Delle circa 50 specie autoctone di pesci che vivono nei nostri fiumi, laghi e lagune, 3 si sono già estinte e 22 sono, a diverso grado, in pericolo di estinzione. Sono questi i dati allarmanti rivelati nel nuovo dossier WWF “2008. Acque in Italia. L’emergenza continua: a rischio molte specie di pesci”, presentato alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua del 22 marzo.
La salvaguardia dei pesci d’acqua dolce rappresenta una sostanziale priorità di conservazione degli ambienti italiani: i pesci non solo sono importanti indicatori di qualità ambientale, ma rappresentano soprattutto gli elementi fondamentali di quella ricchezza di specie, biodiversità, che rischia di ridursi sempre più velocemente.
Nel bacino del Po si trovano molte delle specie endemiche in pericolo. l’Anguilla, una delle specie più importanti per la pesca e per l’acquacoltura, in grado di vivere in una straordinaria varietà di ambienti, dalle acque oceaniche e marine costiere fino ai laghi e corsi d’acqua; la Lampreda padana, anch’essa in forte riduzione per l’impoverimento dell’habitat. lo Storione cobice, nel bacino del Po e in alcuni fiumi del Veneto, una specie che migra tra gli estuari dei fiumi per poi risalire nel periodo di riproduzione i grandi fiumi, oggetto soprattutto della pesca professionale, la Trota marmorata, presente in alcuni corsi d’acqua dell’Italia settentrionale, tra le prede più ambite dei pescatori sportivi ma minacciata soprattutto da tutti gli interventi sui corsi d’acqua come la costruzione di argini artificiali, sbancamenti, prelievi di ghiaia, ma anche prelievi eccessivi di ghiaia, variazioni di portata dei fiumi per sfruttamento di energia elettrica, nei periodi di riproduzione. Il luccio un tempo numeroso nei canali di bonifica di veneto ed emilia oggi in grave difficoltà a causa di prelievi idrici sconsiderati e dell'introduzione di specie alloctone. Il Carpione del Garda, vive solo nel Lago di Garda, anch’esso presente solo in acque pulitissime, ad alto rischio sia per la pesca eccessiva che per l’inquinamento delle acque del lago il Panzarolo, tipico delle risorgive e endemico della regione padana.
Tabella riassuntiva ittiofauna di acqua dolce in pericolo e cause principali (clicca per ingrandire).
Legenda: A2 artificializzazione degli alvei fluviali e costruzione di sbarramenti fluviali lungo i corsi d’acqua, A3 Inquinamento delle acque, B5 Inquinamento genetico, B6 Pesca eccessiva, B7 Pesca illegale, B8 Competizione o predazione da parte di specie alloctone, C1 Cause naturali
Nel resto d’Italia segnaliamo il Ghiozzo di ruscello, un endemismo italiano capace di vivere solo in acque limpide e ben ossigenate ancora nei presenti in pochi fiumi dell’Italia centrale, il Carpione di Fibreno, che vive unicamente in questo piccolo lago dell’Italia centrale, la Trota macrostigma, delle regioni peninsulari tirreniche, Corsica, Sardegna e Sicilia, colpita da numerosi estinzioni ‘locali’, la Lampreda di ruscello, tipica delle aree peninsulari tirreniche in forte riduzione per il degrado degli habitat.
Delle 50 specie di pesci che vivono nelle nostre acque dolci l’unica fuori pericolo è il Cavedano, un pesce molto resistente agli inquinamenti e capace di nuotare persino in acque cosiddette eutrofiche a causa di scarichi industriali. Anche questa specie peraltro in alcune zone come il Delta del Po appare in forte rarefazione a causa della recente introduzione dell'aspio, pesce simile ma di taglia maggiore, che ne occupa la stessa nicchia ecologica.
Le cause di questa situazione sono riconducibili in gran parte alla gestione inefficiente della rete idrografica superficiale e alle distruzioni degli habitat naturali (canalizzazioni, dighe, traverse, escavazioni in alveo, inquinamento delle acque, introduzione di specie alloctone), favorite da una grande confusione normativa, dalla frammentazione di competenze e risorse e dalla tardiva o mancata applicazione di direttive internazionali, in particolare la Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE, e la Direttiva habitat 92/43/CE, per cui l’Italia è stata già più volte richiamata o condannata dall’Unione Europea. La rarefazione della fauna ittica italiana è sintomo della gravità della situazione delle acque interne, un degrado generalizzato della rete idrografica superficiale. La corretta tutela degli ecosistemi acquatici dovrebbe tener conto dei processi ecologici che ne garantiscono la funzionalità, ma dovrebbe tenere in adeguata considerazione anche i valori naturalistici che la stessa Unione Europea ha evidenziato nella Direttiva Habitat.
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