> È una specie fortemente sfruttata. Non si riproduce in fretta e questo lo mette maggiomente a rischio. Oggi è classificato come vulnerabile<br />
<b>STORIONE BELUGA</b> Le sue uova sono il caviale tra i migliori al mondo, ma la pesca eccessiva e la perdita di terreno dove deporre le uova ha decimato le popolazioni del 90 per cento in 30 anni, nonostante sia protetto dalle quote commerciali<br />
<b>VERDESCA</b> Appartiene alla famiglia degli squali, vive in acque profonde nel Mediterraneo ma finisce nelle reti ed è una specie vulnerabile<br />
<b>GAMBERO ROSA</b> Diffuso in tutta Italia, è tra i gamberi più venduti. Viene catturato insieme ai naselli (vivono nello stesso ambiente sabbioso) con le reti a strascico Qui ci vuole un'oasi.<br />
Per promuovere un sistema di pesca sostenibile portato avanti da piccoli gruppi di pescatori e valorizzare le specialità gastronomiche quasi dimenticate, Slow Food si è inventata i presìdi dedicati ai prodotti ittici. Oasi che coniugano la tradizione gastronomica locale, lo sfruttamento selettivo che non uccide altre specie e i ritmi di riproduzione naturali. Sono 23 in tutto il mondo, quattordici le realtà italiane. Dalle acque delle lagune costiere dello Stato di Sergipe, nel nord-est brasiliano, progetti di ripopolamento dei granchi, passando per l'isola di Robinson Crusoe (Cile) dove dopo lo tsunami si riparte grazie alla pesca tradizionale e l'allargamento dell'area protetta. E ancora: salvaguardare la produzione artigianale di baccalà dalle selvagge coste norvegesi di Sunnmøre ottenuto esclusivamente da skrei, il pesce innamorato pescato con i metodi tradizionali. In Bretagna è nato il presidio locale che garantisce ostriche nate in mare e condizioni di allevamento rispettose per combattere la crisi virale che colpisce i molluschi. Nel nostro Paese abbiamo la pesca a basso impatto ambientale della pregiata e minacciata tellina del litorale romano, i moscioli di Ancona: le cozze o mitili "selvaggi" che si riproducono naturalmente e vivono attaccati agli scogli sommersi della costa del Conero. Più a Sud si trova la "colatura" di Cetara, Pisciotta e Pollica con le sue regole semplici e tempi precisi: la materia prima sono le alici pescate con la tecnica della lampara esclusivamente nel golfo di Salerno durante la primavera. Una leccornia così pregiata conosciuta fin dai tempi di Marco Gavio Apicio, raffinato gastronomo della Roma imperiale che dedicò tutta la sua vita ai piaceri della buona cucina.<br />
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(<i>fonte: L'Espresso – 22 settembre 2012</i>)</td></tr>
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Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-46324773665275233662012-08-23T08:56:00.000+02:002012-09-29T21:36:21.327+02:00Il WWF Faenza denuncia il degrado ambientale del Lamone<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4VphwzhwZbgtXUmqhuGDJozlO1bHH5A3iKepJ21UP_ROOjBhZqsgvAib7EWEjL4yF4GsZ3cuPzYqVwNV8cBrHhNw-8j7phmVRaQgEFqmXWHgF-dz-sV90bma7d8z2zDzRRlaXIpU8Rlw/s1600/b_p-10690-abstr_img-MoriapesciLamone2012.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4VphwzhwZbgtXUmqhuGDJozlO1bHH5A3iKepJ21UP_ROOjBhZqsgvAib7EWEjL4yF4GsZ3cuPzYqVwNV8cBrHhNw-8j7phmVRaQgEFqmXWHgF-dz-sV90bma7d8z2zDzRRlaXIpU8Rlw/s200/b_p-10690-abstr_img-MoriapesciLamone2012.jpg" width="200" /></a></div>
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Purtroppo dobbiamo riportare l'ennesimo caso di degrado ambientale con conseguente distruzione degli ecosistemi ed azzeramento della biodiversità. Il WWF Faenza denuncia la situazione del Lamone. In una nota stampa, infatti, si parla di ambiente devastato con un fiume si sta prosciugandotra e pozze d'acqua stagnante e scura in cui galleggiano pesci in putrefazione. </div>
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"Alle conseguenze dell'emergenza idrica si aggiunge l'impatto brutale di un taglio pressochè totale della vegetazione" dichiara il WWF.
E prosegue: "È il risultato di un primo stralcio di lavori di un intervento autorizzato dalla Regione Emilia Romagna per la 'rimozione selettiva di piante all'interno dell'alveo' nel tratto urbano del Lamone.
In realtà il criterio adottato è quello del fare più legna possibile: in questo tratto di alveo sono rimasti in piedi pochissimi alberi, molti salici e pioppi di grandi dimensioni sono stati abbattuti.
Il Lamone in queste condizioni non è più un fiume!
Un ecosistema è ridotto a canale di scolo; acqua e biodiversità spariscono, la vita del fiume e il paesaggio sono completamente stravolti.
Tutto questo avviene nella più totale indifferenza degli Enti che dovrebbero garantire la salvaguardia dei fiumi.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOQztuZ4tbBBB3AZfNyDujU8_km9bf7q6BYQFN83TbEnsZfVq0aKhT2ijkcWgDnCn1E5KEA4ww7cQTOPHb2h93ROqNGq5rquEyjPxJPOrDi9y9Fmqi-B86S6Mp_zbtGlSRCUk6ofrr9Y4/s1600/b_p-10690-det_img-MoriapesciLamone20122.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOQztuZ4tbBBB3AZfNyDujU8_km9bf7q6BYQFN83TbEnsZfVq0aKhT2ijkcWgDnCn1E5KEA4ww7cQTOPHb2h93ROqNGq5rquEyjPxJPOrDi9y9Fmqi-B86S6Mp_zbtGlSRCUk6ofrr9Y4/s320/b_p-10690-det_img-MoriapesciLamone20122.jpg" width="320" /></a></div>
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Da molti anni il WWF richiama l'attenzione sullo sfrutamento della risorsa idrica oltre i limiti naturali del territorio; un problema che non si risolve con tardivi e quindi inutili divieti di attingimento dai fiumi, emessi quando negli alvei restano solo poche pozze d'acqua.
La vita dei fiumi e la loro qualità ambientale si difendono solo attraverso una pianificazione territoriale ed agricola che tenga conto delle caratteristiche del territorio, del suo bilancio idrico e del cambiamento delle condizioni climatiche in atto.
Per quattro mesi all'anno il Lamone,prosciugato, sparisce; si ripetono le morie di pesci, ambiente e paesaggio vengono degradati da tagli di alberi sovradimensionati rispetto all'esigenza della sicurezza idraulica.
A fronte di questa cronica situazione appaiono risibili gli annunci e i progetti di carta su un possibile parco fluviale del Lamone. Non si fa un parco fluviale se Enti e Amministrazioni locali si limitano ad allestire la vetrina di un semplice prodotto turistico.
Un vero Parco fluviale del Lamone potrà nascere e diventare risorsa vitale per le comunità solo quando i vari Enti pubblici decideranno di affrontare in modo sistemico i problemi di degrado ambientale dei fiumi del comprensorio faentino."</div>
Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-32412546440978328532012-08-15T23:26:00.000+02:002012-09-29T21:36:44.479+02:00Siluro sulle tavole dei milanesi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDRC6jdhwIYEqpPB2QeFCyS97pxT15tcHkk_N3IbhOyt6rkct1RZJh_oLVgL7vnKad48zhalillYbBj2tdDqqmYs3OEi9ZHfSZFX1h91JGWY7CgPzDy_igia3w_KRLKuDLlLalUsKHknk/s1600/Unknown.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="140" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDRC6jdhwIYEqpPB2QeFCyS97pxT15tcHkk_N3IbhOyt6rkct1RZJh_oLVgL7vnKad48zhalillYbBj2tdDqqmYs3OEi9ZHfSZFX1h91JGWY7CgPzDy_igia3w_KRLKuDLlLalUsKHknk/s200/Unknown.jpg" width="200" /></a></div>
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Siluro sui banchi del pesce a Milano. Ma il terrorismo non c'entra, anzi in fondo la notizia è buona. Cioè se al mercato ittico cercate un pesce sopra il quintale ma non volete svenarvi per un tonno rosso potrete anche, d'ora in poi, cavarvela con cinque euro al chilo per una sberla lunga fino a tre metri baffi esclusi: appunto un siluro. Pescegatto gigante di bruttezza infinita, tanto amato da una certa élite di pescatori per le battaglie notturne che impone quanto odiato dalla maggior parte degli altri perché predatore di qualsiasi cosa si muova in un fiume, anatre comprese: al punto che le amministrazioni, da anni, multano chi dopo averne preso uno vien beccato a ributtarlo in acqua vivo. </div>
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Considerato dai buongustai nostrani immangiabile.
Invece, contrordine. Perché se chiedete ai tanti romeni, bulgari, ungheresi, esteuropei in genere che da tempo vivono a Milano - per non dire degli austriaci, veri estimatori - vi diranno che persino il siluro, sapientemente trattato e fatto in scaloppine, o fritto, o anche al curry, non solo costa poco ma è buono. E infatti per venderlo a loro, da tempo, i banchi del mercato ittico di Milano erano arrivati al paradosso - proprio qui in Lombardia, dove tra fiumi e laghi se ne tirano su tonnellate ogni anno - di importarlo dal Trasimeno o addirittura dal Danubio: sua acqua d'origine, da dove arrivò per la prima volta in Italia mezzo secolo fa. Basta, si cambia.
Merito del protocollo d'intesa che sarà firmato oggi dalle associazioni del pescatori lombardi con Regione, Sogemi, Province di Como, Varese, Lecco e Sondrio. Che hanno investito 41 mila euro per consentire (di più: promuovere) la vendita non solo dei siluri ma anche di altri pesci d'acqua dolce di fama povera quali gardon e carassio (il parente grosso e grigio del pesce rosso, in pratica) provenienti dai laghi Maggiore, di Varese, di Como, di Comabbio e Novate Mezzola, oltre che dal Ticino.
«Questi pesci - riconosce l'assessore regionale all'Agricoltura, Giulio De Capitani - sono formidabili prede per i pescatori più bravi ma sono un problema per l'equilibrio ambientale. La possibilità di commercializzare queste specie può trasformarsi in una opportunità ecologica da una parte e di reddito per i pescatori lombardi dall'altra». «E magari anche nell'occasione - chiude la suo collega al Commercio, Margherita Peroni - per rilanciare altri pesci d'acqua dolce della nostra tradizione come lavarello, coregone, persico, luccio, tinca e sardine: che tutti apprezziamo ma che solo a fatica esportiamo».</div>
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<i>Corriere della Sera, Milano (22 giugno 2012)</i>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-30470761318469567902012-05-25T08:11:00.000+02:002012-09-27T08:29:12.682+02:00Morìa di pesce in Emilia, il terremoto tra le possibili concause<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjf7raYuqpHx08cCDJu50uV6Q9MGfIZ4darh5xav8zlTewMjs8xO3L7uADrw5FDoS0B52nbDj21lA2S7RgWUlWGg9wspTsvy1lPiMBAuXB6GiyOcAQKMzuQNcmN4gIHMiuE0XdVg6Co10M/s1600/23557_1_1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjf7raYuqpHx08cCDJu50uV6Q9MGfIZ4darh5xav8zlTewMjs8xO3L7uADrw5FDoS0B52nbDj21lA2S7RgWUlWGg9wspTsvy1lPiMBAuXB6GiyOcAQKMzuQNcmN4gIHMiuE0XdVg6Co10M/s200/23557_1_1.jpg" width="200" /></a></div>
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La terra continua a tremare in Emilia e si vive nel costante timore di nuove pericolose scosse, tra l'altro non certo escluse dagli esperti. La serie di scosse di terremoto che si susseguono da 3 settimane ha creato veri e propri stravolgimenti del paesaggio: nel modenese, tra Mirandola e San Felice sul Panaro, il terreno ha subito un sollevamento di 12 cm, come accertato dai dati satellitari. Nel frattempo si sono avute notizie di diffuse morie di pesci nei canali delle zone maggiormente colpite dal sisma, una vera ecatombe.</div>
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Era già accaduto in grande stile nella zona di Massa Finalese dopo il terremoto del 20 maggio. Poi è capitato di nuovo dopo quella del 29 maggio. In questi ultimi giorni a San Prospero son stati trovati molti pesci, la gran parte delle quali di grandi dimensioni, privi di vita. Da martedì 22 maggio sono iniziate le segnalazioni di cittadini ferraresi di morie di pesci. Da parte dell’Area di Sanità Pubblica Veterinaria dell’Azienda Usl di Ferrara sono stati effettuati diversi sopralluoghi presso il Po di Volano, canale di Burana e Boicelli, segnalazioni che adombravano un nesso tra le morie e lo sciame sismico in corso.</div>
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La mortalità di pesci di varie specie (abramidi, carpa, siluro) è stata confermata, in quantitativi crescenti di giorno in giorno, ed è stato osservato un comportamento di sofferenza di numerosi pesci, boccheggianti in superficie. L’acqua dei canali era in movimento, con forte corrente e di qualità visiva ed olfattiva buona. Sono stati effettuati campioni di alcuni esemplari e di acqua per gli approfondimenti diagnostici presso l’Istituto Zooprofilattico. Le prime risultanze delle analisi, tuttora in corso, parlano della presenza, in alcuni campioni, di patogeni comuni, estranei alla causa di morte. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNbt4lvYwiTti_tckTQ75Z7qtdcZvP8kwZqon96giXbMUfs7bZIL2_WyXNUDqgTkqwcJDwEG2YVrjJyKafunggQge6Thla1E2MwpthY66UhYxOGv4694pL6f77utoqy9HH5fw4upvI5eA/s1600/pesci-mori%CC%80a-volano-420x310.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="236" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNbt4lvYwiTti_tckTQ75Z7qtdcZvP8kwZqon96giXbMUfs7bZIL2_WyXNUDqgTkqwcJDwEG2YVrjJyKafunggQge6Thla1E2MwpthY66UhYxOGv4694pL6f77utoqy9HH5fw4upvI5eA/s320/pesci-mori%CC%80a-volano-420x310.jpg" width="320" /></a></div>
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QUALI LE CAUSE? - Le morie potrebbero essere attribuibili alla riduzione dell’ossigeno dell’acqua, dovuta all’aumento di materiale organico causato dal sommovimento del fondo (il materiale organico consuma ossigeno). La diminuzione di ossigeno può essere causata anche dall’abbassamento della pressione atmosferica, correlabile alle piogge che si sono riversate sull’Alto Ferrarese, piogge che, tra l’altro, dilavano i terreni agricoli, portando nei canali i fertilizzanti e le sostanze chimiche usate in agricoltura. Altri possono essere i fattori chiamati in causa, quali l’aumento della temperatura dell’acqua e la liberazione di gas tossici dal materiale sedimentato sul fondo dei canali, sempre dovuti al movimento tellurico di questi ultimi giorni. Nelle ultime ore le segnalazioni arrivano pure dal tratto più basso del Po di Volano (conca di Valpagliaro), ma si tratta verosimilmente dello stesso pesce morto gia nella giornata di lunedì e trasportato dalla corrente a valle, dove si ferma a causa della chiusa. Stesso fenomeno interessa la Darsena cittadina, dove la rientranza della sponda consente alle carcasse dei pesci di fermarsi. Sono stati attivati gli Enti competenti al recupero dei pesci morti, per prevenire problemi di igiene pubblica. Nel contempo, prosegue l’attività diagnostica, al fine di accertare le cause della morte.</div>
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IL SISMA COME CONCAUSA? - I numerosi episodi di stragi di pesci farebbero pensare ad una correlazione con il sisma: non è escluso possa esservi stato un getto di acqua geotermica bollente, fuoruscito dal sottosuolo per il terremoto. Dalle misurazioni effettuate a Massa Finalese è emerso che la temperatura dell'acqua era di 25 gradi: non abbastanza calda per uccidere i pesci, spiegano i tecnici, ma troppo rispetto alle condizioni atmosferiche. L'ipotesi, che dovrà essere confermata dall'analisi dei prelievi effettuati dall'Arpa, è quindi che il terremoto abbia smosso il fondale aprendo il passaggio a getti di acqua molto calda provenienti dal sottosuolo o a gas che hanno soffocato i pesci, che possono essere morti anche non immediatamente ma per le conseguenze dell'eccessivo calore o dell'anossia. </div>
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DIMINUZIONE D'OSSIGENO LEGATE ALLE PIOGGE? - Dalle misurazioni risulta che ora l'acqua sia sufficientemente ossigenata e che quindi si stiano ripristinando le condizioni di normalità. Non è solo il terremoto il maggiore indiziato di queste morie di pesci, in quanto vi sarebbe la possibilità che la diminuzione di ossigeno possa essere causata dall'abbassamento della pressione atmosferica generata dalle piogge degli ultimi giorni. A seguito di forti piogge, si crea un abbassamento della pressione all'interno dei canali con un relativo abbassamento delle quantità di ossigeno disciolto nell'acqua: da qui l'anossia dei pesci, che prima salgono a galla e poi muoiono. Periodicamente si verificano questi fenomeni, ma per capire le cause precise e scoprire se il terremoto c'entra qualcosa bisognerà attendere i risultati definitivi delle analisi.</div>
Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-76202710996223795342011-12-08T10:50:00.000+01:002012-09-29T13:14:07.004+02:00L'invasione aliena: un'emergenza Europea<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIeP9rESX6quUGDM217epi9krka3qWEhUr4XRmcU6LZn6Ywgz3sAfYheC9PZ8CIIENUNPVJiIvS_LsKyOfjIJaDu99FQvDDXQCI95t22jVu3BdxHFv3FygSYT3_QTSyUQu_RhcoOpdsTo/s1600/Procambarus-clarkii-Copia.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="133" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIeP9rESX6quUGDM217epi9krka3qWEhUr4XRmcU6LZn6Ywgz3sAfYheC9PZ8CIIENUNPVJiIvS_LsKyOfjIJaDu99FQvDDXQCI95t22jVu3BdxHFv3FygSYT3_QTSyUQu_RhcoOpdsTo/s200/Procambarus-clarkii-Copia.jpg" width="200" /></a></div>
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Nel Vecchio Continente i costi causati all'agricoltura, alla pesca, alle foreste, alle infrastrutture dalle specie animali alloctone ammontano a 12 miliardi di euro l'anno, senza tenere conto dei guasti creati alla biodiversità. Ora la Ue si sta sforzando di coordinare gli sforzi per contrastare l'invasione. E l'Italia, paese-ponte tra due continenti, è in prima linea.<br />
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<a name='more'></a>Hanno un fedina penale lunga come un elenco del telefono: strage, tentata strage, danneggiamenti, atti di vandalismo, estorsioni ai danni delle comunità locali. Hanno nomi che incutono terrore come "l'americano", "il killer", "il turco", "il destructor" e "l'azzannatrice". Sono attivamente ricercati in tutta Europa, mentre i posti di frontiera sono in allerta per bloccarli in caso cerchino di entrare clandestinamente. C'è persino un sito web con la lista dei "most wanted" e le foto segnaletiche. La lotta all'invasione delle specie aliene assomiglia in tutto e per tutto a quella contro la criminalità organizzata, anche se ai naturalisti usare metafore che richiamano l'antropomorfismo non piace. Gli animali del resto colpe non ne hanno. Se si spostano seminando guai il motivo è sempre legato alle attività umane: commercio, allevamento, ripopolamenti maldestri, turismo, rilasci in natura azzardati.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgryJNzUD3vsRd9fO20VYoMvSM7W-50IGshyVZryyP-_EmjWQfzYz6J_C9zPuA6Hcyjf_hwouy0nvDXbO8TeXwCKqhY3bETHNlmoDF49XIwUCyou2PIZTisEJADjYMg0hVSxYjqtnWKp2Y/s1600/112409124-2aed951e-aeca-4c48-b116-e3ff22a67d7d.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="202" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgryJNzUD3vsRd9fO20VYoMvSM7W-50IGshyVZryyP-_EmjWQfzYz6J_C9zPuA6Hcyjf_hwouy0nvDXbO8TeXwCKqhY3bETHNlmoDF49XIwUCyou2PIZTisEJADjYMg0hVSxYjqtnWKp2Y/s320/112409124-2aed951e-aeca-4c48-b116-e3ff22a67d7d.jpg" width="320" /></a></div>
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La differenza principale con la lotta al crimine sta nelle risorse messe in campo. Se le polizie di mezzo mondo possono contare su uomini e mezzi in abbondanza, a contrastare la diffusione degli animali alloctoni, ovvero delle specie che non sono tipiche di un luogo, sono solo un pugno di uomini: biologi, veterinari e agenti del corpo forestale. Eppure la posta in gioco è altissima. Secondo alcuni calcoli, il solo gambero della Louisiana tra ripercussioni sulla pesca e distruzione degli argini, può arrivare a provocare ogni anno nel Lazio danni fino 1,2 milioni di euro. In Europa i costi causati all'agricoltura, alla pesca, alle foreste e alle infrastrutture dalle oltre diecimila specie alloctone presenti nel Vecchio Continente ci costano qualcosa come 12 miliardi di euro l'anno. Un calcolo fatto ampiamente per difetto, visto che non tiene conto dei guasti inestimabili alla biodiversità. Lo stesso bilancio fatto negli Stati Uniti si aggira infatti sui 137 miliardi. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0_LhrTk-ml3UUZWqfArsv16FrJs5xcA6OqsY0RPtkvl8MCe0YUXwjq01OuyIeB_M_lZ1F5WGnVq3r-89mJSdpR0Xa7fGXdxBlPeA1kTkYvCcizNuVRvv_drUBUtAAfCXKdXJ3GjYiplM/s1600/scoiattolo-grigio.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="256" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0_LhrTk-ml3UUZWqfArsv16FrJs5xcA6OqsY0RPtkvl8MCe0YUXwjq01OuyIeB_M_lZ1F5WGnVq3r-89mJSdpR0Xa7fGXdxBlPeA1kTkYvCcizNuVRvv_drUBUtAAfCXKdXJ3GjYiplM/s320/scoiattolo-grigio.jpg" width="320" /></a></div>
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Da qualche anno l'Unione Europea ha deciso però di migliorare e coordinare gli sforzi per contrastare il fenomeno, dando vita a una sorta di Interpol anti-alieni raccolta attorno al progetto Dasie. Una delle novità dell'approccio usato dal Delivering Alien Invasive Species In Europe è proprio quella di schedare tutti i pericolosi intrusi, mettendo online sul sito www. europe-aliens. org un grande database con le informazioni utili per scovarli, identificarli e contrastarli. E in questa battaglia, nell'ennesimo parallelo con lotta alla criminalità organizzata, l'Italia è in prima linea. </div>
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"Siamo una regione ponte tra due continenti e abbiamo al nostro interno una grande quantità di microclimi. La nostra fauna acquatica è ormai in gran parte frutto di introduzioni, casuali o volontarie", spiega Piero Genovesi, ricercatore dell'Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del ministero dell'Ambiente e massimo esperto italiano del problema. "L'invasione di specie aliene è una tra le maggiori minacce alla biodiversità e di gran lunga la causa principale di estinzioni. E' una questione antica che negli ultimi vent'anni sta esplodendo sulla scia della globalizzazione dei viaggi, del commercio e dell'economia", avverte ancora Genovesi. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiythCwRrXp84IdSL1rICYo26P4G7gTxVpeG6pLpKGiC3f_dBWpZbSqHRxLhYUKQcIoCSHUJV9WqUJOaMIxFXrZF_UPcpgqv66NoI-wk2h4mnM0cxPAhnMQhvgSrOG1us3LA0gv-Qui23M/s1600/Tartaruga-ouvido-vermelho.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiythCwRrXp84IdSL1rICYo26P4G7gTxVpeG6pLpKGiC3f_dBWpZbSqHRxLhYUKQcIoCSHUJV9WqUJOaMIxFXrZF_UPcpgqv66NoI-wk2h4mnM0cxPAhnMQhvgSrOG1us3LA0gv-Qui23M/s320/Tartaruga-ouvido-vermelho.jpg" width="320" /></a></div>
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La lista degli animali alloctoni che minacciano il nostro ecosistema è lunghissima. Solo nelle acque interne sono 112 (64 invertebrati e 48 vertebrati, stando ad una ricerca pubblicata nel 2008 sulla rivista scientifica Biological Invasions). Tanto per rimanere a quelle più conosciute, si possono ricordare il pesce siluro, lo scoiattolo grigio americano, la tartaruga azzannatrice o quella dalle guance rosse, i gamberi killer della Louisiana o quelli turchi, i pappagalli, le cozze zebrate, i visoni, le nutrie e i procioni (che del criminale hanno anche il phisique du role). Un casistica che tiene conto di un po' tutte le strade percorse dall'invasione. "Lo scoiattolo fu portato in Italia da un diplomatico americano nel '48 per rallegrare un parco di Torino, la cozza zebrata è arrivata probabilmente attaccata alle chiglie delle imbarcazioni, visoni e nutrie sono scappati o sono stati liberati dagli allevamenti per pellicce, i pappagalli sono fuggiti da qualche gabbia, mentre le tartarughe si sono diffuse dopo che qualcuno si è stufato di tenerle nella vasca di casa", ricorda ancora Genovesi. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj71hQNRIBoX0oqgOc2aZOfmxAM8fGR9MKAlu4gvA9I07nkmawAdWiNYNywQCg1V1jQ4-YAOoFl-hkCl6NiKP2Rog2dQiHNA0MscVxRba0beeF9Xt0PTmN5gmLI8cP6q5mt01do1zhdimE/s1600/Siluro.jpg_2007116154927_Siluro.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj71hQNRIBoX0oqgOc2aZOfmxAM8fGR9MKAlu4gvA9I07nkmawAdWiNYNywQCg1V1jQ4-YAOoFl-hkCl6NiKP2Rog2dQiHNA0MscVxRba0beeF9Xt0PTmN5gmLI8cP6q5mt01do1zhdimE/s320/Siluro.jpg_2007116154927_Siluro.jpg" width="320" /></a></div>
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Per quanto possa sembrare marginale, uno dei problemi centrali è proprio questo. "Bisogna dare modo a chi ha comprato un animale esotico senza sapere a cosa andava incontro, o a chi si è semplicemente stufato, di riconsegnarlo in mani sicure senza creare danni", sottolinea Massimiliano Rocco del Wwf. "Al momento - precisa - strutture del genere non esistono, fatta eccezione per i bioparchi e il Centro di recupero per animali selvatici che il Wwf gestisce a Semproniano, in Toscana. Basta invece un attimo per gettare in un corso d'acqua un pesce che non vogliamo più nel nostro acquario o liberare un procione nel bosco". </div>
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"Controllare i rilasci è praticamente impossibile", conferma Marco Fiore, sovrintendente della Forestale in forza al Cites, la speciale struttura di polizia giudiziaria incaricata di reprimere i commerci illeciti di animali tutelati dalla Convenzione di Washington. Nel corso del 2010 il Cites ha accertato 202 reati penali, sequestrando 1.333 animali vivi. La lista delle specie che non possono essere importate è infatti lunga, ma andrebbe ulteriormente estesa ed aggiornata, come si accinge a fare l'Unione Europea. "Nell'elenco - spiega Rocco - si aggiungerà ad esempio molto probabilmente il divieto di importazione dello scoiattolo davidiano che rischia di ripetere i guasti provocati da quello grigio americano". La commercializzazione di specie aliene - lecite o vietate - che vengono poi rilasciate con leggerezza nel nostro habitat è però solo una parte del problema. Una fetta consistente di "intrusi" arriva infatti clandestinamente con la complicità involontaria dell'uomo e l'unica speranza di fermarle è vigilare sui luoghi di ingresso. </div>
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Un progetto pilota in questo senso è il Pasal, Progetto Atlante Specie Alloctone del Lazio, avviato dalla Regione nel 2008. Oltre a una puntuale verifica e catalogazione degli "intrusi", il progetto ha attivato un sistema di allerta in luoghi chiave come il porto di Civitavecchia e gli aeroporti di Ciampino e Fiumicino. Qui, ad esempio, grazie ai controlli avviati in ambito Pasal, è stato scoperto il primo tentativo di "infiltrazione" in Europa del temibile coleottero americano Ataenius picinus, mentre nel 2008 in pieno centro a Roma è stato trovato il micidiale tarlo asiatico. Probabilmente è arrivato nascosto all'interno dei bonsai provenienti dall'Oriente, spiega il naturalista Andrea Monaco. "E' un insetto pericolosissimo che fa strage di boschi e foreste, con danni e costi devastanti, ma i protocolli di sicurezza per tenerlo sotto controllo in questo caso non sono risultati efficaci". </div>
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Rafforzare la prevenzione, migliorando tra l'altro i protocolli di dogana sull'import-export, oltre che ridurre i costi economici e ambientali provocati dalle specie aliene, avrebbe anche un altro grande vantaggio. Se è vero infatti che nessuno verserà mai una lacrima nel caso si rendesse necessaria una difficile e costosa campagna di sterminio del tarlo asiatico, lo stesso non si può dire per il simpatico scoiattolo grigio. "Eradicare alcuni animali è ormai un'utopia, ma averlo fatto per tempo ci avrebbe risparmiato perdite pesantissime alla biodiversità", sospira Genovesi. "Oggi in Italia - conclude - abbiamo diverse bombe a orologeria che esploderanno fra 10-15 anni provocando ingenti danni economici".</div>
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(Fonte: <i>Le Inchieste di Repubblica</i>, di Valerio Gualerzi, 25 novembre 2011)</div>
Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-79884333019490016822011-10-04T16:43:00.000+02:002012-07-31T13:07:41.869+02:00Nuova Carta Ittica della Provincia di Ferrara e no-kil luccio/carpa<br />
<div style="background-image: url(http://www.spinningclubitalia.it/templates/jcommunication/images/trans.gif); padding: 0px; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; color: #565656; font-family: Tahoma, Geneva, sans-serif; font-size: 12px; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggnmgX0etikeNrpXwFMt4lxgV_sluWXchD-m5zfxOYnO-zJmrxYYlWUebE0THFnLtUMkth9qGYZBsviqA8_9CQdLF_OuV7Tuw7rhNBE5W0_Npt5J2k-o2q0oqNqxiiKhatS1FYgkpHXC8/s1600/Cartografia_Carta+Ittica.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="106" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggnmgX0etikeNrpXwFMt4lxgV_sluWXchD-m5zfxOYnO-zJmrxYYlWUebE0THFnLtUMkth9qGYZBsviqA8_9CQdLF_OuV7Tuw7rhNBE5W0_Npt5J2k-o2q0oqNqxiiKhatS1FYgkpHXC8/s200/Cartografia_Carta+Ittica.jpg" width="200" /></a></div>
<span style="font-family: inherit;">Come potete leggere nel testo allegato, i risultati ottenuti nella carta ittica della Provincia di Ferrara sono di particolare rilievo perchè rappresentano il presupposto necessario per poter cercare di cambiare davvero la realtà ittica locale. </span><span style="background-color: white; font-family: inherit;">I cambiamenti locali sono anche l'unica strada realistica per riformare la situazione nazionale, perchè ogni cambiamento nasce dal basso e non dall'alto, dove viene solo recepito e sancito.</span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="background-image: url(http://www.spinningclubitalia.it/templates/jcommunication/images/trans.gif); padding: 0px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La nascita della carta ittica di Ferrara (<a href="http://www.provincia.fe.it/download/Cartografia_Carta%20Ittica.pdf?server=sd2.provincia.fe.it&db=/intranet/internet.nsf&uid=97842EF963941050C12578D90032967F">link</a>) conferma come solo dall'unione dei pescatori attraverso un associazionismo intelligente e capace di grandi coalizioni si possa partecipare in maniera forte ed efficace al cambiamento di gestione auspicato. Segnaliamo in particolare </span><span style="background-color: #f7f8f9; line-height: 19px; text-align: left;"><span style="font-family: inherit;">la novità del no kill al luccio ampliato come da allegati e del no kill alla carpa nelle acque dedicate, approvati alle ultime consulte su richiesta di Esox Italia, Spinning Club Italia e Carpfishing Italia.</span></span></div>
<div style="background-image: url(http://www.spinningclubitalia.it/templates/jcommunication/images/trans.gif); padding: 0px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per questo pubblichiamo volentieri la notizia che rappresenta un esempio e una consolazione per quanti fra noi sono impegnati nella stessa direzione (tratto da <span style="background-color: #f7f8f9; line-height: 19px; text-align: left;">Spinning Mania n. 2)</span></span></div>
<div style="background-image: url(http://www.spinningclubitalia.it/templates/jcommunication/images/trans.gif); color: #565656; font-family: Tahoma, Geneva, sans-serif; font-size: 12px; padding: 0px; text-align: justify;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSidjnakbEzBwOBwRdLOdz3eRwNc6J1aUUoTEdWmXdG4KO00QEOCtJ9qj6vrdRL8JaYj1uk3tgg1aimANUZnRZoCjI7jP-9KSeDpLxTkDC348YOWbXqa7vPj4OMZRvqwUH_AeeCsvMkBc/s1600/articolo+carta+ittica+Ferrara.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="295" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSidjnakbEzBwOBwRdLOdz3eRwNc6J1aUUoTEdWmXdG4KO00QEOCtJ9qj6vrdRL8JaYj1uk3tgg1aimANUZnRZoCjI7jP-9KSeDpLxTkDC348YOWbXqa7vPj4OMZRvqwUH_AeeCsvMkBc/s400/articolo+carta+ittica+Ferrara.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="background-image: url(http://www.spinningclubitalia.it/templates/jcommunication/images/trans.gif); background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; padding: 0px;">
<br /></div>
</div>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-25709979054140982922011-05-20T13:04:00.000+02:002012-09-29T21:37:10.556+02:00Gestione, conservazione e contenimenti<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9A3udRk1HpNHheaGIB1OcNAExCzChWuvogK6pdPndLDKsW1aOGgo_Uofe9i2bGG4jXTqyPYP9dJSBbeNSJYchcBG5oaG7Kj0hnjsUZWPmwIcold0vp5uqKYnlJV-HIcY1jFUOgdDzviY/s1600/mar-siluro2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="128" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9A3udRk1HpNHheaGIB1OcNAExCzChWuvogK6pdPndLDKsW1aOGgo_Uofe9i2bGG4jXTqyPYP9dJSBbeNSJYchcBG5oaG7Kj0hnjsUZWPmwIcold0vp5uqKYnlJV-HIcY1jFUOgdDzviY/s200/mar-siluro2.jpg" width="200" /></a><br />
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Il problema dell'impatto delle specie esotiche (o alloctone) infestanti non solo nell'ambito della pesca sportiva è una delle grandi sfide di fronte alle quali si trova la comunità Europea per evitare il rischio di perdita della biodiversità ed estinzione di interi ecosistemi e specie autoctone. Il Delta del Po come abbiamo in diverse occasioni evidenziato è purtroppo un caso emblematico di devastante impatto di tale fenomeno che oggi vede quest'area di fronte ad un drammatico impoverimento di specie (si veda a tal riguardo il seguente <a href="http://www.esox2000.blogspot.it/2010/02/prima-carta-ittica-fiume-po.html">articolo</a>) e calo complessivo di tutte le attività collegate alla pesca, sia di mestiere che sportiva.</div>
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<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
Il risultato è una zona in larga parte preda del bracconaggio, sopratutto al pesce siluro, con aumento del degrado generale e perdita di interesse da parte delle amministrazioni e della stessa popolazione civile. Al fine di mantenere alto il livello di sensibilizzazione sull'argomento e fornire un informazione scientifica quanto più autorevole riportiamo le parole del Dott. Cesare Puzzi e del Dott. Gaetano Gentili, di GRAIA (Gestione e Ricerca Ambientale Ittica Acque) in merito ai rischi causati dalle specie esotiche infestanti e alla necessità di operare attività di conservazione/contenimento/monitoraggio. </div>
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<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
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<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<i><b>Gestione e conservazione delle specie ittiche autoctone </b></i></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<i>Degrado ambientale -inquinamento dell’acqua, prelievo idrico, interruzione della connettività longitudinale e trasversale dei corsi d’acqua, rettificazione, cementificazione, regimazione- e poi anche introduzione di specie esotiche, overfishing, bracconaggio, sono i principali responsabili dell’attuale stato di squilibrio e di declino di numerose comunità e popolazioni native, non solo di pesci ma anche di altri animali acquatici, come il gambero d’acqua dolce (Austropotamobius pallipes italicus). Pianificare e realizzare un programma di recupero -reintroduzione o ripopolamento che esso sia- di una specie autoctona non è mai semplice, in quanto sono numerosi i fattori che devono esse considerati. Da un lato la complessità dei rapporti che legano la specie al resto della comunità e dell’intero ecosistema, non sempre chiari ed evidenti, e dall’altro le difficoltà di monitoraggio e di verifica dei risultati –difficilmente quantificabili- delle azioni intraprese, rendono particolarmente impegnativo il raggiungimento dell’obiettivo di recupero della specie. A queste si aggiungono anche le disponibilità limitate di mezzi (non solo finanziari) e di tempo. Per questo motivo, in primo luogo la pianificazione di un qualsivoglia progetto di recupero riveste un ruolo centrale nell’assicurarne il successo, anche parziale. Un progetto di recupero di una specie autoctona comprende attività diverse, di studio, di ricerca applicata, di monitoraggio ambientale e faunistico, di confronto, dialogo e coinvolgimento di tutti gli stakeholders locali, di sperimentazione e verifica, che non può che essere affrontato per fasi successive, ciascuna delle quali, essendo propedeutica alla seguente, è ugualmente importante e indispensabile. </i></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<i>Tali fasi sono riassumibili in: </i></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<br /></div>
<ul>
<li><i>Ricostruzione del contesto ambientale storico e attuale di pertinenza del progetto; </i></li>
<li><i>Approfondimento delle conoscenze sull’autoecologia e sulle caratteristiche biogeografiche della specie e della popolazione di interesse; </i></li>
<li><i>Analisi delle minacce che hanno causato il declino della popolazione e verifica della presenza attuale di minacce che ne possano impedire il recupero; </i></li>
<li><i>Studio di fattibilità del progetto di recupero che comprenda la rimozione delle eventuali minacce ambientali tuttora presenti. </i><i>Valutazione delle possibili alternative e scelta dell’alternativa migliore; </i></li>
<li><i>Pianificazione dell’intervento di recupero; </i></li>
<li><i>Realizzazione e monitoraggio dell’intervento, eventualmente dopo una sperimentazione in aree-campione; </i></li>
<li><i>Eventuale ricalibrazione delle azioni e misure intraprese; </i></li>
<li><i>Monitoraggio. </i></li>
</ul>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<i><br /></i></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<i><b>Gestione e contenimento delle specie ittiche esotiche </b></i></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<i>L’introduzione di specie alloctone nel nostro Paese non riguarda soltanto il comparto ittico: questo fenomeno raggiunge livelli elevatissimi soprattutto in campo vegetale: sono infatti numerosi gli esempi di piante alloctone importate per scopi economici, come il mais o l’albicocco, non solo in Italia, ma in tutti i paesi europei. In Europa Centrale si stima siano state introdotte ben 12.000 specie vegetali esotiche, di cui ben 220 stabilmente affermate; su 100 specie introdotte 10 risultano acclimatate ed una comporta seri problemi. Introduzioni di specie ittiche esotiche nelle nostre acque sono avvenute per motivi diversi, accidentalmente o volontariamente, e in tempi anche molto lontani: la carpa comune (Cyprinus carpio), di origine asiatica, ad esempio, è stata importata dai Romani ben 2000 anni fa come specie di interesse alimentare, tanto che oggi, da molti autori, è ritenuta una specie autoctona. Molte delle immissioni sono state compiute volontariamente per acclimatare specie di un certo interesse commerciale: per pesca professionale e allevamento, ma sono frequenti anche i casi in cui specie esotiche sono state introdotte accidentalmente. Un caso eclatante fu quello dell’introduzione di Lates niloticus, il “Nile perch”, nel Lago Vittoria (1954) immesso al fine di compensare il calo demografico delle specie ittiche locali: acclimatatosi in breve tempo, esso causò, infatti, con la sua attività predatoria, la scomparsa di circa 300 delle 500 specie ittiche endemiche del lago. Un esempio felice di introduzione volontaria è, invece, la semina di coregoni nelle acque delle Province di Como e Sondrio: dal 1942 ad oggi il coregone si è perfettamente acclimatato, senza aver intaccato la fauna ittica indigena, e costituendo anzi, una risorsa economica locale molto importante. Esistono anche esempi di introduzioni fallite, come il Salmone argentato nel Lago di Garda e nel Fiume Ticino nel 1975 e ‘78. L’immissione volontaria di specie alloctone può avvenire per motivi diversi: </i></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<br /></div>
<ul>
<li><i>a scopo alieutico, per rispondere alle esigenze e richieste dei pescatori sportivi; </i></li>
<li><i>a scopo alimentare per i pescatori di professione; </i></li>
<li><i>per l’allevamento; </i></li>
<li><i>come specie d’interesse per l’acquariologia; </i></li>
<li><i>per interventi di biomanipolazione o controllo biologico. </i></li>
</ul>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<i>L’introduzione di una specie esotica comporta uno squilibrio all’interno dell’ecosistema di neoimmissione, ma non tutte le introduzioni hanno le stesse conseguenze. Ovviamente ciò dipende dalle caratteristiche autoecologiche della specie introdotta e dalle interazioni che essa instaura con le specie ittiche native e, più in generale, con gli altri organismi dell’ecosistema esistente; frequenti sono i casi in cui l’equilibrio esistente viene totalmente stravolto. Può anche accadere che la specie immessa non riesca ad acclimatarsi stabilmente e in un periodo più o meno lungo e in modo più o meno indolore scompaia dall’ambiente in cui si voleva introdurla. Un esempio è quello riguardante l’introduzione del salmone argenteo (Oncorhynchus kisutch) nel Lago di Garda, dove gli individui immessi non hanno trovato le condizioni ambientali adatte per portare a termine il proprio ciclo vitale, scomparendo così dopo qualche anno dall’introduzione. Analizzando i possibili tipi di rapporti interspecifici che si possono stabilire tra specie introdotta e specie autoctone, si possono verificare i seguenti casi di interazione: </i></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<br /></div>
<ul>
<li><i>Predazione Competizione </i></li>
<li><i>Ibridazione </i></li>
<li><i>Modificazioni ambientali Patologie e parassiti </i></li>
</ul>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<i>Nonostante l’irreversibilità del fenomeno dell’introduzione di specie esotiche, per cui solo in rarissimi casi (di insuccesso completo dell’introduzione) le specie esotiche scompaiono del tutto dall’ambiente di neoimmissione, in numerosi casi si rende comunque opportuno quantomeno il ricorso a misure di mitigazione della minaccia derivante dalla diffusione di specie ittiche esotiche particolarmente invasive, per offrire opportunità di ripresa alle popolazioni native e favorire il riequilibrio delle comunità ittiche.</i></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
<br /></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<div style="margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; margin-right: 0px; margin-top: 0px;">
Tratto da <a href="http://www.graia.eu/">http://www.graia.eu</a></div>
</div>
Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-68122857141287790302011-01-19T10:17:00.000+01:002012-09-27T10:18:24.588+02:00Le specie alloctone in Italia: censimenti, invasività e piani di azione<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ0QFuQKdhSaDHpGV8FiUWuhGlT_iP9aG-eU_1GeRw9tr042V0OhSv5bEFnDKwUcZ5vIxu-K-k99_NxVDi4v0jyWTMjelb0SzPOb1WsezRXuqj1qETdT334vyz54DbmlW7nfwT2-QciQ0/s1600/nutrie23mar08+(14)1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ0QFuQKdhSaDHpGV8FiUWuhGlT_iP9aG-eU_1GeRw9tr042V0OhSv5bEFnDKwUcZ5vIxu-K-k99_NxVDi4v0jyWTMjelb0SzPOb1WsezRXuqj1qETdT334vyz54DbmlW7nfwT2-QciQ0/s200/nutrie23mar08+(14)1.jpg" width="200" /></a>Le invasioni di specie alloctone costituiscono attualmente una delle principali emergenze ambientali e sono la seconda causa di perdita della biodiversità a scala globale. Oltre alle conseguenze di tipo ecologico, la diffusione incontrollata
di specie introdotte dall’uomo al di fuori del loro areale di distribuzione originario ha serie ripercussioni di carattere socio-economico e sanitario. Per questi
motivi in Italia, come in altri paesi europei, le ricerche sui fattori che favoriscono le specie animali e vegetali nel processo di invasione stanno ricevendo sempre maggiori
attenzioni da parte del mondo scientifico.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<a name='more'></a><div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
La Lombardia con la sua notevole estensione, cui
corrisponde una grande variabilità di ambienti naturali
ed antropici, costituisce una regione chiave per lo studio
delle invasioni in Italia. La capillare presenza dell’uomo,
il grande numero di centri urbani di grandi e medie
dimensioni, il notevole sviluppo della rete stradale e
dell’agricoltura corrispondono ad un’elevata potenzialità
per l’espansione sul territorio delle specie invasive. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimT9hgMbpb23o7s_Ek3nbFFBJrpQLd0XQb_66wt-17MNn_7K3AV55QtrkdSWVlAy63Etzg2WXRqwtYrDi42PYs4VzRky3hss8gub-eq-5zzIYBohYsASU2_MT-nW5IzQzb5lbymKDuoFg/s1600/temolo-russo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimT9hgMbpb23o7s_Ek3nbFFBJrpQLd0XQb_66wt-17MNn_7K3AV55QtrkdSWVlAy63Etzg2WXRqwtYrDi42PYs4VzRky3hss8gub-eq-5zzIYBohYsASU2_MT-nW5IzQzb5lbymKDuoFg/s320/temolo-russo.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<i>Esemplare di temolo russo</i></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Allo
stesso tempo, l’esistenza di studi da tempi storici e di osservazioni
costanti a livello di specie offrono la base di
informazioni necessaria per la creazione di attività fi nalizzate
al controllo del fenomeno nei suoi molteplici aspetti
e ad una scala più generale (nazionale e sopranazionale)
delle specie più invadenti.
La redazione di piani d’azione e la defi nizione di effi
caci strategie di monitoraggio e gestione si confi gurano
come passi fondamentali per affrontare un argomento che
non dovrebbe essere limitato alla dimensione accademica.
In quest’ottica, l’organizzazione di incontri e seminari sulla
situazione in ambito nazionale e sulle misure di contenimento
fi nora attuate è di primaria importanza e ha l’obiettivo
di facilitare la discussione tra ricerca scientifi ca, amministrazioni
locali ed enti che si occupano di conservazione
della natura, su una tematica della quale in Italia solo recentemente
si sta acquisendo piena consapevolezza.</div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A questo link riportiamo il volume con gli atti completi del convegno in oggetto</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://www.comune.milano.it/dseserver/webcity/documenti.nsf/d38e0f65f96d36fc0125690e00465e37/8f1eb21bc60a142dc125750b002711d5/$FILE/MEMORIE_36-1_SpecieAlloctoneItalia.pdf" target="_blank">Le specie alloctone in Italia. censimenti, invasività e piani di azione</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Galasso G., Chiozzi G., Azuma M., Banfi E</b>., 2008 (eds.) -</div>
<i>Memorie Soc. it. Sci. nat. Museo civ. Stor. nat. Milano</i>, Milano, 36 (1): 1-96.Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-27914764923728748572011-01-10T23:46:00.000+01:002012-07-30T23:56:34.141+02:00L'anguilla una specie da salvare<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNZGuC3VWVo1PLXclbGdciJfrBUa5JZ_N_H3uTnqlAIHCwLKIX6VzW0D2gVG2VL5EgDtYsQk59dAG6P9UmdoA0NV3dWtrXfnG5Yz9EpUn1bMbR33F0LC7jTL9RH4EPP57dcM1itczsFxs/s1600/anguilla3.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="161" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNZGuC3VWVo1PLXclbGdciJfrBUa5JZ_N_H3uTnqlAIHCwLKIX6VzW0D2gVG2VL5EgDtYsQk59dAG6P9UmdoA0NV3dWtrXfnG5Yz9EpUn1bMbR33F0LC7jTL9RH4EPP57dcM1itczsFxs/s200/anguilla3.jpg" width="200" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Pubblichiamo un interessantissimo intervento del Dott. Giuseppe Castaldelli del Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell'Università di Ferrara in merito all'importanza dell'anguilla ed al suo ruolo di specie indicatore dello stato di salute delle acque del Delta del Po. (Dal convegno “L’anguilla, una specie da conservare” – Comacchio, 2009) </div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b><br />
<b><br /></b><br />
<b>L’anguilla, una specie da salvare </b></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>di Giuseppe Castaldelli</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Nel mio rispondere alle domande principali che ci si pone parlando della situazione attuale dell'anguilla, ovvero quale sia l’ambiente tipico
dell’anguilla e quali siano stati gli impatti che l’hanno portata alla quasi scomparsa, faccio un salto nel
passato, ricollegandomi a due specie di storione recentemente scomparse e la cui storia è
intimamente legata all’evoluzione recente degli ambienti acquatici e della pesca. L’augurio è che
l’anguilla non rappresenti l’ultimo atto di questa epopea romantica. </div>
<div style="text-align: justify;">
Lo storione comune Acipenser sturio e lo storione ladano Huso huso sono specie considerabili estinte in
Italia, mentre per la terza specie, lo storione cobice Acipenser naccarii, nonostante gli sforzi fatti per il
ripopolamento, varie ragioni non ne hanno permesso la ripresa di una popolazione in grado di
autosostenersi.
Negli anni ’80, sulla base di dati scientifici (Rossi et al, 1989), di fronte alla rapidissima decrescita delle
popolazioni di tutte le citate specie di storioni, venne emanato un Decreto del Ministero della Marina
Mercantile, che ne vietò la pesca e introdusse taglie minime per la cattura. Era già troppo tardi e da li a
pochissimi anni, due delle tre specie scomparvero. L’anguilla è entrata quest’anno nella Appendice II
della Convenzione di Washington, C.I.T.E.S. (Convention on International Trade of Endangered
Species), che riguarda le specie “soggette a controllo” in relazione al rischio di scomparsa. Non si tratta
quindi di un fenomeno locale, ma dichiarato a livello europeo. </div>
<div style="text-align: justify;">
Come prima esaurientemente espresso dagli altri relatori, il ciclo dell’anguilla è molto complesso. È un
caso unico che interessa tutte le tipologie di ambiente acquatico: dal torrente,
dove arrivavano i ragani (nome con cui si indicano le anguille nello stadio subadulto, successivo a quello
di ceca, di lunghezza superiore a 8 cm) per completare l’accrescimento, all’oceano, attraverso cui prima
i riproduttori e poi i leptocefali (larve quasi trasparenti a forma di foglia di salice che poi metamorfosano a
ceca) si spostano secondo modalità tuttora poco conosciute. Il mondo dell’anguilla, a fasi alterne, è
quindi rappresentato da tutti gli ambienti acquatici. </div>
<div style="text-align: justify;">
E per rispondere alla seconda domanda, l’anguilla è una specie robustissima, però questa sua
robustezza, questa sua capacità di resistere per decenni a numerose pressioni antropiche che, dal dopo
guerra in poi, a vario livello abbiamo messo in campo, purtroppo non è bastata. Infatti, un’altra
caratteristica tipica dell’anguilla e di avere un ciclo biologico molto lungo e complicato che tra nascita,
maturazione e migrazione riproduttiva, necessita di un periodo compreso tra dieci e quindici anni. Ciò la
espone ad una lunga lista di pericoli che cumulativamente costituiscono un rischio molto alto. In ciò, la
storia di questo magnifico e misterioso animale è intrinsecamente simile a quella degli storioni, che
hanno un ciclo biologico altrettanto lungo, con il raggiungimento della maturità sessuale non prima dei
dieci anni di età. Ed è proprio la lunghezza del ciclo biologico a rendere difficile l’interpretazione
dell’andamento delle popolazioni: passano molti anni prima che tra l’insorgere di uno o più fattori di
disturbo se ne manifestino gli effetti di decremento della consistenza delle popolazioni. Questo è un
intrinseco elemento di rischio di superamento di un punto di non ritorno, oltre il quale le popolazioni non
riescono più a recuperare.
La salvaguardia dell’anguilla è quindi un tema di grande importanza, da affrontare con estrema serietà e
programmazione. </div>
<div style="text-align: justify;">
Tra le specie autoctone che ancora si trovano nelle nostre acque, l’anguilla è a pieno
titolo quella esposta al rischio maggiore e per questo la sua difesa può divenire un messaggio forte per
la difesa della fauna ittica.
Per difenderla servono dati oggettivi. Negli anni ’70-’80 c’è stato un grande sforzo scientifico
sull’anguilla, condotto soprattutto a Comacchio, principalmente da Rossi e collaboratori, e questi dati
rappresentano ancora oggi la più solida base conoscitiva, su cui è stato anche basato il Piano di tutela
della Regione Emilia-Romagna. Ma da allora, da quando si è persa l’attenzione produttivistica per
l’anguilla, le ricerche si sono esaurite in numero e continuità ed hanno inevitabilmente perso di incisività.
Tra i pochi dati consultabili, inerenti le serie storiche del pescato, ricorrono inevitabilmente (rif. diapo) i
dati dell’Azienda Valli di Comacchio. Ritengo che si debba iniziare proprio da questa evidenza,
fondamentale per una riflessione sul primo dei temi nodali nella analisi della diminuzione della specie: la
scomparsa degli ambienti idonei. Osservando il grafico si vede che il tracollo delle rese (kg/ha) è stato
più o meno negli anni ’70, al completamento dell’ultima bonifica nella provincia di Ferrara, quella delle
valli del Mezzano, 26.000 ettari. Scompaiono 26.000 ettari di ambiente idoneo alla crescita e
maturazione delle anguille e ne rimangono 11.000; poi segue l’eutrofizzazione delle valli che porta
ulteriori cali di produzione. Ma a guardarci, la storia delle bonifiche ferraresi inizia molto prima, alla fine
dell’ottocento, con scomparsa di enormi valli, prosciugate decenni prima di quella del Mezzano. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ma
allora, perché il tracollo avviene proprio negli anni ’70? È doveroso chiedersi se abbiano contribuito altri
fattori, che appunto possono aver influito a vario livello su un ciclo enormemente complesso. Prima
ancora di chiedersi cosa sia successo nel mare, vale la pena chiedersi che cosa sia successo nei bacini
imbriferi. A mio parere è questo un termine spesso dimenticato ma di importanza sostanziale.
Prima, il Dott. Richieri ha citato il problema del calo della rimonta naturale di novellame che porto alla
vostra attenzione come dato raccolto localmente, nell’ambito della collaborazione con il Servizio di
Protezione della Flora e della Fauna della Provincia di Ferrara. Non sono dati che riguardano
Comacchio, ma le acque interne della provincia e possono essere estesi a buona parte della rete idrica
della bassa padana. Per quanto riguarda la montata di ragani, i dati raccolti nel biennio 2006-2007, nei
canali più importanti della provincia, il Po di Volano fino allo sbarramento di Tieni, ed il Navigabile fino
alla conca di navigazione di Valle lepri, con il metodo delle fascine, non sono molto tranquillizzanti,
perché si esauriscono con qualche decina di ragani catturati. Tornando alla domanda iniziale, quali sono
stati i mutamenti che proprio intorno agli anni ’60 hanno interessato questi corsi d’acqua andando ad
influenzare negativamente le specie migratrici ed in particolare l’anguilla? La frammentazione del reticolo
idrografico per realizzazione di briglie, chiuse, sbarramenti, conche di navigazione, dighe e centrali
idroelettriche non è solo un fenomeno ferrarese. Si tratta di una tendenza che ha interessato tutta
l’Europa e che, in Italia, per l’elevata densità delle attività che insistono sul territorio, ha avuto
un’intensità molto alta. Non c’è un bacino idrografico, fatta eccezione del Tagliamento, e di pochissimi
altri in Friuli, che non sia sbarrato e quindi impraticabile all’anguilla. E quando parliamo di sbarramenti,
questa è una foto di Isola Serafini (rif. diapo) che peraltro ha un’importanza relativa, possiamo
considerare come insormontabili tutti gli affluenti del Po. Basti citare come esempio il Mincio che
dall’immissione in Po al lago di Garda, presenta vari sbarramenti, tutti insormontabili.
Con l’interruzione della risalita la quasi totalità dei bacini idrici ha cessato di essere una zona utile per la
crescita e la maturazione di anguilla. Questa considerazione ridimensiona di molto l’effetto dato dalla
perdita di habitat vallivi, bonificati.
A ciò si aggiunge un altro termine, poco nominato, rappresentato dalla perdita degli habitat ripariali.
Fiumi, canali e torrenti, dagli anni ’60, sono stati progressivamente e sempre più severamente rettificati,
cementificati, regimati con velocità di scorrimento sempre più alte, e perdita di tutto ciò che era habitat
marginale. Golene, lanche, fasce riparie sono state sistematicamente eliminate portando, in sostanza,
alla perdita di quasi tutte le zone di acque calme, inerbite, ricche di rifugi e di nutrimento, da sempre
l’ambiente elettivo di rifugio e crescita degli avannotti ed dei giovanili di anguilla. </div>
<div style="text-align: justify;">
Altro fattore: l’alloctonia. Perché trattare questo termine insieme alla perdita di connettività longitudinale
e trasversale dei corsi d’acqua? Perché inizia poco dopo, alla fine degli anni ’70. C’è coincidenza
temporale e probabile sinergia tra questi termini nell’aver determinato effetti gravi sulla consistenza delle
popolazioni di anguilla. Ad ogni nuovo sbarramento che, negli ultimi cinquanta anni è stato aggiunto sulle
vie d’acqua, i ragani in risalita non hanno solamente incontrato un ostacolo insuperabile ma un aumento
incalcolabile del rischio di essere predati; predazione da parte di specie autoctone e, in aggiunta, da
parte di nuovi predatori alloctoni, efficientissimi in condizioni di torbidità, quali siluro d’Europa e
lucioperca. In base ai dati della carta ittica della Regione Emilia-Romagna, nel medio e basso corso del
Po circa il 25 % della biomassa è costituita da siluro. Inoltre, i dati raccolti annualmente, dal 2004 al
2008, a Berra (Ferrara), punto di monitoraggio indicativo del Delta, evidenziano una crescita della
densità numerica e di biomassa sia del siluro sia dell’aspio, un altro predatore alloctono. Il Po è la
maggior via d’acqua per l’anguilla nel nord Italia. Per i fattori riportati, nelle condizioni morfologiche,
idrologiche e trofiche attuali, sia del Po sia della maggior parte dei corsi d’acqua del distretto Padano-
Veneto, è tecnicamente molto difficile immaginare un piano di tutela dell’anguilla a prescindere dal
contenimento dei predatori alloctoni invasivi.
Ci sono poi altri elementi che possono essere tenuti in conto, ai fini di un’implementazione e crescita del
Piano di tutela dell’anguilla dell’Emilia-Romagna, premettendo che per la tutela dell’anguilla è
fondamentale la condivisione di una politica interregionale comune, da parte di Friuli-Venezia-Giulia,
Veneto ed Emilia-Romagna. Questi elementi sono lo studio dello sforzo di pesca, di cui si continua a
parlare. Di fatto, se guardiamo all’evoluzione recente del comparto, è immediato rendersi conto che dagli
anni ’80 ad oggi, in soli 30 anni, la pesca dell’anguilla è quasi cessata. Ciò non è dipeso solamente dal
decremento delle rese ma da altri fattori tra cui lo sviluppo della molluschicoltura nelle lagune di tutto
l’Adriatico nord-occidentale. La concessione di ampie superfici lagunari per l’allevamento della vongola
verace filippina ha, inoltre, impedito la messa in opera di cogolli, bertovelli e palamiti, portanti migliaia di
ami per la pesca dell’anguilla. Allo stesso modo, una dopo l’altra, hanno smesso di essere impiegate le
reti sommerse di sbarramento alle bocche dei canali. Questo è uno sforzo di pesca che rimane nella
memoria ma non esiste più nella pratica degli anni recenti, per la cui caratterizzazione i dati da
raccogliere riguardano pochissimi ambienti e poche unità professionali.<br />
Per finire, voglio portare un elemento a nostro parere interessante che è emerso dallo studio della pesca
in Po. Negli anni ’90 la pesca all’anguilla era stata del tutto abbandonata. Successivamente, a partire dal
2001, sono ricominciate le catture, cresciute, sia in taglia che in numero fino al 2006, per poi calare
nuovamente, come confermato da pescatori professionisti e dilettanti. Quale può essere stata la causa
di questo fenomeno? Un reclutamento particolarmente favorevole? Non disponiamo di una risposta ma
quanto osservato è comunque interessante in relazione ad un altro fattore che indirettamente riporta
l’attenzione a Comacchio.
In questo ultimo decennio di pesca in Po la maggior parte delle anguille sono state catturate in
primavera. Ciò contrasta con quanto si verificava prima degli anni ’60, quando la pesca era abbondante
sia in primavera sia in autunno, momento in cui le anguille femmine, mature sessualmente, cambiano
livrea, che da gialla diventa argentea (sono infatti chiamate argentine) e iniziano la migrazione
riproduttiva verso il mare. Invece, in questi ultimi anni, la pesca autunnale in Po ha prodotto circa il 2 %
di argentine rispetto al 98% del totale, pescato in primavera e costituito di anguille gialle. Quindi, da
questi dati preliminari, sembrerebbe che solamente poche delle anguille accresciutesi in Po siano in
grado di maturare sessualmente. Nasce spontaneo chiedersi il perché di questa evidenza.<br />
Inquinamento? Di fatto il Po è un ambiente potenzialmente esposto ad inquinamento di varia natura che
può interferire con la maturazione sessuale.
Per contro, le Valli di Comacchio, sebbene sottoposte, da più di due decenni, ai pesanti effetti di un
processo di eutrofizzazione, sono quasi indenni da inquinamento di tipo chimico, in quanto ambiente
chiuso per buona parte dell’anno, riguardo il quale sono considerabili un “controllo negativo” o “bianco”.
Infatti, negli ultimi anni le anguille pescate in autunno nelle Valli di Comacchio presentavano un ottimo
stadio di argentinizzazione, ovvero di completa maturazione sessuale (Gelli, comunicazione personale).
Inoltre, come recentemente evidenziato (Sayaff Dezfuli et al.) le anguille di Comacchio presentano un
bassissimo tasso di parassitosi.
Si tratta quindi di uno stock sano e in grado di completare la maturazione sessuale. Dal punto di vista
protezionistico sono caratteristiche di eccellenza che richiamano immediatamente l’attenzione sulle valli,
scrigno di uno stock di riproduttori di una specie a rischio. Queste considerazioni richiamano anche
l’attenzione sulla necessità di ridurre lo stato trofico di questo prezioso ambiente ed allo stesso tempo di
controllare la predazione degli uccelli ittiofagi. Interessanti spunti in tal senso sono stati forniti da Rossi e
Cataudella (1998) in occasione del Convegno dal titolo “Risanamento e tutela delle Valli di Comacchio”.
Un ulteriore studio, il piano di gestione delle acque della salina di Comacchio, elaborato nell’ambito di un
progetto LIFE per conto del Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna, sostiene le ipotesi di Rossi e
Cataudella ed ha evidenziato che la riduzione dello stato trofico delle Valli di Comacchio può iniziare
applicando un protocollo innovativo ed opportunamente studiato, delle derivazioni idriche. Per quanto
riguarda gli uccelli ittiofagi, Rossi e Cataudella (1998) suggerivano la realizzazione, in adiacenza dei
sifoni dal Reno, di una valle di acqua dolce, non solo con valenza di bacino di fitodepurazione ma anche
di area tampone della predazione degli uccelli ittiofagi, che orientandosi su ciprinidi di acqua dolce
alleggerirebbero quella sull’anguilla.
Questi e altri interventi possono costituire un percorso concreto di ripristino delle valli di Comacchio,
l’ambiente che per vocazione naturale, storica e culturale rimane, senza dubbio, il più importante in Italia
per la salvaguardia dell’anguilla.</div>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-81435749018143314652010-12-13T19:10:00.021+01:002012-09-29T21:37:33.390+02:00L'amur nella provincia di Ferrara: alcune considerazioni a vent’anni dall’introduzione<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhd5fUlUGaW5whYSau2BKCOKpCfBwqOZHqkEJtSt9ikdOEctnXRnpoXx5bsFNlaxyGBIqgiYIQ1zEZxu5QXyauEdqp9eOwBIPT0NTykIsixqh20DS6-N1rC-EaFGXJq0EDPpRV1WmUh-LU/s1600/GRASKARPFEN.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5550240429657385298" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhd5fUlUGaW5whYSau2BKCOKpCfBwqOZHqkEJtSt9ikdOEctnXRnpoXx5bsFNlaxyGBIqgiYIQ1zEZxu5QXyauEdqp9eOwBIPT0NTykIsixqh20DS6-N1rC-EaFGXJq0EDPpRV1WmUh-LU/s200/GRASKARPFEN.jpg" style="cursor: pointer; float: left; height: 112px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 200px;" /></a><br />
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In questo interessante articolo a cura del Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell'Università di Ferrara si analizza la storia dell'introduzione carpa erbivora, o amur al fine di limitare la crescita delle piante acquatiche nei canali di bonifica della Provincia di Ferrara, e il fortissimo impatto che questa specie ha avuto su molti ecosistemi già provati dall'azione antropica.</div>
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<span class="fullpost">L'articolo in oggetto "<span style="font-style: italic;">La carpa erbivora nella provincia di Ferrara: alcune considerazioni a vent’anni dall’introduzione</span>", di Castaldelli, Lanzoni, Mantovani e Rossi (Dipartimento di Biologia ed Evoluzione, Università degli Studi di Ferrara e Servizio Protezione Flora e Fauna, Provincia di Ferrara), <span style="font-style: italic;">Pescasport, Ed. Greentime, Bologna 2009, n.6 Dicembre 2009/Gennaio 2010</span>, rappresenta una lettura a dir poco istruttiva sugli errori commessi in passato nella gestione delle acque e sulle drammatiche conseguenze a cui questi possono portare. Per questa ragione, con il permesso degli autori, lo riportiamo nel seguito nella sua interezza.</span></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO3ysHRvbu5KAGJweVtIHAuqLWhFj1AptzlmBLJznQNskSKIf6QyKmbbVN-zuDrtAHDiVYdajPNdSfK7lIcSiCwAIXHIeaho52M-ZrWxwGoIrA4IcMPNl00nbDlomHOAX_CETMrESmhIQ/s1600/figura+1.JPG" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5550241130382196274" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO3ysHRvbu5KAGJweVtIHAuqLWhFj1AptzlmBLJznQNskSKIf6QyKmbbVN-zuDrtAHDiVYdajPNdSfK7lIcSiCwAIXHIeaho52M-ZrWxwGoIrA4IcMPNl00nbDlomHOAX_CETMrESmhIQ/s320/figura+1.JPG" style="cursor: pointer; display: block; height: 167px; margin-bottom: 10px; margin-left: auto; margin-right: auto; margin-top: 0px; text-align: justify; width: 443px;" /></a></span><br />
<div style="text-align: center;">
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<span class="fullpost"><span style="font-size: 85%;">Figura 1. Esemplare di carpa erbivora catturato nella provincia di Ferrara</span></span></div>
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<span class="fullpost">"Alla fine degli anni sessanta l’eutrofizzazione iniziò a diventare un problema diffuso nelle acque italiane. In particolare, nei canali di bonifica della bassa padana era ancora presente una diversificata comunità di piante acquatiche la cui crescita, a seguito dell’aumento della disponibilità di azoto e fosforo, divenne invasiva causando problemi di gestione. Per gli appassionati di pesca furono anni memorabili perche l’aumento della produttività di questi ecosistemi determinò un relativo aumento di produzione ittica. Tutte le specie il cui ciclo vitale è legato alla presenza di vegetazione crebbero e furono anni da tinche e lucci, triotti, scardole ed alborelle; il persico trota ed il pesce gatto divennero infestanti in alcuni canali. Tornando alla gestione, per limitare la crescita delle piante acquatiche, nel 1975 la Regione Emilia Romagna istituì un Comitato Tecnico per sperimentare il diserbo biologico tramite la carpa erbivora. Le prime immissioni sperimentali furono effettuate tra il 1975 e 1985, in canali della provincia di Ferrara, sotto controllo e monitoraggio delle Università di Bologna e di Ferrara del Consorzio di Bonifica del II Circondario del Polesine S. Giorgio. Successivamente, negli anni 1987 e 1988 le Amministrazioni Provinciali di Ferrara, Bologna, Modena e Ravenna seminarono nei canali di bonifica 203 quintali di carpa erbivora, di lunghezza compresa tra i 20-30 cm. La Legge Regionale sulla pesca del 6 agosto 1979 n. 25 fu integrata con una parte in cui veniva promosso il ripopolamento ittico, ai fini di operare un diserbo biologico nelle acque interne regionali, mediante immissioni di idonee specie di fauna acquatica. Tramite una Delibera della Giunta Regionale del 1987, fu imposto un divieto di cattura e detenzione di esemplari di carpa erbivora inferiori alla lunghezza di 50 cm, limite successivamente portato ad 80 cm l’anno successivo. Attualmente nelle acque interne dell’Emilia-Romagna non è presente nessun limite di cattura per la specie carpa erbivora (Norme Inerenti L’Esercizio della Pesca Nelle Acque Interne, Regione Emilia-Romagna, anno 2005).</span></div>
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<div style="text-align: justify;">
Nella provincia di Ferrara la sperimentazione fu condotta dal 1976 all’1984, con le prime immissioni effettuate nei canali Campogrande e Campocieco, nelle vicinanze di Rovereto e S. Antonino, presso l’abitato di Cona, con esemplari del peso tra 200 g e poco più di un kg e densità di semina di 50 kg/ha, arrivando ad un totale di 1895 esemplari immessi per un peso di 1510 kg. Le indagini effettuate nei quattro anni successivi all’84 nel canale Campocieco e Campogrande evidenziarono la totale scomparsa di miriofillo e ceratofillo, dialettalmente dette “grata”, e della canna palustre. Gli stessi risultati furono documentati anche nel canale S. Antonino.</div>
<div style="text-align: justify;">
Dopo le immissioni di carpa erbivora del biennio 1987-88, nei canali di bonifica di Denore, nelle fosse Bevilacqua, Martinella e Galavrona fu documentata una pressoché immediata riduzione del 50% degli interventi di diserbo meccanico.</div>
<div style="text-align: justify;">
Le immissioni di carpa erbivora, effettuate nel periodo 1985-88 nella Fossa dei Masi, Fossa Gattola, canale Convogliatore e Fossa di Portomaggiore, le cui acque vengono recapitate direttamente nel Canale Circondariale del Mezzano, ebbero come risultato che gli esemplari immessi si spostarono quasi subito nel C. Circondariale. Sebbene solo pochi esemplari di quelli immessi fossero rimasti nei canali di immissione, negli anni immediatamente successivi si è registrata la totale scomparsa delle vegetazione acquatica sia sommersa che flottante (da “La carpa erbivora in Emilia-Romagna, aspetti biologici e gestionali”, di P. Melotti, C. Resta, A. Cavallari 1989).</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgh_zv_7Hw1LV_xBrAS5KBHrZ_vFGIKuOUgSjsSwzUcJsXf-s5TDjRdzRquE0-7xmBVIpRMR0HRJRP_FLt0u0ceZ7vFtTzhdSXaqXXxTGMdR3Z9hyUdpjkrxnDMK1-yIN15CM-kqX11QMQ/s1600/figura+2.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5550241356663683090" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgh_zv_7Hw1LV_xBrAS5KBHrZ_vFGIKuOUgSjsSwzUcJsXf-s5TDjRdzRquE0-7xmBVIpRMR0HRJRP_FLt0u0ceZ7vFtTzhdSXaqXXxTGMdR3Z9hyUdpjkrxnDMK1-yIN15CM-kqX11QMQ/s320/figura+2.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 206px; margin-bottom: 10px; margin-left: auto; margin-right: auto; margin-top: 0px; text-align: justify; width: 320px;" /></a></span><br />
<div style="text-align: center;">
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<span class="fullpost"><span style="font-size: 85%;">Figura 2. Particolare dell’apparato masticatore della carpa erbivora</span></span></div>
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<span class="fullpost"><span class="Apple-style-span" style="font-weight: bold;">Note di biologia della carpa erbivora </span></span></div>
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La carpa erbivora o Amur, il cui nome scientifico è Ctenopharyngodon idellus, appartiene all’ordine dei Cipriniformi della famiglia dei Ciprinidi, come le altre specie alloctone di carpa, sempre di provenienza asiatica, la carpa argento Hypophtalmichthys nobilis, la carpa testa grossa Aristichthys nobilis e la carpa comune Cypinus carpio. E’ un pesce di taglia grande e può superare il metro di lunghezza e i 30 kg di peso (Berg, 1932); esemplari record del peso di oltre 180 Kg sono stati pescati negli habitat originari (Lopinot, 1972). L’areale originario della carpa erbivora comprende tutto il bacino del fiume Amur (Gandolfi, 1991), e come indicato da Nikol’skii, Shirema e Smith anche tutti i grandi fiumi di pianura della Cina orientale. Specie rustica ed in grado di tollerare condizioni molto restrittive delle acque e tutt’altro che favorevoli per altre specie ittiche. Dal comportamento gregario e furtivo, risulta difficile stimarne la numerosità e le taglie in ambienti di acque torbide. La dieta completamente vegetariana la configurano come una delle specie più innocue e bonarie tra i ciprinidi di grandi dimensioni. Tuttavia, il nome del genere Ctenopharyngodon deriva dalla conformazione dell’apparato masticatore che, grazie alla presenza di forti denti faringei seghettati e disposti su due file, svolge una funzione di vera e propria triturazione del cibo, permettendo l’assunzione anche di vegetali provvisti di tessuti lignei. In particolare, nelle acque italiane tra le piante acquatiche consuma preferenzialmente il ceratofillo, la lenticchia d’acqua, la brasca, il miriofillo e, tra quelle emergenti, la tifa e la canna palustre mentre disdegna le ninfee bianche e quelle sfrangiate, più piccole e con i fiori gialli; questa è la ragione della invasività delle ninfea sfrangiata gialla in alcuni canali ferraresi dove non è presente nessuna altra pianta acquatica. Vari Autori come Opuszynski (1972) e Wattendorf e Anderson (1987) sono concordi riguardo la quantità di cibo ingerita quotidianamente allo stadio adulto, in un ambiente alla temperatura di circa 20°C e dove il cibo non sia limitante, pari al 50-60 % del peso vivo dell’animale; all’aumentare del metabolismo, in relazione all’aumento di temperatura, di pochi gradi, fino a 22-24 °C, tale percentuale raggiunge valori compresi tra 100-120 %. I canali del Ferrarese, da metà maggio a metà settembre presentano temperature superiori a 24 °C.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqalFSOjG6UQFKwP7w6Yf3eBYt7INFRecHLkjPdtC6bQo-k11pERG-sw87F7VY7JVY0AhxpHnR_RF3tiVBu2g5eS9p3qCDylPwYXIkCT1vxk8-fy6cSQqC-S66AoiNz24etC0sFQMsJ4o/s1600/figura+3.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5550241546593038530" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqalFSOjG6UQFKwP7w6Yf3eBYt7INFRecHLkjPdtC6bQo-k11pERG-sw87F7VY7JVY0AhxpHnR_RF3tiVBu2g5eS9p3qCDylPwYXIkCT1vxk8-fy6cSQqC-S66AoiNz24etC0sFQMsJ4o/s320/figura+3.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 208px; margin-bottom: 10px; margin-left: auto; margin-right: auto; margin-top: 0px; text-align: justify; width: 320px;" /></a><div style="text-align: justify;">
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<span class="fullpost"><span style="font-size: 85%;">Figura 3. Azione della carpa erbivora su fusti adulti di cannuccia di palude</span></span></div>
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<span class="Apple-style-span" style="font-weight: bold;">La carpa erbivora o Amur in relazione all’ecologia delle acque</span></div>
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Da un punto di vista ecologico, gli effetti del sovra-pascolo, ovvero ciò che si verifica se il numero di esemplari di carpa erbivora presenti in un dato ambiente è eccessivo, sono molto gravi, più di quelli causati da un eccessivo numero di altre specie alloctone. Numerosi studi internazionali come quelli di Canfield (1988) e Earl (1992) hanno evidenziato le conseguenze dirette ed indirette della introduzione della carpa erbivora. Fin dalle prime fasi successive alla introduzione della specie, si verifica un generale intorbidimento e peggioramento della qualità delle acque, evidenziato anche dall’aumento delle concentrazioni di azoto e fosforo, rilasciati per attività di escrezione e con le feci. Ciò è strettamente dipendente dal tipo di alimentazione della carpa erbivora, che nutrendosi quasi esclusivamente di materiale vegetale, a basso valore nutritivo, ne deve assumere grandi quantità. In relazione alla bassa digeribilità di queste piante, grandi quantità di feci sono continuamente espulse, andando ad aumentare la torbidità dell’ambiente, sia direttamente, per l’emissione di un grande quantità di particelle vegetali finemente triturate, pari circa al peso dell’animale ovvero quanto l’animale ha ingerito giornalmente, sia indirettamente, perché l’escrezione di azoto ammoniacale, soprattutto in estate quando la disponibilità di azoto in alcuni canali è molto bassa, favorisce lo sviluppo di alghe fitoplanctoniche e il conseguente ulteriore aumento della torbidità; entrambi i termini, danno all’acqua una colorazione verde-marrone, per la abbondante presenza di alghe microscopiche ma con tonalità opache, segno della presenza di particellato organico fine in decomposizione e di crescite batteriche, fattori che inoltre contribuiscono ad abbassare il contenuto di ossigeno delle acque. Si viene quindi a determinare un circolo vizioso che mantiene l’ecosistema in uno stato di elevato rischio e di grande semplificazione a tutti i livelli alimentari, e con una comunità ittica estremamente semplificata.</div>
<div style="text-align: justify;">
Alcuni autori, come Lesile e Koblynski (1985) e Klusmann (1988) hanno ampiamente documentato fenomeni di questo tipo in numerosi laghi e fiumi dell’ex Unione Sovietica, dove a seguito della introduzione di carpa erbivora, è rapidamente scomparsa la vegetazione acquatica e con essa sono istantaneamente scomparse numerose specie di crostacei e specie ittiche, il cui ciclo vitale dipende strettamente dalla presenza di piante acquatiche sommerse, non solo per la alimentazione ma anche per la deposizione delle uova e per il rifugio e alimentazione degli stadi giovanili. Gasaway (1976) e Bettoli (1991) hanno dimostrato la relazione di causa ed effetto tra l’introduzione della carpa erbivora e la scomparsa di molte specie ittiche, indipendentemente dall’insorgere di altri fattori di disturbo, quali inquinamento di varia origine e/o l’introduzione di predatori alloctoni. L’esempio più calzante è quello descritto da Aliyev, (1976) riguardante numerosi laghi in cui a seguito di consistenti immissioni di carpa erbivora si è verificato un immediato, drastico calo di due specie ittiche strettamente associate alla vegetazione, la tinca ed il luccio.</div>
<div style="text-align: justify;">
Come riportato nella Carta Ittica dell’Emilia-Romagna, Zona B, in Provincia di ferrara, in base a campionamenti effettuati dal 2003 al 2005, in 50 siti omogeneamente distribuiti, la comunità ittica è risultata fortemente semplificata e dominata da specie detritivore quali carpa, carassio, abramide e da predatori adattati ad acque torbide quali siluro e lucioperca, mentre sono stati catturati solo due esemplari di tinca e uno solo di luccio. Differentemente, come riportato da Cavicchioli (1976) e, più recentemente nel volume “Elementi di predisposizione della Carta Ittica regionale” (AA.VV, 1992), gli stessi canali presentavano una comunità ittica completamente differente, composta anche da ciprinidi autoctoni quali tinca, scardola, triotto, alborella e da predatori tipici di acque poco torbide, quali persico reale, persico trota e luccio. Questa comunità ittica si mantenne fino alla prima metà degli anni ottanta, per poi cambiare rapidamente nella seconda metà, proprio quando iniziarono le immissioni massicce di carpa erbivora.</div>
<div style="text-align: justify;">
Al presente, in base ai risultati dei campionamenti del triennio 2006-08, effettuati con tecniche specifiche per la stima della carpa erbivora, la specie è risultata presente in tutti i canali maggiori della provincia di Ferrara. L’ampia distribuzione delle taglie degli individui catturati conferma la permanenza nella rete idrica degli individui introdotti a fine anni ottanta, ora di peso compreso tra dieci e venti chilogrammi. A questi si aggiungono quelli provenienti da semine successive, non rientranti comunque in piani approvati dalla Provincia, protratte fino al presente, come confermato con la cattura nel Canal Bianco, nel canale Andio e nel canale Seminiato, a fine ottobre del 2007, di individui di lunghezza media di 20 cm e peso medio di 180 g.</div>
<div style="text-align: justify;">
In tutti i canali in cui è stata censita la presenza della carpa erbivora la vegetazione sommersa è risultata del tutto assente, tifa e canna palustre scarse mentre era presente la nifea sfrangiata che la carpa erbivora non mangia."</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<span class="Apple-style-span" style="font-weight: bold;">Bibliografia</span><span style="font-size: 85%;">AA.VV., 1989. La carpa erbivora in Emilia-Romagna aspetti biologici e gestionali. Regione Emilia Romagna, Amministrazione Provinciale di Ferrara (Assessorato Caccia, Pesca e Ambiente) Ferrara, 87 pp.</span><span style="font-size: 85%;">Aliyev, D.S. 1976. The role of phytophagous fishes in the reconstructions of commercial fish fauna and the biological improvement of water. J. Ichthyology. 16 (2), 216-29.</span><span style="font-size: 85%;">Berg L. S., 1932. Les poissons des eaux douces de l’U.R.S.S. et des pays limithrophes, 3e édition, revue et augmentée, partie I. Edizioni sulla gestione dei laghi e della pesca, Leningrad, 899 pp.</span><span style="font-size: 85%;">Canfield D.E., Shireman J.V., Colle D.E., Haller W.T., Watkins C.E. and Maceina M.J. 1984. Prediction of chloropyll a concentration in Florida lakes: importance of aquatic macrophytes. Can. J. Fish. Aqat. Sci. 41, 497-501.</span><span style="font-size: 85%;">Cavicchioli G., 1976. Fauna ittica del Ferrarese. Ferrara, Ente Ferrarese Esposizioni e Rassegne.</span><span style="font-size: 85%;">Earl W., Chilton II. and Maurice I.. 1992. Biology and management of grass carp (Ctenopharyngodon idella, Cyprinidae) for vegetation control: a North America perspective. Fish Biology and Fisheries,2, 283-320.</span><span style="font-size: 85%;">Gandolfi G., Zerunian S., Torricelli P., Marconato A., 1991. I Pesci delle acque interne italiane. Ministero dell’Ambiente e Unione Zoologica Italiana, Roma, 618 pp.</span><span style="font-size: 85%;">Gasaway R.D. and T.F. Drda, 1976. Effects of grass carp introduction on waterfowl habitat. North America Wildlife Natural Resources of Conference, 42: 73-85.</span><span style="font-size: 85%;">Gorbach E.I., 1970. Condition and fatness of the grass carp Ctenopharyngodon idella (Val.) in the Amur Basin. J. Ichtthyology. 12(4), 616-25.</span><span style="font-size: 85%;">Klusmann W.G., Noble R.L., Martyn R.D. Clark W.J., Betsill R.K., Bettoli P.W. and Campbell J.M. 1988. Controlo of acquatic macrphytes by grass carp in lake Conroe, Texas, and the effects on the reservoir ecosystem. Texas Agricoltural Experiment Station, Texas A&M University MP-1664. Texas 61 pp.</span><span style="font-size: 85%;">Leslie A. J., Jr. and G.J. Kobylinski 1985. Benthic macroinvertebrate response to acquatic vegetation removal by grass carp in a north Florida reservoir. Florida Sience 48: 220-231.</span><span style="font-size: 85%;">Lopinot, A., 1972. White amur Ctenopharyngodon idellus. Illinois Dept Conservation, Division of Fisheries. Fish Management Mimeo No. 37. 2 pp.</span><span style="font-size: 85%;">Nikol’skii G.V., 1971. Special ichthyology. Isr. Program sci. Transl. Jerusalem, 538 pp.Opuszynski K., 1972. Use of phytophagus fish to control acquatic plants. Acquaculture 1, 61-74.</span><span style="font-size: 85%;">Shireman J.V., Smith C.M:, 1983. Synopsis of biological data on the grass carp, Ctenopharyngodon idella (Cuvier and Valenciennes, 1844). FAO Fish. Synop., no. 135, 86 pp.</span><span style="font-size: 85%;">Wattendorf R.J. and R.S. Anderson. 1987 Hydrilla consumption in two Florida lakes. Proceeding of the Annual Conference of the Southeastern Association of Fosh and Wildlife Agencies 38: 319-326.</span></span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-52520166228775564572010-05-05T23:40:00.005+02:002012-09-29T10:32:24.504+02:00Campagna Libera Fiumi 2010 - Po di Primaro<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipYqh6cep-VHYM5jEPOHk-hLNXS_-xJaShzqXVfITZ6Uvk0kOON6kTlKshs4QsKjdBANwKfkgbbiT_sFfq-MnRH9dDfZ70baO6VQV69NR_VeotHCP964OTvaA88iAdvCtzYcPjHt-LhEQ/s1600/Nuova+immagine.bmp" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5541770673123453874" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipYqh6cep-VHYM5jEPOHk-hLNXS_-xJaShzqXVfITZ6Uvk0kOON6kTlKshs4QsKjdBANwKfkgbbiT_sFfq-MnRH9dDfZ70baO6VQV69NR_VeotHCP964OTvaA88iAdvCtzYcPjHt-LhEQ/s200/Nuova+immagine.bmp" style="cursor: pointer; float: left; height: 94px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 120px;" /></a>Il 2 maggio l'Esox 2000 assieme allo Spinning Club Italia, al Bass World Anglers, che si è fatto carico del lavoro più pesante di coordinamento e organizzazione tramite Roberto Bergamasco, e all'Università di Ferrara tramite l'ittiologo Mattia Lanzoni ha partecipato alla campagna Liberafiumi del WWF con il monitoraggio del Po di Primaro nel tratto da Marrara a Ferrara.<br />
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<span class="fullpost"><br />E' stata una bellissima esperienza in cui si sono stretti rapporti di collaborazione importanti avvalorando l'importante ruolo che il pescatore a spinning (ma non solo) ha di sentinella ambientale e collaboratore con le istituzioni coinvolte nella gestione delle acque e della pesca filosofia in cui crede fortemente Mario Narducci presidente dello Spinning Club Italia. Il lavoro è stato duro, ha riguardato oltre 15 km di sponde, che sono stati monitorati metro su metro con l'ausilio di barche rilevando eventuali scarichi abusivi, sponde rettificate, alvei alterati, bilancelle e così via. Il monitoraggio ha anche riguardato la fauna ittica tramite azione di pesca, interviste a pescatori, osservazione diretta e confronto con recenti campionamenti effettuati dall'Università. I risultati sono stati raccolti in schede molto dettagliate e trasmessi al WWF ed hanno evidenziato un corso ancora in gran parte allo stato naturale con un basso livello di antropizzazione, con km interi di sponda non accessibili, alberi e rami in acqua che offrono zone di rifugio molto importanti per la fauna ittica. Nonostante questo forte potenziale la fauna ittica risulta fortemente alterata ed in difficoltà, con biomasse squilibrate, perdita di biodiversità e specie autoctone ormai rarefatte a discapito principalmente del siluro.<br />All'attività è stato dato un forte risalto in termini di stampa nazionale, qua trovate in allegato una rapida rassegna stampa tratta dai principali quotidiani on-line<br /><br /><a href="http://digilander.libero.it/esox2000/RASSEGNA_STAMPA.pdf" target="_blank">RASSEGNA_STAMPA</a><br /><br />E questo è il dossier preliminare della Campagna Liberafiumi del WWF<br /><br /><a href="http://www.wwf.it/UserFiles/File/WWF%20Cosa%20Facciamo/Acque/Liberafiumi_2010/Liberafiumi2010_Documento_primi_risultati_maggio_2010.pdf">Dossier WWF - Liberafiumi 2010</a><br /><br />Ed ecco infine alcune foto della giornata<br /><br /><img alt="image" src="http://img146.imageshack.us/img146/5100/img5685f.jpg" style="height: 410px; width: 547px;" /><br /><br /><img alt="image" src="http://img687.imageshack.us/img687/9987/img5607q.jpg" style="height: 411px; width: 548px;" /><br /><br /><img alt="image" src="http://img594.imageshack.us/img594/9373/img5751.jpg" style="height: 409px; width: 546px;" /></span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-2682068354647357132010-04-14T17:11:00.018+02:002012-09-29T18:11:35.159+02:00Spin & Fly Invitational 2010<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwGzuYM-sJMw7Cvkh429j7l41SKRyIkXJdvSFwFgCipA-QyANPU80dx5p9DVxfIA8Oox6oahn0jhhBuaZ4S54X2SEnPqOJowuYmMoc1s_xcsU11mshAR9IvlbiAa4cJEQINRUN2UjPX7M/s1600/1270120109.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5460012728766217026" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwGzuYM-sJMw7Cvkh429j7l41SKRyIkXJdvSFwFgCipA-QyANPU80dx5p9DVxfIA8Oox6oahn0jhhBuaZ4S54X2SEnPqOJowuYmMoc1s_xcsU11mshAR9IvlbiAa4cJEQINRUN2UjPX7M/s200/1270120109.jpg" style="cursor: pointer; float: left; height: 96px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 81px;" /></a>Si è svolta domenica 11 aprile al Lago di Fimon la consueta manifestazione di pesca al luccio "Spin & Fly Invitational" da belly e da natante. La manifestazione ha rappresentato un momento importante di incontro tra gli appassionati della pesca al luccio ed un occasione per fare il punto della situazione sugli interventi di recupero del luccio e la situazione del Lago di Fimon.<span class="fullpost"> </span><br />
<a name='more'></a><span class="fullpost">La giornata fredda e ventosa ha reso i lucci particolarmente apatici con numerosi inseguimenti ma pochissimi attacchi e diverse slamate a conferma dell'approccio poco aggressivo del pesce nei confronti dell'esca.<br />Se dal punto di vista della fauna ittica il lago gode di splendida salute con popolazioni numerose di lucci, persici reali e tinche, sempre più preoccupante è la situazione collegata al proliferare delle alghe alcune delle quali di tipo nuovo rispetto alla classica <a href="http://pianteacquaticheninfea.com/menuirizofite/35-myriophillum-spicatum">Myriophillum Spicatum</a>, più simili ad una mucillaggine che ad un'alga tradizionale. Preoccupa anche la conseguente rarefazione del canneto. Intervistato su questo tema Carlo Preato, guardia volontaria del Bacino B, ha detto: "La riduzione costante del canneto c'è da qualche anno, gli esperti stanno ancora congetturando ma la causa non è chiara: si parla di malattie, di gamberi killer etc. Io propendo per le nutrie, che stazionando costantemente sugli isolotti e non solo mangiano i germogli, ma continuano anche tramite feci ed urine ad acidificare il sottostante (effetto pioggia acida) sballando il Ph. La mucillagine è una novità assoluta in questa stagione, anche qui non ci sono spiegazioni vista l'assenza pressochè totale di reflui nel lago. Altro mistero ed altra rogna. Tra Arpav e biologi vari speriamo che qualcuno trovi le soluzioni".<br /><br />Si legga a tale riguardo il seguente articolo uscito sul Giornale di Vicenza a fine 2009:<br /><br /><a href="http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Home/105610_il_lago_di_fimon_sta_soffocando_le_alghe_gli_tolgono_lossigeno/">Il lago di Fimon sta soffocando - Le alghe gli tolgono l'ossigeno.</a></span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-34245612383744094262010-03-19T15:04:00.007+01:002012-09-29T12:31:59.359+02:00La fauna ittica del tratto terminale del fiume Po ieri e oggi<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfma7vcVkr0E7Wu0QgAdaf7vSP0zjwrl6qo8mqlwm0265dB2CmPr97MI5Tr2NDc_Fipp2xhL5kXvjqOQr9RhroHr811TWxhjPVfW3cys5vFJG2rzjLZim8IBCGTBORd5UlWD4affeHV_o/s1600/pes0806.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5461843305597568210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfma7vcVkr0E7Wu0QgAdaf7vSP0zjwrl6qo8mqlwm0265dB2CmPr97MI5Tr2NDc_Fipp2xhL5kXvjqOQr9RhroHr811TWxhjPVfW3cys5vFJG2rzjLZim8IBCGTBORd5UlWD4affeHV_o/s200/pes0806.jpg" style="cursor: pointer; float: left; height: 110px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 79px;" /></a>In un recente articolo a cura del Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell'Università di Ferrara si è affrontato il problema della situazione della fauna ittica nel basso corso del Po evidenziando come gli interventi dell'uomo sula morfologia e la portata dei corsi d'acqua fiume abbiano causato la perdita di habitat per molte specie di pesci e conseguentemente una forte riduzione delle attività di pesca sia sportiva che di mestiere.<br />
<a name='more'></a><br />
<span class="fullpost">Molte specie di pesci si sono estinte o sono diventate estremamente rare, rendendo necessaria l’adozione di norme di protezione. Inoltre, l’accelerata introduzione di specie esotiche ha avuto ulteriori e rimarcabili effetti negativi sulla comunità ittica indigena, che non ha retto all’esplosione demografica di nuove specie alloctone competitive o predatrici.<br />Le modificazioni della struttura ed abbondanza delle comunità ittiche ha messo in difficoltà sia i pescatori di professione sia quelli sportivi, che hanno dovuto affrontare il calo e la scomparsa delle specie di valore, rimpiazzate da quelle nuove, non necessariamente e immediatamente apprezzabili.<br />Il monitoraggio di questa evoluzione, che è stata fatta comparando la comunità ittica attuale con quella riportata in documenti di Archivi Pubblici e biblioteche di Ferrara e provincia, è importante da un punto di vista gestionale ed è stato affrontato analizzando il tratto terminale del Po, la cui idrologia ha subito interventi antropici che si sono molto intensificati negli ultimi 40 anni. <br />Si è passati da una comunità ittica dominata in biomassa fino agli anni sessanta da lasca, alborella, cavedano, pigo, anguilla, storione comune, storione ladano, e storione cobice, e nei canali da tinca, scardola, luccio, pesce gatto, anguilla e triotto alla situazione attuale in cui si è assistito ad una marcata perdita di biodiversità e ad una fauna ittica dominata in biomassa da 6 specie alloctone provenienti principalmente dall’Est Europa e dell’Asia: carpa, siluro, carassio, abramide, lucioperca e carpa erbivora costituiscono da soli il 91% della biomassa totale. Un miglior regime termico, come nel caso del siluro, la mancanza di predatori e l’assenza di prelievo sia professionale sia dilettantistico, una particolare resistenza al degrado ambientale e agli impatti antropici sono le principali cause del dominio delle specie alloctone. <br />Nel caso del luccio, il declino ha seguito di pari passo alcuni fattori probabilmente sinergici, tra cui l’aumento del numero di sbarramenti sui canali (sostegni, impianti idrovori, ecc…) e l’intensificazione dell’abbassamento delle quote invernali che ne hanno impedito la migrazione riproduttiva. Inoltre, dai primi anni novanta, l’aumento della densità degli ardeidi e la contemporanea scomparsa della vegetazione sommersa e di riva hanno esposto i giovanili a una pressione predatoria non sostenibile. L’aumento della torbidità delle acque conseguente all’aumentata densità fitoplanctonica ha influenzato negativamente anche la modalità di caccia “a vista” di questo predatore a favore di altri predatori quali il siluro e il lucioperca.<br />Di conseguenza si ha la necessità dell'adozione di norme specifiche di protezione della fauna autoctona e di interventi mirati alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua. <br /><br /><a href="http://www.pubblicitaitalia.com/cocoon/pubit/riviste/articolo.html?idArticolo=8636&Testata=3">Link all'articolo completo (html)</a><br /><br /><a href="http://digilander.libero.it/esox2000/Relazioni/fauna_ittica_basso_PO.pdf">Scarica l'articolo in PDF</a></span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-57938859653792274872010-03-16T10:41:00.004+01:002012-09-29T12:32:09.628+02:00Il piano d'azione generale per la conservazione dei pesci di acqua dolce italiani<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFVbyrZo8IGqP5mWJGX-CEsa5YEtN399htDmWTpT07eM9aj-xqanfW_dXrRyMB3PezInClFBREJyaefxK0KscVRkM0EUTRECg-MzjQ2pIHfZU0YjkFi8QGIJ7OTOOPuA3aMteu7mMBthQ/s1600/dpn_copertina_qcn17.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5460035435216707314" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFVbyrZo8IGqP5mWJGX-CEsa5YEtN399htDmWTpT07eM9aj-xqanfW_dXrRyMB3PezInClFBREJyaefxK0KscVRkM0EUTRECg-MzjQ2pIHfZU0YjkFi8QGIJ7OTOOPuA3aMteu7mMBthQ/s200/dpn_copertina_qcn17.jpg" style="cursor: pointer; float: left; height: 130px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 87px;" /></a>Il piano d'azione generale per la conservazione dei pesci di acqua dolce italiani a cura del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in collaborazione con l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica "A. Ghigi". Un testo di carattere specialistico strutturato secondo lo schema codificato dei "Piani d'Azione" (cfr. Council of Europe 1998). I Pesci d'acqua dolce sono minacciati dalle attività dell'uomo in molte regioni del pianeta: negli ultimi 50 anni è diventato sempre più tangibile il declino della maggior parte delle specie. <br />
<a name='more'></a><span class="fullpost"><br /><br />Molto si è già detto in proposito ma oggi emerge con forza la necessità di agire in due direzioni: controllare la gestione di fiumi e laghi e attuare piani d'azione particolareggiati per le specie a rischio estinzione.<br />Dopo una premessa, il volume presenta una sezione sui Pesci d'acqua dolce indigeni italiani e sulla loro importanza faunistica, una sezione sulle principali minacce, una sulla "lista rossa", una sezione su distribuzione, biologia, ecologia e rapporti con l'uomo. In particolare viene evidenziato l'aumento di rischio rispetto alle precedenti analisi per alcune specie quali Lampreda di mare, Lampreda di fiume, Storione, Savetta, Luccio e Temolo. Forte preoccupazione è espressa in merito all'espansione incontrollata del siluro nell'area del bacino del Po ed al suo impatto fortemente negativo sugli attuali ecosistemi. Chiudono il volume un capitolo sulle azioni di carattere generale da intraprendere e uno sui piani d'azione particolareggiati per le specie ad alto rischio.<br /><br /><a href="http://www.minambiente.it/home_it/showitem.html?lang=&item=/documenti/biblioteca/biblioteca_0152_a.html">Link al volume completo in PDF</a></span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-86394872415248913432010-02-27T15:19:00.000+01:002012-09-29T10:33:59.065+02:00Convegno sul ruolo del pescatore come sentinella ambientale<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTH5MA2nRjoiMzmqf-XBEalRq_pae1yrSzqsjwP-xwQwZx_cs1Loimlma_4lALv9GbHU_AhtSfv1Oi52V5eMW8mfrgPlpeuQNPcbdbkRygutF2GoRw7ynMnMVuM5uJHUwxdqMLNzk-d-A/s1600-h/1266264219.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5448497357799810674" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTH5MA2nRjoiMzmqf-XBEalRq_pae1yrSzqsjwP-xwQwZx_cs1Loimlma_4lALv9GbHU_AhtSfv1Oi52V5eMW8mfrgPlpeuQNPcbdbkRygutF2GoRw7ynMnMVuM5uJHUwxdqMLNzk-d-A/s200/1266264219.jpg" style="cursor: pointer; float: left; height: 108px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 89px;" /></a>Il 20 febbraio 2010, presso le sale del salone internazionale della pesca Fly Fishing e Spinning Show di Vicenza, si è tenuto il convegno intitolato "Il ruolo del pescatore e dell' associazionismo alieutico nella pesca moderna: sentinella ambientale e collaboratore attivo con l’ente pubblico". L'evento è stato organizzato dallo Spinning Club Italia, con la collaborazione di alcune società del Pike Fishing quali Esox 2000 e Lanciatori Bassa Trevigiana.<span class="fullpost"> </span><br />
<a name='more'></a><span class="fullpost">La manifestazione ha visto la luce grazie all'impegno di Silvio Smania, che ha ottenuto spazi dall'organizzazione della fiera e la partecipazione di invitati eccellenti, prima tra tutti l'Assessore Regionale alla pesca del Veneto Dr.ssa Marialuisa Coppola. In sala erano presenti, tra gli altri: Silvano Folladore, Presidente FIPSAS di Vicenza; Massimo Campi, Segretario Esox2000, Arci Pesca FISA; Fabio Cester, Segretario ADS Lanciatori Bassa Trevigiana FIPSAS; Saverio Bersanetti, rappresentante dell'associazione Per il Mare e noto scrittore di pesca.<br /><br />I lavori sono stati aperti dal Dr. Mario Narducci, Presidente Nazionale dello Spinning Club Italia. Narducci , che non ha bisogno di presentazioni per chi conosce il mondo della pesca e dell'ambientalismo, ha dimostrato efficacemente come anche con risorse limitate sia possibile ristabilire la salute della fauna ittica della nostre acque e il recupero di specie minacciate di estinzione. Di grande interesse, in questo senso, è stata la relazione sul recupero della trota marmorata autoctona del bacino del fiume Adda, che grazie all'impegno di alcuni appassionati ha quadruplicato nel giro di pochi anni la sua popolazione.<br />La relazione, ricca di immagini suggestive ma anche di documenti impietosi sullo stato delle acque, è poi proseguita con la denuncia dei prelievi idrici dissennati e delle fonti di inquinamento che sempre più derivano da un'agricoltura a base chimica, disattenta alla sostenibilità ecologica del proprio operato. Questi fenomeni di degrado sono spesso ignorati dagli stessi enti che sovrintendono la pesca e la tutela ambientale, Qui Narducci ha facilmente dimostrato che i primi a trovarsi di fronte a questi episodi a danno dei nostri fiumi, sono proprio i pescatori, le cui associazioni hanno il dovere di farsi carico di collaborare con l'ente pubblico, le regioni,le province e le associazioni ambientaliste, nel monitoraggio e nella soluzione delle cause del degrado.<br /><br />Non meno incisivo è stato l'intevento successivo, a cura del Prof . Lorenzo Pareschi, Presidente Esox2000, Intervento che partiva dal tema della tutela del Luccio Autoctono come punto di partenza per illustrare l'ecocatstrofe che ha investito le acque di pianura del distretto padano veneto. Il luccio infatti, pur essendo la specie che funge da indicatore biologico per la salute delle acque del piano, é praticamente estinto proprio in quei territori che sono considerati i suoi luoghi d'origine. Tra le cause la scomparsa della vegetazione sommersa e riparia, regimentazioni idriche scellerate, mancato contenimento delle specie alloctone infestanti e pericolose, che da sole, rappresentano ormai oltre il 90% della biomassa nelle acque del bacino del Po.<br />Ricca di lucidi e tabelle davvero esaustive ottenuti dal Prof. Rossi, dal Prof. Castaldelli, e dal Dr. Lanzoni, del Dipartimento di Biologia dell'Università di Ferrara, la relazione di Pareschi ha dimostrato come la reintroduzione del luccio e la sua massima tutela rappresentino uno dei primi passi da fare per ristabilire la piramide della catena alimentare originaria delle nostre acque. Risultato che richiede anche il controllo dell'espansione degli alloctoni più pericolosi, e la buona amministrazione dei regimi idrici.<br />Il Prof Pareschi ha poi portato come esempio di buona amministrazione delle acque i risultati ottenuti dalla Provincia di Vicenza nel recupero del Lago di Fimon, una sorta di miracolo che ha rinaturalizzato un lago un tempo dato per morto a causa delle attività antropiche. E infine una sintesi di quanto è allo studio della provincia di Treviso, anch'essa una delle più attente alle tematiche ambientali, in tema di ricostituzione e tutela degli stock di lucci autoctoni e di monitoraggio delle acque di pianura, le più ricche di biodiversità.<br /><br />Ha infine chiuso i lavori il Dr. Paolo Turin, ittiologo illustre che collabora con l'amministrazione regionale del Veneto, che ha apprezzato le relazioni e l'impegno delle associazioni dello Spinning e del Pikefishing, e che ha sollecitato le associazioni della pesca sportiva a interfacciarsi con gli enti e le società ambientaliste nell'attività di monitoraggio delle acque.<br />Turin ha anche voluto ricordare con forza come ogni attività a sostegno degli ecosistemi fluviali, per quanto meritevole, può venire vanificata da una cattiva gestione dei flussi idrici da parte di enti e consorzi, e dei trattamenti spesso ancora dannosi usati per contrastare la vegetazione acquatica. Su tutte queste cose, dice Turin, le associazioni di pesca e le amministrazioni più attente devono formare una massa critica in grado di modificare l'esistente.<br /><br />In conclusione il convegno è stato un successo, e soprattutto ha rappresentato il primo vero passo nella cultura del pescatore come protagonista attivo nella tutela dell'ambiente con cui interagisce. Se questo succede da tempo in alcune comunità montane e pedemontane, è ora necessaria, come hanno sottolineato tutti i relatori, una mobilitazione per le acque di pianura, che spesso sono a torto sottovalutate dalle nostre amministrazioni.<br /><br />I video delle presentazioni sono reperibili sul Canale Youtube dell'Esox 2000<br /><br /><a href="http://www.youtube.com/user/esoxtwothousand">Esox 2000 Channel</a><br /></span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-60604566811921491662010-02-14T00:41:00.000+01:002012-09-29T10:34:16.650+02:00Prima Carta Ittica Fiume Po<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVhcjZTqngcfIJNErQTuHFwhr1i1VXYy1mWBahqKK27cTcKv8QrgZ1NrAdwbvSZVY3DWPYXcnnocTQmtNfp8osS1HYJtnLfgSe3C5GNrKo-x0pNW624h2Ae83dN1qVzWTGujQLYrDZXQk/s1600-h/homepage.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5440846405853580242" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVhcjZTqngcfIJNErQTuHFwhr1i1VXYy1mWBahqKK27cTcKv8QrgZ1NrAdwbvSZVY3DWPYXcnnocTQmtNfp8osS1HYJtnLfgSe3C5GNrKo-x0pNW624h2Ae83dN1qVzWTGujQLYrDZXQk/s200/homepage.jpg" style="cursor: pointer; float: left; height: 88px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 134px;" /></a>E' stato reso disponibile il testo integrale della prima carta ittica mai realizzata relativa al fiume Po. Analizzando lo stato attuale e l'evoluzione storica dei pesci e dell'ambiente fluviale, ne sono valutati i diversi aspetti di criticità e sono proposte le più opportune strategie di intervento e gestione ai fini della conservazione del patrimonio ittico nativo del fiume.<span class="fullpost"> </span><br />
<a name='more'></a><span class="fullpost">Tale carta ittica rappresenta un documento straordinario per la sua unicità e l'analisi minuziosa del principale corpo idrico italiano. Inutile dire che purtroppo le notizie non sono buone, sotto la pressione delle alterazioni ambientali e dell’invasione delle specie esotiche, buona parte delle specie native del Fiume Po versa attualmente in uno stato di vera e propria minaccia di scomparsa locale, i cui effetti, peraltro, potrebbero anche rivelarsi devastanti nel caso di specie endemiche. La lista rossa delle specie in pericolo comprende tra le altre il luccio, la tinca, il persico e la trota marmorata. In diversi casi, il confronto con i dati pregressi disponibili ha anche consentito di definire (seppure grossolanamente e con evidenti margini di errore) i trend demografici delle singole popolazioni, consentendo di avanzare ipotesi sulle cause più probabili del declino della singola specie e sulle possibili migliori misure di conservazione, per quelle risultate in condizioni avverse. In merito al luccio, gli autori imputano il suo grave declino nel fiume, che lo vede un pò assente ovunque, anzi presente in un tratto non naturalmente adatto ad ospitarlo, a diverse ragioni sostanzialmente di matrice antropica. Il deterioramento della qualità del Po nel tratto basso, la perdita e il degrado degli ambienti laterali (quali le lanche), i rimaneggiamenti compiuti dall'uomo, l'interposizione di barriere fisiche al libero spostamento, la lacustrizzazione di ambienti naturalmente a scorrimento veloce, ed altri fenomeni ancora di alterazione dell'ecosistema fluviale sono certamente le prime cause di declino della specie sulla quale ha verosimilmente influito anche la competizione, sia alimentare sia per il rifugio, con il siluro. Risultano prioritari per la salvaguardia della specie: un attento monitoraggio dello status del bacino; la riqualificazione morfologica del Po e dei suoi affluenti ed il contenimento del siluro.<br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXgnFVblXzuAlMm0iN-cPaU4SUAU8W-g-PcMc4br7-yMQFetPQYCfy_2uIZDeG1x9GN0j0TJIqSP4eUBxYS-ogKiq_9NlkVEgWdImul8iOUs3d2ZZoTUbzSXz0ciKhQL_B0yY832D-Mk8/s1600-h/feature_check.gif" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5431811593243752882" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXgnFVblXzuAlMm0iN-cPaU4SUAU8W-g-PcMc4br7-yMQFetPQYCfy_2uIZDeG1x9GN0j0TJIqSP4eUBxYS-ogKiq_9NlkVEgWdImul8iOUs3d2ZZoTUbzSXz0ciKhQL_B0yY832D-Mk8/s200/feature_check.gif" style="cursor: pointer; height: 34px; width: 35px;" /></a> <a href="http://www.adbpo.it/download/CartaItticaPo2009/sommario.htm">Link testo integrale carta ittica del fiume Po</a></span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-46977160715816589642010-01-27T09:33:00.025+01:002012-09-29T12:32:24.803+02:002010: anno della biodiversità<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjc2x8lAL1hKHhuWOWsmmJcoaPpdyrzU2rvxktIfWqBxs6hvvxDszfnvuVkji28wL2XqAKCf19tNdk_wBlXPj2kV-MpiplGH146O9307jxYBKGGX40uOcx8635GQPdMCCnphOgKzPA3oek/s1600-h/3043.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432119411296980370" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjc2x8lAL1hKHhuWOWsmmJcoaPpdyrzU2rvxktIfWqBxs6hvvxDszfnvuVkji28wL2XqAKCf19tNdk_wBlXPj2kV-MpiplGH146O9307jxYBKGGX40uOcx8635GQPdMCCnphOgKzPA3oek/s200/3043.jpg" style="cursor: pointer; float: left; height: 74px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 110px;" /></a>L’anno appena iniziato pone all’attenzione del mondo intero la questione dell’inesorabile impoverimento ambientale del pianeta a seguito della distruzione di habitat ed ecosistemi. Da tempo le nostre acque lanciano segnali oltremodo allarmanti in tale direzione.<span class="fullpost"> </span><br />
<a name='more'></a><span class="fullpost">Il 2010 è stato infatti proclamato dall’ONU “Anno Internazionale della Biodiversità”, un’occasione per la diffusione anche tra noi pescatori di una nuova “coscienza verde” che prescinde dalla passione per una specie o per l'altra.La Convenzione sulla diversità biologica (<a href="http://www.blogger.com/www.cbd.int">CDB</a>), entrata in vigore il 29 dicembre 1993, ha tre obbiettivi principali: conservare la diversità biologica, utilizzarla in modo durevole e spartire i benefici che ne derivano in modo giusto ed equilibrato. Biodiversità è il termine che designa tutte le forme di vita sul pianeta Terra, quella di cui siamo testimoni, in quest’epoca storica, è il frutto di un’evoluzione durata miliardi di anni sotto l’egida dei processi naturali e, sempre più, sotto l’influenza degli esseri umani.<br />In questa “diversità” vengono incluse le molte varietà di piante, di animali e di microrganismi, ma anche le differenze genetiche all’interno di ogni specie (es: luccio nostrano e luccio alloctono). Dalla scoperta dell’agricoltura, passando per la rivoluzione industriale e arrivando ai giorni d’oggi, abbiamo rimodellato paesaggi, animali, deciso (spesso inconsapevolmente) estinzioni di esseri viventi in modo irrimediabile, senza tenere conto di tutto ciò.<br />Nonostante il nostro modo di vivere sia molto cambiato col passare del tempo, basti pensare alla nostra alimentazione, oggi condizionata dal commercio degli alimenti piuttosto che dalle stagioni o dalla natura, la diversità biologica deve essere difesa perché è il pilastro della civiltà.</span><br />
<div style="text-align: center;">
<span class="fullpost"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7fkv62ZUh848hsqMgH9flOjEAnns30GFKBjQLYRT0EKvVICTeuwHUKek_-cVLkjqpLl4zFaMQl-YPkEpdl2N5mEZGZ47_B6A5UQfkZIzpK3wumDYYhyphenhyphenAo-VfaWj0X7cZNj2xHAwAe1AU/s1600-h/anguilla.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5431361982260565266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7fkv62ZUh848hsqMgH9flOjEAnns30GFKBjQLYRT0EKvVICTeuwHUKek_-cVLkjqpLl4zFaMQl-YPkEpdl2N5mEZGZ47_B6A5UQfkZIzpK3wumDYYhyphenhyphenAo-VfaWj0X7cZNj2xHAwAe1AU/s320/anguilla.jpg" style="cursor: pointer; height: 195px; width: 320px;" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiR1hAeRXktytorTsCK1b6Rzq0lH6s4tm9KZhyhxq-wEWtBaUNfVMUr2V7TnIRUHVFYMJhCt8_ufvgKTpeNU32bOIKO3ggfKWXdptgUzXtN7nm2vPxD65f55NK3FJMORnNY5ksQ7YCp6Y8/s1600-h/3_storione+cobice_simone+rossi_modificata.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5431362129669387858" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiR1hAeRXktytorTsCK1b6Rzq0lH6s4tm9KZhyhxq-wEWtBaUNfVMUr2V7TnIRUHVFYMJhCt8_ufvgKTpeNU32bOIKO3ggfKWXdptgUzXtN7nm2vPxD65f55NK3FJMORnNY5ksQ7YCp6Y8/s320/3_storione+cobice_simone+rossi_modificata.jpg" style="cursor: pointer; height: 136px; width: 320px;" /></a></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span class="fullpost"><span class="fullpost" style="font-size: 85%; font-style: italic;">Anguilla e storione due specie in pericolo</span></span></div>
<span class="fullpost"><br />Non ci rendiamo conto che la frammentazione e il degrado fino alla scomparsa di foreste, di zone umide, di barriere coralline e di altri ecosistemi costituiscono la più grave minaccia che possiamo procurare al pianeta ed a noi stessi. Per non menzionare il fatto che flora e fauna simboleggiano e fanno parte del nostro stesso mondo biologico. In questo senso la progressiva scomparsa dell'anguilla è ormai un problema a livello europeo, così come per le nostre acque dolci sono in pericolo molte specie autoctone quali lo storione, la marmorata, il luccio e la tinca solo per nominare quelle più note.<br />Per questi motivi, nell’aprile 2002, i paesi firmatari della Convenzione, hanno deciso entro quest'anno “una riduzione significativa dell’attuale ritmo di impoverimento della biodiversità a livello mondiale, regionale e nazionale col fine di contribuire all’attenuazione della povertà e al profitto di tutte le forme di vita sulla Terra” (<a href="http://www.countdown2010.net/">Countdown 2010</a>). Un “patto” inserito nel 2007, durante il Summit Mondiale per lo Sviluppo Durevole delle Nazioni Unite (tenutosi a Rio de Janeiro) tra gli obbiettivi dello sviluppo del Millennio.<br />La sempre crescente attenzione di organi sopranazionali verso queste tematiche, ha forse toccato il suo punto più alto nella giornata del 20 dicembre 2006, quando l’Assemblea Generale dell’ONU ha proclamato il 2010 “Anno Internazionale della Biodiversità” e ha designato il segretariato della Convenzione sulla Diversità Biologica come focal point dell’anno. Invitando inoltre il segretariato a collaborare con le agenzie delle Nazioni Unite interessate, le organizzazioni internazionali e gli altri attori che si occupano di ambiente, per sensibilizzare l’opinione pubblica e stimolare i governi ad un maggiore impegno a livello globale e locale, nella speranza che il tempo perduto non risulti incolmabile.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXgnFVblXzuAlMm0iN-cPaU4SUAU8W-g-PcMc4br7-yMQFetPQYCfy_2uIZDeG1x9GN0j0TJIqSP4eUBxYS-ogKiq_9NlkVEgWdImul8iOUs3d2ZZoTUbzSXz0ciKhQL_B0yY832D-Mk8/s1600-h/feature_check.gif" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5431811593243752882" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXgnFVblXzuAlMm0iN-cPaU4SUAU8W-g-PcMc4br7-yMQFetPQYCfy_2uIZDeG1x9GN0j0TJIqSP4eUBxYS-ogKiq_9NlkVEgWdImul8iOUs3d2ZZoTUbzSXz0ciKhQL_B0yY832D-Mk8/s200/feature_check.gif" style="cursor: pointer; height: 34px; width: 35px;" /></a> <a href="http://esox2000.blogspot.com/2008/03/giornata-mondiale-dellacqua-dossier-wwf.html">Link dossier VWF stato ittiofauna autoctona 2008</a></span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-11556819722073239042010-01-25T18:26:00.010+01:002012-10-05T15:47:45.324+02:00Autoctoni e alloctoni le verità scomode<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-hdsZFLyZ5sixXBQppYMbGO_8Mfg8SbWI8P3DY2akuRdv5lhmPW1mdMYDsBWrmO8WVmll41cpL4G9i-7JDzFsvgGdbDdBJFXRWQZyjW0sLBkuGVU8U0vy9fvd-b31prT3ZsvYARzDrFY/s1600/wallpaper-del-film-una-scomoda-verita.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-hdsZFLyZ5sixXBQppYMbGO_8Mfg8SbWI8P3DY2akuRdv5lhmPW1mdMYDsBWrmO8WVmll41cpL4G9i-7JDzFsvgGdbDdBJFXRWQZyjW0sLBkuGVU8U0vy9fvd-b31prT3ZsvYARzDrFY/s200/wallpaper-del-film-una-scomoda-verita.jpg" width="200" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Il poblema del contenimento della diffusione delle specie alloctone è considerato tra le priorità della comunità europea come indicato dalla direttiva Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE. Identificando come acque in elevato e buono stato ecologico quelle in cui le specie ittiche corrispondono quasi totalmente a condizioni inalterate, ossia autoctone, e non hanno difficoltà a riprodursi. Molta confusione riguardo la presenza di alloctoni nelle nostre acque viene fatta ancora oggi ed ogni tanto ci si affida a concetti quali evoluzione delle acque o nuovi equilibri. </div>
<a name='more'></a><span class="fullpost"><br /></span>
<br />
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<span class="fullpost">A questo riguardo è opportuno fare un pò di chiarezza sulla terminologia e sulle reali problematiche in discussione, senza la pretesa di addentrarci in uno studio dettagliato delle cause e delle possibili soluzioni ma al fine di evitare prese di posizione prive di ogni fondatezza scientifica.</span></div>
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<span class="fullpost"><br /></span></div>
<span class="fullpost"><span style="font-weight: bold;"></span></span><br />
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<span class="fullpost"><span style="font-weight: bold;">Evoluzione delle acque e perdita di biodiversità</span></span></div>
<span class="fullpost"><span style="font-weight: bold;">
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Non c'è stata infatti nessuna evoluzione nelle nostre acque (in pochi anni è inoltre quantomeno improprio l'uso del termine evoluzione) e men che meno nuovi equilibri biologici formati visto che questi sono quasi sempre impossibili quando si parla di specie alloctone. E l'argomentazione è cosi semplice che è in grado di comprenderla anche un bambino. Una specie, qualunque essa sia, occupa una nicchia ecologica in equilibrio nell'ecosistema in cui si è evoluta. La costruzione di tale equilibrio caratterizzato dalla presenza di diverse forme viventi, geneticamente dissimili costituisce la biodiversità relativa a quell'ecosistema ed ha richiesto migliaia, a volte anche milioni, di anni. Non è un equilibrio indissolubile, anzi prima o poi è destinato a cambiare ma per le nostre scale di riferimento è più che indissolubile. La scomparsa di una specie, libera una nicchia ecologica a discapito di un'altra specie e fa saltare immediatamente gli equilibri. Ancora peggio è lo spostamento di una specie da un ecosistema ad un altro e che per questo è chiamata alloctona. Entrambi questi fenomeni per le nostre scale temporali hanno origini antropiche e portano ad una perdita di biodiversità.</div>
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Per questo dopo anni di ragionamenti mirati alle singole specie oggi la comunità scientifica si è concentrata sull'importanza di preservare la biodiversità, non una particolare specie, in quanto solo se conserviamo la biodiversità in toto potremo avere successo nel preservare le specie a maggiore rischio e trasmettere ai nostri figli un ambiente con un futuro. Non a caso il 2010 è l'anno internazionale della biodiversità.</div>
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Lo stato delle acque e l'impatto delle specie alloctone</div>
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Ora veniamo al caso delle nostre acque che versano chi più chi meno in condizioni sicuramente difficili. A questo riguardo il <a href="http://www.iucn.it/membri/piergiorgiobianco.htm">Prof. Pier Giorgio Bianco</a> del Dipartimento di Scienze Biologiche dell’Università Federico II di Napoli scrive "<span style="font-style: italic;">La complessiva azione di degrado ambientale e della qualità delle acque interne, sono solo in minima parte responsabili dell'attuale degrado cui versa tutta la ittiofauna autoctona del nostro paese. L'introduzione di specie esotiche d'oltralpe o extraeuropee, le semine fatte con miscellanee di specie spesso sconosciute, i movimenti di intere componenti locali trasferite da un bacino all'altro, hanno confuso con l'andare del tempo, tutta la situazione ittiofaunistica originale. Gli alieni sono spesso comparsi e si sono diffusi in maniera occulta. In recenti studi (Bianco, 1998) sono state evidenziate le fasi salienti, periodiche di queste manipolazioni ittiche. Le introduzioni sono state effettuate probabilmente da che l’uomo allevatore ha iniziato a coltivare specie ittiche per uso alimentare</span>".</div>
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Dunque l'introduzione degli alloctoni causata da una serie di considerazioni e iniziative più o meno folli della generazione che ci ha preceduto ha messo in seria crisi moltissimi ecosistemi acquatici. Ecosistemi in cui alcune specie già erano in difficoltà a causa dell'inquinamento e di altre azioni antropiche. Attenzione che non tutti gli alloctoni hanno lo stesso impatto. Ad esempio, il luccio continentale (detto anche verdone), occupa sostanzialmente la nicchia ecologica del luccio nostrano. Il che è sicuramente un problema per il luccio nostrano ed infatti la tutela di questo procede parallelamente al recupero della specie luccio, ma non è un grosso problema per l'equilibrio e lo è relativamente per la biodiversità. Al contrario, una carpa erbivora o amur in un ambiente ricco di vegetazione avrà un impatto molto marcato e comporterà oltre alla scomparsa della vegetazione la scomparsa di tutte le specie che basavano sulla presenza di vegetazione la loro sopravvivenza. Lo si è visto bene nelle acque di bonifica del ferrarese dove l'introduzione irresponsabile di quantitativi massicci di amur al fine di evitare il costo economico del diserbo che annualmente veniva effettuato ha portato alla scomparsa di ogni forma di vegetazione. Con conseguente scomparsa delle zone di frega del luccio, dei ripari e del cibo della tinca e di altri piccoli ciprinidi autoctoni. Non solo, venendo a mancare la fitodepurazione le acque hanno raggiunto livelli di torbidità mai conosciuti in precedenza che hanno avvantaggiato notevolmente predatori quali il siluro a discapito di altri. Quest'ultimo fatto sicuramente non solo a causa dell'assenza di vegetazione ma anche di altre forme di inquinamento.</div>
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Il siluro d'europa si è inserito in questo contesto e si è trovato di fronte un ecosistema compromesso in cui ha potuto occupare ogni nicchia ecologica relativa ai predatori ma con vantaggi evolutivi e richieste ambientali in termini alimentari enormemente superiori. Oggi i dati parlano chiaro, nelle acque di pianura sono presenti solo siluri, carpe, abramidi, amur e altri alloctoni tutti di dimensioni particolarmente rilevanti con una fortissima perdita di biodiversità visto che su circa 35 specie solo 10 sono effettivamente rappresentate in termini di biomassa. Tutti volenti o nolenti ormai prevalentemente ittiofagi, non essendoci altre risorse se si esclude il gambero della Louisiana, e con percentuali di biomassa innaturali con siluro e carpa che da soli rasentano il 70% del totale in una piramide ecologica semplificata e invertita. Tant'è che il siluro stesso non se la passa bene in alcune zone ed è in leggera regressione in quanto non trova più sostentamento alimentare. La sovradensità di singole specie porta inoltre alla potenziale diffusione di parassiti e batteri tramite contatto nocivi per tutta la fauna ittica.</div>
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Tutto questo, che biologicamente potrebbe definirsi quasi un "ecomostro", è un esempio dei rischi che si corrono in un contesto fortemente artificializzato dall'intervento umano.</div>
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Responsabilità e futuro della pesca sportiva</div>
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La pesca sportiva non è certo esente da responsabilità. Dalle esperienze sul campo è possibile notare che molti pescatori sono del tutto privi delle conoscenze di base dell’ecologia e della biologia delle specie oggetto di pesca. Dietro la politica oggi molto diffusa del catch & release, che rappresenta un importante punto di partenza nella formazione di un etica della pesca sportiva, si nasconde l'illusione di un comportamento ambientalista spesso però lacunoso (rispetto delle normative, divieti di pesca, ecc..) che porta ad atteggiamenti mirati alla salvaguardia della sola specie di interesse piuttosto che non alla salvaguardia e alla tutela dell'intero ambiente e dell'ecosistema.</div>
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Sul ruolo della pesca sportiva l'ittiologo <a href="http://www.editorialescienza.it/libri.do?action=autori&id=29">Sergio Zerunian</a> scrive "<span style="font-style: italic;">Le immissioni intenzionali di specie estranee nei corsi d'acqua italiani ha segnato profondamente la qualità degli ecosistemi fluviali, e la responsabilità dei garisti è indubbia. Il bussines della pesca sportiva ha prodotto in tempi relativamente brevi dei danni difficilmente quantificabili, e ha condannato all’estinzione molte delle specie autoctone italiane. L’immissione di specie alloctone è la seconda causa, dopo l’inquinamento, di alterazione degli ecosistemi di acqua dolce. Il problema interessa praticamente tutte le entità tassonomiche, e le specie ittiche a rischio sono numericamente rilevanti. Quando viene introdotta una nuova specie, essa deve disporre di una nicchia ecologica vuota da poter occupare, oppure scalzare dalla stessa nicchia una specie esistente, altrimenti l’introduzione non avrà successo. Nel caso in cui la specie neointrodotta ha successo, si hanno alterazioni spesso drammatiche nella struttura comunitaria preesistente. In Italia il mercato della pesca amatoriale è pure instabile e segue le mode del momento, e tutto questo comporta degli squilibri ecologici che tendono a favorire i Ciprinidi, meno sensibili al decadimento qualitativo degli ambienti fluviali e lacustri e meno soggetti al prelievo, a discapito dei Salmonidi, molto più sensibili e oggetto di pesca assidua</span>".</div>
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Oggi dunque ci troviamo di fronte ad una situazione di forte degrado, non solo nel delta del Po e nei canali della bassa ferrarese ma anche in molte altre zone di pianura più fragili rispetto ad altre vista la facile disponibilità di nicchie ecologiche.</div>
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Forte degrado che avrà impatti sempre più rilevanti anche sul futuro della pesca sportiva, non solo su tecniche ormai già in forte difficoltà quali lo spinning, ma l'assenza pressochè totale di novellame di carpa in molte acque con forte presenza di siluro, vista la difficoltà a raggiungere la taglia rifugio, e l'esplosione degli abramidi apre l'incognita del futuro stesso del carpfishing una volta che gli esemplari di grossa taglia di carpa inizieranno naturalmente a rarefarsi.</div>
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Il futuro che ci aspetta</div>
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Alcuni oggi dicono "salviamo il salvabile" oppure ancora peggio "lasciamo che la natura faccia il suo corso". Un atteggiamento del genere significa essere sconfitti in partenza, significa rinunciare ad assumersi le proprie responsabilità, significa rinunciare a lottare e a capire il perchè dell'attuale stato delle cose, significa dimenticare la nostra storia. La biodiversità fa parte della nostra cultura, il luccio, la tinca, l'anguilla, la marmorata sono i monumenti delle nostre acque interne. Non solo, va ricordato come su 48 specie autoctone, ben 22 sono endemiche (vivono cioè solo nel nostro Paese e in nessun’altra parte del mondo!).</div>
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Di fronte ad un terremoto che distrugge un monumento e lascia spazio ad una tendopoli, noi ci prodighiamo per cercare investitori e ricostruire il monumento come era in origine non facciamo delle lotte per tutelare la tendopoli.</div>
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L'idea che gli alloctoni attualmente presenti possano trovare un equilibrio, oltre alla perdità totale di biodiversità, è in contrasto con tutto quanto detto sopra, e con ogni nozione elementare di biologia. Se anche si prendessero tutti i pesci del Volga e fossero trasferiti in Po questi non troverebbero mai un equilibrio come magari avevano nell'ecosistema originario semplicemente perchè il Po non è il Volga. La temperatura dell'acqua è diversa, la vegetazione è diversa, tutto è diverso. In sostanza sono due biotopi diversi. E dunque l'equilibrio che si era creato in migliaia di anni salta ed evolve verso un nuovo "equlibrio" che in qualche migliaio di anni se va bene verrà trovato. L'unico equilibrio naturale che oggi il fiume Po ammette è quello che si era creato con l'evoluzione.</div>
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L'argomento che viene spesso usato a questo punto è l'impossibilità del ripristino della fauna ittica originaria e dunque della necessità di valorizzare quella attuale. Argomento che è sensato per alcuni grossi corsi d'acqua ma che è comunque non corretto da un punto di vista prettamente scientifico. Infatti se è vera la prima affermazione è inevitabile concordare con la seconda. Ma non è così, i pesci hanno capacità riproduttive incredibili non confrontabili con altre forme di vita quali i mammiferi o gli uccelli ad esempio. Ed è anche per questo che una specie ittica alloctona se favorita nella fase riproduttiva si diffonde e colonizza una zona in tempi così rapidi.</div>
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Ripopolare un corso d'acqua sano porta a risultati incredibili nel giro di pochissimi anni e con investimenti contenuti. Un caso esemplare in questa direzione è rappresentato dal Lago di Fimon in Italia. Ma guardiamo a USA e Canada. Hanno letteralmente "resettato" (uccidendo con il Rotenone, un insetticida acaricida naturale molto tossico per i pesci ma poco tossico per gli altri animali, quasi tutta la fauna ittica) alcuni bacini e fiumi riportandoli in pochi anni a situazioni prossime a quelle originali. Attenzione, bando alle facili strumentalizzazioni, non si stanno di certo auspicando soluzioni estreme all'americana che in Italia oltretutto sono vietate dalla legge, ma facendo il quadro della situazione per comprendere il problema e i diversi approcci. Il risanamento delle acque e la riqualificazione fluviale hanno grande tradizione nei Paesi anglosassoni. In Inghilterra famoso è il deciso miglioramento della qualità delle acque del Tamigi che ha portato di nuovo i salmoni a frequentare il noto fiume che attraversa Londra. In quest'ottica la comunità europea ha emanato la direttiva di cui abbiamo parlato inizialmente e che prevede che laghi e fiumi debbano essere popolati in maggioranza da fauna autoctona e in grado di riprodursi. Questo proprio in virtù della biodiversità di cui sopra.</div>
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Abbiamo detto tutto questo soprattutto per sfatare una serie di convinzioni errate, che nascondono una verità scomoda, e che spesso ci portano a dei ragionamenti errati, non di certo per proporre soluzioni o scatenare campagne a favore o contro un certo pesce. E' l'ecosistema nella sua interezza che va ripristinato, non solo la fauna ittica, ed oggi in molti casi vista la riduzione dell'inquinamento delle acque e lo sviluppo di nuove tecniche di rinaturalizzazione degli habitat questo è teoricamente e tecnicamente possibile.</div>
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L'ambiente e il futuro dei nostri figli devono avere la precedenza sugli interessi di qualunque associazione di pescatori, inclusa ovviamente la nostra. Se noi pescatori non abbiamo solide basi scientifiche come punto di partenza ci getteremo sempre in un vicolo cieco, saremo alla merce del profeta di turno e di pesce ce ne sarà sempre meno per tutti.</div>
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Referenze</div>
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-Bianco P.G. (1998) Freshwater fish transfers in Italy: history, local modification of fish composition, and a prediction on the future of native populations. In: J. Cowx Ed., "Stocking and Introductions of Fishes" Fishing New Book, Blackwell Science, Oxford.</div>
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-Bianco P.G., Santoro E. (2005), <a href="http://www.monteranoriserva.com/archivio/02file0108_Pesci-Decapodi.pdf">I pesci e i decapodi d’acqua dolce della Riserva Naturale Regionale Monterano: alterazioni prodotte, status degli autoctoni e indicazioni gestionali</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
- Zerunian S. (2001), <a href="http://www.libreriauniversitaria.it/condannati-estinzione-biodiversita-biologia-minacce/libro/9788850647781">Condannati all'estinzione? Biodiversità, biologia, minacce e strategie di conservazione dei pesci d'acqua dolce indigeni in Italia</a>, Edagricole.</div>
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<a href="http://www.gruppo183.org/acqua/legislazione/direttiva.pdf">Link alla direttiva quadro acque della comunita europea (2000/60)</a></div>
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</span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-8961395619115457082010-01-16T10:52:00.026+01:002012-09-29T18:31:51.426+02:00Ripopolamenti e tutela del luccio nella provincia di Ferrara<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpAlBvqgn4VGg_NZiLzpwCMJraaLQRuGba4BRqWllXF3mvVT_AGTrSMCL2MxnIIcYkkQBGg8eOFpeICig8DhaEdYA51cwnqf72GpfRWAHB306RAjLMpsCB7VnxxigV2JI1LOASLUb5368/s1600-h/009.JPG" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432118329203056466" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpAlBvqgn4VGg_NZiLzpwCMJraaLQRuGba4BRqWllXF3mvVT_AGTrSMCL2MxnIIcYkkQBGg8eOFpeICig8DhaEdYA51cwnqf72GpfRWAHB306RAjLMpsCB7VnxxigV2JI1LOASLUb5368/s200/009.JPG" style="cursor: pointer; float: left; height: 87px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 65px;" /></a>Il principale scopo dell'Esox 2000 è quello di tutelare e preservare il luccio e gli ecosistemi fluviali e di diffondere una nuova mentalità nell'ambito della pesca sportiva al luccio in cui la pratica del catch & release rappresenta solo il punto di partenza e non il punto di arrivo. Il luccio, infatti, è un importante indicatore biologico ed ha una rilevanza ecologica notevole.<span class="fullpost"> </span><br />
<a name='more'></a><span class="fullpost">Questo sia per la posizione di vertice nella struttura alimentare di un sistema di acque dolci, sia per le proprie esigenze biologiche legate alla riproduzione, spesso in contrasto con l'attuale condizione ambientale di molti fiumi e canali. Dunque per pochi altri pesci come per il luccio parlare di tutela significa parlare di ambiente.<br />
In questa direzione molti di noi si sono impegnati e si impegnano insieme ad altri club e associazioni in Emilia-Romagna e Veneto con lo scopo di introdurre nuove normative di pesca che tutelino il luccio ove questo è presente e gradualmente di reintrodurlo nelle zone dove originariamente era presente ed oggi, per diversi motivi, è quasi scomparso. Il ferrarese da questo punto di vista è un esempio drammatico. Infatti, l'area di origine in Italia del luccio, secondo molti autori, è proprio nel distretto Padano-Veneto fino ad includere le zone della Provincia di Ferrara. Tali zone, si pensi ad esempio alle aree di bonifica, hanno sempre rappresentato un ambiente ideale per il luccio e fino a qualche decennio fa la sua popolazione era una tra le più numerose di tutta Italia.<br />
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<span class="fullpost"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgP6ZB8uzVhJTs5j_rRen_WOS6_GOcip9cQlFlouaaFa23kPFeA0z_1cTh_DLMvr_Wh5sFoYV1DEJW3T8zhhYNU8dvOq84qIztWbm7KEtkLHOIuMuDTb6uzLOKUx2HdQTggz9ENbcMNjco/s1600-h/008.JPG" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5431005552647475202" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgP6ZB8uzVhJTs5j_rRen_WOS6_GOcip9cQlFlouaaFa23kPFeA0z_1cTh_DLMvr_Wh5sFoYV1DEJW3T8zhhYNU8dvOq84qIztWbm7KEtkLHOIuMuDTb6uzLOKUx2HdQTggz9ENbcMNjco/s320/008.JPG" style="cursor: pointer; display: block; height: 240px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 320px;" /></a></span></div>
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La situazione di partenza del ferrarese sul fronte luccio (e autoctoni in generale) era ed è drammatica, le cause della scomparsa sono molteplici ed è difficile classificarle per importanza. Inquinamento a diversi livelli, gestione sconsiderata dei livelli idrici e presenza di alcuni alloctoni (amur e siluro) sono i principali responsabili, ma la questione è lunga e spinosa e non credo sia opportuno affrontarla superficialmente in queste poche righe. Solo alcuni dati relativi al periodo 2007-2008. Sono dati inediti, che saranno presentati dagli ittiologi dell'Università di Ferrara nei prossimi mesi.<br />
Nei canali di bonifica la biomassa alloctona è pari al 98% (63% carpa e siluro), nel Po è pari all'86% (58% carpa e siluro). La percentuale minore del Po è dovuta alla proliferazione del muggine (13%) a cui si è assistito negli ultimi anni. Storione, luccio, tinca e persico reale possono essere considerati quasi estinti. La biodiversità è quasi sparita del tutto e la piramide ecologica (piante acquatiche-erbivori-carnivori partendo dalla base) è invertita, ossia non c'è più vegetazione acquatica e i pesci, ciprinidi inclusi, hanno ormai una dieta prevalentemente ittiofaga. I dati si commentano da soli.</span></div>
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<span class="fullpost"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrhGXkkjVNm8QPc-kKgddtEXEwrdqPHD3PDaMJixCndL8IWsy93LELTl-q5hm1jr1GkJy5GBP89hYIfvLfdu2BDho77O6WYbjW5k5p0cYQkh37r5Qg88w6SonNNRBRpMgs1S8VHNDgtvc/s1600-h/024.JPG" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5431006408297075842" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrhGXkkjVNm8QPc-kKgddtEXEwrdqPHD3PDaMJixCndL8IWsy93LELTl-q5hm1jr1GkJy5GBP89hYIfvLfdu2BDho77O6WYbjW5k5p0cYQkh37r5Qg88w6SonNNRBRpMgs1S8VHNDgtvc/s320/024.JPG" style="height: 320px; margin: 0px auto 10px; width: 240px;" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBvOUWFGT2bgV5WbvWOQL_ngzi6m1qBEZoOzVGjCGuJpKN6sBAvE10jJZT3VRs25-wE8nI2JTJalS814SubDOH-5cI87flA1xx5x032hh9uKY-AUBwEGqaztrirdU45tDw4N7avgfL6I8/s1600-h/004.JPG" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5431006589963445746" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBvOUWFGT2bgV5WbvWOQL_ngzi6m1qBEZoOzVGjCGuJpKN6sBAvE10jJZT3VRs25-wE8nI2JTJalS814SubDOH-5cI87flA1xx5x032hh9uKY-AUBwEGqaztrirdU45tDw4N7avgfL6I8/s320/004.JPG" style="height: 320px; margin: 0px auto 10px; width: 240px;" /></a><span style="font-style: italic;"><br /></span></span></div>
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Le zone individuate per i ripopolamenti, con il supporto degli ittiologi dell'Università di Ferrara, sono state scelte sulla base del contesto ambientale e del potenziale in termini riproduttivi del posto (ridotta presenza di alloctoni, livelli idrici stabili e buona presenza di vegetazione). Da quanto detto sopra è evidente che le zone che rispondono a queste caratteristiche non sono molte e a maggior ragione dunque vanno tutelate ie preservate. Queste zone, salvo imprevisti, dovrebbero diventare da questa primavera le prime zone no-kill per il luccio di tutta la provincia.<br />
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<span class="fullpost"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBrESiRmitK17zWeFlpoOdfU4WZNi4tvVnnpNvQQ9YaSMge7unv_L3fL4A-DT7pd8Bt_iEHPNeb-T8a3QX9RbBU9_uA7sVeZoKSfLbgeNbWQHMuMBCV9P60UfZRVVdQdoJP7IL_-DNocU/s1600-h/007b.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5431005669102438386" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBrESiRmitK17zWeFlpoOdfU4WZNi4tvVnnpNvQQ9YaSMge7unv_L3fL4A-DT7pd8Bt_iEHPNeb-T8a3QX9RbBU9_uA7sVeZoKSfLbgeNbWQHMuMBCV9P60UfZRVVdQdoJP7IL_-DNocU/s320/007b.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 240px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 320px;" /></a></span></div>
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Diversi tentativi negli anni passati erano stati fatti, ripopolando con avannotti di luccio. Gli esiti sono stati nulli, la presenza numerosa di grossi siluri e uccelli ittiofagi fa si che questi vengano predati immediatamente. La strategia dunque è stata quella di massimizzare il potenziale di sopravvivenza del luccio usando esemplari già adulti e quindi difficilmente predabili. La speranza è che questi primi ripopolamenti abbiano successo e ci aiutino a capire in quale direzione muoverci, aiutando nel futuro gli ittiologi e le iniziative di recupero ambientale quantomeno di piccoli corsi.<br />
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Le immagini a corredo sono relative alle azioni di ripopolamento effettuate nel 2009 in future zone no-kill della Provincia di Ferrara con la collaborazione della Provincia di Ferrara, dell'ARCI Pesca, della FIPSAS e dell'Università di Ferrara.<br />
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Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-55011591405764181502010-01-11T18:09:00.011+01:002012-09-29T12:31:41.173+02:00L'aspio nel territorio ferrarese<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1bWqJFLFEDOgyX3H354-RXCmxCsnAxlxLxyUzmoalQPfKFLwswdyTSnqI5k0v5KGrtYyktagUFluNskE1OhouNbi4j6InG_ki3eQxUxWDdFhVqM2cda5sdAsRS-YmEYaPj1CbCJtZfAc/s1600-h/toutain_small.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432125664223921186" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1bWqJFLFEDOgyX3H354-RXCmxCsnAxlxLxyUzmoalQPfKFLwswdyTSnqI5k0v5KGrtYyktagUFluNskE1OhouNbi4j6InG_ki3eQxUxWDdFhVqM2cda5sdAsRS-YmEYaPj1CbCJtZfAc/s200/toutain_small.jpg" style="cursor: pointer; float: left; height: 83px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 123px;" /></a>Iniziamo con questo la pubblicazione di una serie di articoli scientifici e/o divulgativi inerenti le origini, la diffusione e l'impatto di diverse specie ittiche alloctone nel territorio ferrarese, a cura del Dipartimento di Biologia dell'Università di Ferrara. In questo primo articolo del 2003 si analizzano le origini e la potenziale diffusione dell'aspio sul territorio. <br />
<a name='more'></a><span class="fullpost"><b><span style="font-size: large;"><br /><span style="font-size: 80%;">Prima segnalazione di aspio, Aspius aspius (Linnaeus, 1758) e blicca, - Abramis bjoerkna (Linnaeus, 1758), Osteichthyes, Cypriniformes, nelle acque interne della provincia di Ferrara</span></span></b><br />Giuseppe Castaldelli (1), Elena Rizzati (1), Raffaele Barbirati (2), Remigio Rossi (1)<br />(1) <i>Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Ferrara</i><br />(2) <i>Provincia di Ferrara, Servizio Protezione Flora e Fauna</i><br /><br /><b>Abstract</b><br />Si segnala la presenza di due nuove specie alloctone, l’aspio, Aspius aspius (Linnaeus, 1758) e la blicca, Abramis bjoerkna (Linnaeus, 1758) nelle acque interne della provincia di Ferrara. Il reticolo idrografico (4000 km) della provincia di Ferrara (2630 km2) è compartimentato in più sottobacini, tutti più o meno direttamente riferiti all’asta principale del Burana-Navigabile che, attraversando l’intera provincia da ovest ad est, assolve sia alla funzione irrigua sia a quella di scolo. In particolare, i sottobacini principali, detti Canale Burana, Po di Volano, Po Morto di Primaro, Canal Bianco, Canale Navigabile, Canale Circondariale, sono stati considerati in questo studio. Il riconoscimento specifico è stato supportato dalla rilevazione dei parametri morfo-meristici, che rientrano negli ambiti di variabilità descritti per le due specie. Inoltre, i dati biometrici di alcuni esemplari di blicca presentano alcune discordanze dai valori di riferimento, indicandone la probabile appartenenza ad ibridi tra Blicca bjoerkna ed Abramis brama.<br /></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span class="fullpost"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAkDvmhmjcKe8-bHdLWBtQk5pJQiP-1_nKCzPWVNkoqmDXKa_NdK2vDKKxcteprNyRLMoZou_8YDIDXAUiedwKApi12mnpuJvLOjOPh0dJu6sE2UMLaFBXGu_BsD7KQApIhY0NCq-nRmY/s1600-h/aspius_aspius.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="182" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAkDvmhmjcKe8-bHdLWBtQk5pJQiP-1_nKCzPWVNkoqmDXKa_NdK2vDKKxcteprNyRLMoZou_8YDIDXAUiedwKApi12mnpuJvLOjOPh0dJu6sE2UMLaFBXGu_BsD7KQApIhY0NCq-nRmY/s400/aspius_aspius.jpg" width="400" /></a></span></div>
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Aspius aspius (<span style="font-size: 85%;"><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Aspius_aspius">link wikipedia</a></span>)</div>
<b>Introduzione</b><br />Questo studio si inserisce nel quadro più ampio delle problematiche relative alle condizioni attuali della fauna ittica del bacino del fiume Po. I popolamenti ittici del bacino padano hanno subito, in un breve arco temporale, drastiche modificazioni dovute a molteplici cause, derivanti generalmente dalle alterazioni ambientali e dagli effetti delle attività antropiche. Uno dei maggiori fattori di disturbo delle comunità ittiche è oggi rappresentato dall’introduzione di un numero sempre crescente di specie alloctone nelle acque del reticolo idrografico regionale e nazionale. L’immissione e l’acclimatazione di nuove specie hanno ripercussioni negative sugli equilibri biologici interspecifici e possono portare ad una diminuzione delle specie maggiormente esigenti in termini ecologici.<br />Per quanto riguarda il quadro relativo alle specie ittiche alloctone presenti nelle acque interne della provincia di Ferrara, è stata accertata la presenza di 10 specie: acerina, carassio, carpa, carpa erbivora, gambusia, lucioperca, persico sole, pesce gatto, pseudorasbora, siluro. A queste si aggiungono le due specie oggetto di questa segnalazione.<br /><br /><b>Discussione</b><br />Sebbene i campionamenti della fauna ittica della provincia di Ferrara nell’anno 2003 abbiano riguardato numerosi e diversificati canali della vasta rete della bonifica ferrarese, le due specie alloctone sono state catturate sempre in poche stazioni, aventi caratteristiche idrauliche del tutto particolari. Si tratta, infatti, delle più importanti prese d’acqua dal fiume Po e dei canali ad esse direttamente riferiti. Ad esempio, l’impianto delle Pilastresi, sito nel territorio del Comune di Bondeno, nell’estremo lembo nord-occidentale della provincia, il breve canale omonimo di collegamento con il Canale Burana, e buona parte dell’asta Burana-Volano che ne veicola l’acqua, rappresentano la principale arteria di irrorazione del complesso sistema idraulico ferrarese e, di conseguenza, sono anche la via elettiva di colonizzazione dell’intera rete di canali da parte delle specie alloctone provenienti dal Po.<br />Per la blicca, il numero più esiguo e la distribuzione delle catture, al presente non permettono di esprimersi con certezza riguardo l’origine. Tuttavia, si può ugualmente osservare che i canali minori in cui la blicca è stata catturata derivano acqua per gravità, tramite sifoni, dal Po di Volano, a monte del Sostegno di Tieni (Codigoro) e dal Canale Navigabile Migliarino-Porto Garibaldi. Di fat-to, le due aste sono collegate direttamente, in quanto il Canale Navigabile, nell’attuale gestione idraulica, rappresenta il proseguimento del Po di Volano, ricevendone più del 90% della portata, senza presenza di sbarramenti o altri impedimenti alla libera movimentazione della fauna ittica (SPINELLI et al., 1996). Anche il Po di Primaro, altro sito di cattura della blicca, è direttamente collegato al Po di Volano. Non risulta quindi azzardato affermare che anche questa specie alloctona sia di provenienza dal Po e che, entrando nell’asta Burana-Volano dal Canale delle Pilastresi, abbia trovato nel Po di Volano la via elettiva per la diffusione e colonizzazione dell’intera rete di canali di bonifica del ferrarese.<br /><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgTl39bsBKgc8RG8kpRWBeku3gcTn_nJkRjenqdRw7yOrBRXAAwUFHVcmYM5K45rupLAjhpwbSZwP2grFkY2RkxxzXVGI62v3DEjzmEXfYcDFlMCeRycanMMRRURK_9N0o6RoJCwPCgx8/s1600-h/reader_icon_special.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgTl39bsBKgc8RG8kpRWBeku3gcTn_nJkRjenqdRw7yOrBRXAAwUFHVcmYM5K45rupLAjhpwbSZwP2grFkY2RkxxzXVGI62v3DEjzmEXfYcDFlMCeRycanMMRRURK_9N0o6RoJCwPCgx8/s320/reader_icon_special.jpg" style="height: 59px; width: 72px;" /></a></div>
<b><a href="http://digidownload.libero.it/esox2000/articoli/Castaldelli_aspio.pdf">Download full PDF version</a></b><br /><b>Referenza:</b> Castaldelli et. al., Ann. Mus. civ. St. nat. Ferrara, Vol.6, 2003, pp.65-72, ISSN 1127-4476.</span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-56752415934301072982009-11-20T17:35:00.016+01:002012-09-29T12:32:44.983+02:00Progetto per la tutela del luccio nostrano nella regione Veneto<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhV6yGX-j0wIEE4Uqej7nKIfB9gsHeXJ7vHl59dbt2ru14itaZBKwFJ26TnJsdUYdbtTC-RGVe0E3KvOqWdAVD2JRHFZ5JX3LG_8lNcB02MwFcOuN4VrrGTQ0clxDICrhLNDCTXnM0pI3s/s1600-h/carlo2.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432578384083339778" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhV6yGX-j0wIEE4Uqej7nKIfB9gsHeXJ7vHl59dbt2ru14itaZBKwFJ26TnJsdUYdbtTC-RGVe0E3KvOqWdAVD2JRHFZ5JX3LG_8lNcB02MwFcOuN4VrrGTQ0clxDICrhLNDCTXnM0pI3s/s200/carlo2.jpg" style="cursor: pointer; float: left; height: 95px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 76px;" /></a>Forse pochi sanno, che la regione Veneto ha avviato una serie di studi in tutte le province venete per studiare i vari fenotipi di luccio provincia per provincia, nell'ottica della conservazione del ceppo o dei ceppi originari. In pratica si tratta di prelevare lucci, togliergli unadue scaglie, un pezzettino piccolo di caudale da mettere in soluzione conservante, misurare e pesare, fotografare la livrea da ambo i lati. <br />
<a name='more'></a><span class="fullpost"><br />Il progetto è seguito dall'Università di Perugia che effettuerà una serie di test sul Dna dei campioni prelevati.<br />Da qualche giorno, dopo Treviso, Padova e Venezia, stanno studiando le acque vicentine. Oggi si andava a raccogliere esemplari di risorgiva dove non sono mai stati fatti campionamenti, e dove si suppone che il ceppo nostrano rappresenti la totalità degli esocidi.<br />Ovviamente il re del martin ed il vostro lupone non potevano mancare, per cui, storditore in spalla e guadino in mano, abbiamo fatto una trentina di lucci dai quali poi "sul campo" sono stati prelevati i campioni.<br />Premesso che in posti come a Fimon sono stati trovati almeno otto diverse livree... dove siamo stati oggi i pesci erano assolutamente omogenei e, secondo il biologo, assolutamente di ceppo locale doc.<br />Se ho postato correttamente le immagini, qui sotto vedete il momento del prelievo delle scaglie<br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgykZiPl6wvz1wghADYKj7Y7MxpRniUC4j3HD00r8afuhPLoJzArXo1b51Zpdojgb4n4u_GQ9F1GOLr8x5J6XxoB7tyPLJ87Fm_JdCqu3Trrp0NMat595vTjFoWzsZ1jMnz0EVQPg7a3j4/s1600-h/1258732101.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432573710331644930" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgykZiPl6wvz1wghADYKj7Y7MxpRniUC4j3HD00r8afuhPLoJzArXo1b51Zpdojgb4n4u_GQ9F1GOLr8x5J6XxoB7tyPLJ87Fm_JdCqu3Trrp0NMat595vTjFoWzsZ1jMnz0EVQPg7a3j4/s400/1258732101.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 300px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 400px;" /></a><br /><br />qui alcune giovani speranze...da notare l'omogeneità delle livree<br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6SP2h7CUsKZq35ClwlX-5R2m7vOTi5IXanw6kTqh2R9SST3-hDFJk2QkVH7EQ4ekpUJ9LOORtSfCalZDMRJmx0m5J_YahzNuqQFBQUbmIYRBiRwnK88HgeQ0NPS8p25sa6Gx87L3RpIA/s1600-h/1258732275.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432573400930663570" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6SP2h7CUsKZq35ClwlX-5R2m7vOTi5IXanw6kTqh2R9SST3-hDFJk2QkVH7EQ4ekpUJ9LOORtSfCalZDMRJmx0m5J_YahzNuqQFBQUbmIYRBiRwnK88HgeQ0NPS8p25sa6Gx87L3RpIA/s400/1258732275.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 300px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 400px;" /></a><br /><br />Grande attenzione nella manipolazione dei luccetti: leggero sedativo nell'acqua delle tinozze e disinfettati con Germozero in sede di prelievo.<br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLl8diSGuoYZqg8-4w6ETrq0GLGlSM5uBN-Wb-a6vueI1VGxlrkClWK9sYRVfMN-iYAOl4cWBtPP-BO74_rAwJZP7SBTEEOxtfnB7Yz4y5escZuSBheGJ2ljPl9qUSpAH7yf5hSxBvOng/s1600-h/1258732424.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432574027763256146" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLl8diSGuoYZqg8-4w6ETrq0GLGlSM5uBN-Wb-a6vueI1VGxlrkClWK9sYRVfMN-iYAOl4cWBtPP-BO74_rAwJZP7SBTEEOxtfnB7Yz4y5escZuSBheGJ2ljPl9qUSpAH7yf5hSxBvOng/s400/1258732424.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 300px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 400px;" /></a><br /><br />Questo studio di vasta portata, prevede nella tarda primavera prossima la presentazione dei dati, con l'obiettivo di identificare con certezza quali sono i nostrani e gli alloctoni, non sempre è così facile come sembra: stamane si è discusso un bel pò tra me, il re, e lo studioso, alquanto in disaccordo su alcune livree. Proprio per questo ed altri motivi, credo che la presentazione dei risultati dello studio, potrebbe interessare ai soci e non solo. Volendo, si può anche partecipare personalmente allo studio dando il nostro contributo(assai gradito). Si tratta di fotografare, misurare pesare, e fin qui tutto facile, poi bisognerebbe prelevare una squama, un piccolo pezzo di caudale e stòccare adeguatamente i reperti. Non è difficile come sembra: con un bisturino od anche un cutter piccolo si allenta la squama, con una pinzetta la si toglie e la si mette con qualche millimetro quadro in alcool 70%.<br />Ideale sarebbe compilare il foglio qui sotto, che ho ridotto pixel, ma che posso inviare anche "originale" a chi fosse interessato.<br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNB9HjhgZDBV89NPB2Q6nmIgd8XvOYEI6uiS3oOadYNnSHMxyfnOm4dgNZ5DSHmytJGqXfwpwITRkFltn6wYHwDY-2NA-ViRYq5XcEitSFVYVrUcV33ZPZdUd95I9twxh0Ybl12ScHXMg/s1600-h/1258735076.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432574484956505250" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNB9HjhgZDBV89NPB2Q6nmIgd8XvOYEI6uiS3oOadYNnSHMxyfnOm4dgNZ5DSHmytJGqXfwpwITRkFltn6wYHwDY-2NA-ViRYq5XcEitSFVYVrUcV33ZPZdUd95I9twxh0Ybl12ScHXMg/s400/1258735076.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 251px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 400px;" /></a><br /><br />Questo è il retro, con vari tipi di livrea:<br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSZ5ggAb-8-qrnJ5OW6ri9jgV-qjT9CCqiUiuvuwVNrAzF9ZwOYEHemCtTa7V-llr_XjDHQcCPd09zDY8V06UaBf0b44cOyY5NZhk-WAvGAd5mlUIhhRr2TaORs7zCnNGoY9BZL8AtVu4/s1600-h/1258735409.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432574696923307874" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSZ5ggAb-8-qrnJ5OW6ri9jgV-qjT9CCqiUiuvuwVNrAzF9ZwOYEHemCtTa7V-llr_XjDHQcCPd09zDY8V06UaBf0b44cOyY5NZhk-WAvGAd5mlUIhhRr2TaORs7zCnNGoY9BZL8AtVu4/s400/1258735409.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 254px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 400px;" /></a><br /><br />Lo so, è una rottura di palle, ma se a qualcuno interessano anche gli aspetti scientifici dei nostri amici, questa è un'ottima occasione per far qualcosa.<br />Già che ci sono aggiungo la foto di Roberto con un nostrano e del re con un danubiano 100%<br /></span><br />
<div style="text-align: center;">
<span class="fullpost"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5sYkDIPCvM_sa2pGperQWrsmHqNKY_DR555dt8vx0kuMTLQiejS4Q-l-mXQvppoSrgWUJozEBOqBctsNrBKhRO9Oqu6TBbqJbSCEX01vJwtjEfVwniTUMZcYsRUUBQvc-7611OIbO-oc/s1600-h/1258735792.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432575467891900050" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5sYkDIPCvM_sa2pGperQWrsmHqNKY_DR555dt8vx0kuMTLQiejS4Q-l-mXQvppoSrgWUJozEBOqBctsNrBKhRO9Oqu6TBbqJbSCEX01vJwtjEfVwniTUMZcYsRUUBQvc-7611OIbO-oc/s400/1258735792.jpg" style="cursor: pointer; height: 300px; width: 400px;" /></a> <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEine_YNHF7l9YIqlHlw9uC5Ili5p8c4C6138dHTydIcmjvJsn97tRdpM0yCiN8AHS3GNu1SGgzGCKUUMH7abuO64ocGO2_fj_4MeLLvq_3dLnttX5os6gSHC6gwOQArsxd3A1ERWI9JcLE/s1600-h/1258735928.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432575759355104226" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEine_YNHF7l9YIqlHlw9uC5Ili5p8c4C6138dHTydIcmjvJsn97tRdpM0yCiN8AHS3GNu1SGgzGCKUUMH7abuO64ocGO2_fj_4MeLLvq_3dLnttX5os6gSHC6gwOQArsxd3A1ERWI9JcLE/s400/1258735928.jpg" style="cursor: pointer; height: 302px; width: 400px;" /></a></span></div>
<span class="fullpost"><br /><br />Buon weekend a tutti!<br /><br />Carlo (lupodifiume)</span>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6034208552159622852.post-51364820715742158522009-11-15T20:45:00.007+01:002012-09-29T18:12:20.544+02:00Luccio day 5<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLHC_N6ZKtY_qJSd82AwvQjrl0HRN8xqod0CG4f9waK7pBc_MOMFTT1iYE-q7rwQ_isbp4wWToMddR2tVa2BNIHGSVTMt1Q5hn647bkLoEj0rwMe2aFS5vqcybPTLYBB5nPnCr4HC4104/s1600-h/Fimon-207.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5432457458046528882" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLHC_N6ZKtY_qJSd82AwvQjrl0HRN8xqod0CG4f9waK7pBc_MOMFTT1iYE-q7rwQ_isbp4wWToMddR2tVa2BNIHGSVTMt1Q5hn647bkLoEj0rwMe2aFS5vqcybPTLYBB5nPnCr4HC4104/s200/Fimon-207.jpg" style="cursor: pointer; float: left; height: 69px; margin: 0pt 10px 10px 0pt; width: 92px;" /></a>Anche quest'anno a Fimon si è tenuto il consueto appuntamento autunnale di pesca al luccio da belly e natante. Giunta alla quarta edizione la manifestazione rappresenta ormai un appuntamento obbligato per gli appassionati del luccio. Rispetto agli altri anni la data è stata spostata in avanti di un paio di settimane.<br />
<a name='more'></a><span class="fullpost"><br />Qua sotto potete vedere la locandina dell'evento con l'ormai classico programma<br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-MooPKeZq7SQIGXPxFZUmJnPqnddxIgp4a-LnbYrUYD4T9WV4kCnLHH5TD4uNMIaLjAn502A44RVfN6hc-Lhmm2TVvlGn5zBAQ7OAqocjtqRBwBkFTTQP2wpiHP1VaLOP1G9dGVh7o7g/s1600-h/post-906064-1255602472.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5430842687246658962" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-MooPKeZq7SQIGXPxFZUmJnPqnddxIgp4a-LnbYrUYD4T9WV4kCnLHH5TD4uNMIaLjAn502A44RVfN6hc-Lhmm2TVvlGn5zBAQ7OAqocjtqRBwBkFTTQP2wpiHP1VaLOP1G9dGVh7o7g/s320/post-906064-1255602472.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 261px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 370px;" /></a><br />Grande successo di partecipanti come sempre, e si è visto anche qualche bel pesce come testimonia il bellissimo 110 qui sotto uscito in zona Cesarini<br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7T3qP1MxeJMobnC-H_qhWrFIEDJ1qNJ2yC4Pxw7gx8kzZcz-uPFPTSHZdnpDMZep_6PWUfkQ66DehnTWyS-OO3n6L6Dlc-gH-qvAx_XXups3rnGS5M7LC18ryfO0hGtv8XBjWGFhIAa4/s1600-h/post-906064-1258446709.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5430844220101098946" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7T3qP1MxeJMobnC-H_qhWrFIEDJ1qNJ2yC4Pxw7gx8kzZcz-uPFPTSHZdnpDMZep_6PWUfkQ66DehnTWyS-OO3n6L6Dlc-gH-qvAx_XXups3rnGS5M7LC18ryfO0hGtv8XBjWGFhIAa4/s320/post-906064-1258446709.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 384px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 305px;" /></a><br />I nostri equipaggi si sono distinti come al solito nel tradizionale ritrovo a centro lago. Quasi tutti a segno con almeno un pesce. Il big di giornata è stato del maestro accompagnato dal figlio che non è stato con le mani in mano...<br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijDMSok4mDbdsMiVhxTBI_qbz28EAFZ9z-LJqP8i_FVKB9Jv-2l7qsgz8U4TxCoDOb1GqhmvkQC-ctnuD_0MKOyTqX21nzl14aQN064CHVohnOBwrritbLsj8cbCSz5ta1aNDDg0vHn8c/s1600-h/post-906064-1258319086.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5430845438906978658" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijDMSok4mDbdsMiVhxTBI_qbz28EAFZ9z-LJqP8i_FVKB9Jv-2l7qsgz8U4TxCoDOb1GqhmvkQC-ctnuD_0MKOyTqX21nzl14aQN064CHVohnOBwrritbLsj8cbCSz5ta1aNDDg0vHn8c/s320/post-906064-1258319086.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 425px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 319px;" /></a><br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiudZIqzZpV35YXVWIFZdRYFki9LIkcaXCtZkYQx89ZXAy8OaNURNkvibcjiM6rq2pqG-IfygLhpzMzrmhw9pLq8WXkBY5glkixwQAeRG-jFCUOwSMb3dmBoS2e1AoL9jTg3YLyiuGge5s/s1600-h/post-906064-1258319051.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5430845744963434850" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiudZIqzZpV35YXVWIFZdRYFki9LIkcaXCtZkYQx89ZXAy8OaNURNkvibcjiM6rq2pqG-IfygLhpzMzrmhw9pLq8WXkBY5glkixwQAeRG-jFCUOwSMb3dmBoS2e1AoL9jTg3YLyiuGge5s/s320/post-906064-1258319051.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 290px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 388px;" /></a></span>Unknownnoreply@blogger.com