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venerdì 18 gennaio 2008

Luccio una specie in estinzione in Italia. Noi cosa possiamo fare?

E' triste constatare come purtroppo in molti luoghi il nostro amico se la passa decisamente male, in alcuni è addirittura in via di estinzione, e la tendenza è al peggioramento. Forse per un momento dovremmo smettere di chiederci "cosa fa il luccio?", "con che esca è meglio pescarlo?","con quale attrezzatura?" ed in modo kennediano dovremmo chiederci "noi cosa possiamo fare per il luccio?".

Non pretendo di dare risposte esaurienti a riguardo, ma va da se che per prima cosa, dobbiamo cercare di inquadrare i problemi e poi individuare le migliori strategie per affrontarli. In quest'ottica riportiamo una sintesi, con alcune considerazioni personali, della relazione del Dr. Cesare Puzzi della GRAIA srl tenuta al recente convegno di Ittiologia relativo alle acque dolci Italiane "Ia Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica ad Arezzo".
Si parla dei problemi in generale dei pesci autoctoni, in particolare delle specie cosiddette pregiate e che rappresentano potenziali indicatori biologici (trota, luccio, tinca ad esempio). La lucidità dell'analisi è esemplare ed invita a riflettere.
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Il primo problema è la frammentazione dell'habitat. Quando si costruisce una soglia, una traversa, si costruisce una diga, si interrompe il corridoio fluviale e questo è un problema grossissimo dal punto di vista della percorribilità del corso d'acqua, perchè si introduce una frammentazione dell'habitat. Gli effetti principali sulla fauna ittica sono questi tre.
  • Impossibilità per le specie migratrici di raggiungere i siti riproduttivi o di accrescimento a monte
  • Impossibilità di dispersione, che è una strategia di conservazione della specie
  • Suddivisione in più popopolazioni di pochi individui
Poi c'è il problema della distruzione dell'habitat, che significa per esempio artificializzare un corso d'acqua, rendendone la sezione omogenea, significa artificializzarne le rive, significa sottrarre l'acqua perchè serve per uso idroelettrico o irriguo, quindi si toglie l'acqua, si toglie l'habitat.
Gli effetti: oltre alla ridotta disponibilità trofica, mancano i siti riproduttivi, si osserva, quando si riduce molto l'acqua, una sovrapposizione di nicchie tra le varie specie, si riducono, anche di dimensione, le specie ittiche, producendo un effetto tossico diretto. In questo contesto metto anche il problema degli scarichi. E' vero che i piani di risanamento provinciali e regionali vanno avanti, gli impianti di depurazione si fanno, ma ancora si osservano scarichi con tossicità diretta.

Terzo problema la deriva genetica, legato ai primi due. La variabilità genetica rappresenta quell'insieme di differenze fra individui della stessa o diverse popolazioni codificate nel nostro menoma.... Quali sono quindi gli effetti della perdita di variabilità genetica? Anzitutto aumento l'embreeding ossia l'accoppiamento tra consanguinei. Ciò ha un effetto negativo sulla sensibilità alle malattie, sulla fertilità sulla resistenza neo-natale. In conseguenza si ha una deriva genetica, che consiste nella fissazione casuale di geni non adattativi e la perdita casuale di geni adattativi, producendosi quell'effetto cosiddetto a collo di bottiglia, per cui i pesci hanno una difficoltà molto maggiore ad adattarsi al variare delle condizioni ambientali. Quindi tutto un insieme di caratteri diversi (frammentazione, riduzione dell'habitat, elementi di disturbo) si concentra in pochi esemplari che danno luogo ad una progenie molto simile, tutta fatta da consanguinei che non è in grado di adattarsi e questo è un effetto che già incomincia a vedersi in molti casi.

   
Fig. I Pseudorasbora (sx) e Siluro (dx)

Altro problema sono le specie esotiche. Ad esempio la Pseudorasbora (pesce alloctono che ha sostituito l'alborella in molte zone n.d.r.), che costituisce veramente un grosso problema, ma pensate al Siluro. Su questo pesce abbiamo fatto un approfondimento sul fiume Ticino che ci ha mostrato come vada temuto, perchè è un pesce che, contrariamente al suo aspetto di pesce di fondo, si dimostra invece molto abile nel nuoto. E' un pesce che, lungo il fiume Ticino, abbiamo trovato anche nelle rapide, in prismata, con velocità in corrente molto sostenuta, e tutte le tane che si pensava abitate o da trota Mormorata o da Lucci in realtà erano abitate da Siluri....omissis....il Siluro diventa ittiofago fra il 2° e 3° anno di età quindi intorno al mezzo chilo di peso e rimane ittiofago stretto fino a tutta la sua vita arrivando fino a oltre i 100/150 chili. Quindi, ricapitolando, abbiamo, oramai saldamente insediato nei nostri ecosistemi acquatici, un pesce avvantaggiato dalle sue caratteristiche di autoecologia. di grandissime dimensioni, con predazione notturna, capacità di utilizzo di tutti i rifugi disponibili, adattabile a tutti i tipi di meso-habitat che può tovare, dalla lanca, al fiume, al lago, al corso d'acqua veloce, a quello lento. E' un pesce quindi che dobbiamo temere e contenere in tutti i modi, infatti impossibile eradicarlo perchè ha anche una fecondità relativa altissima, riproducendosi in tutti gli ambienti, potendo deporre le uova in qualsiasi condizione...

In questo elenco considereremo marginale il prelievo di pesca, questo alla fine senz'altro può decidere sulla qualità della fauna ittica se fatta secondo criteri sbagliati, può dare fastidio, ma messo in confronto con i vari problemi elencati ben ultimo come ordine di grandezza. Chiaramente diventa però un fattore di minaccia quando non rispetta più la rinnovabilità delle risorse, lo stock, pensiamo al bracconaggio.

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Vediamo adesso se è possibile agire su queste cause negative, se è possibile fare qualche cosa. Azioni di recupero possono essere applicate direttamente sulla specie, ma prima ancora occorre tentare di intraprendere tutte quelle azioni di contrasto alle singole fonti di minaccia; prima si interviene sulla minaccia e solo dopo sulla specie. Qualche esempio.
Per la frammentazione dell'habitat esistono le tecniche per poter superare il problema semplicemente costruendo un passaggio artificiale per i pesci laddove esiste una soglia, una briglia, una traversa. Il momento giusto per andare a mettere un passaggio artificiale è quando ci sono dei lavori straordinari dimensionandolo per una certa portata. Molto spesso i passaggi sono fatti a caso e quindi non funzionano proprio perchè non è progettato in funzione di una certa portata il sistema di risalita. Vista la complessità ittica di un fiume in buona salute, che può comprendere anche una cinquantina di specie, serve un passaggio artificiale valido per tutti. Non ci sono solo pesci che saltano, ma anche quelli che nuotano sul fondo, pesci piccoli, grandi e allora il sistema di passaggio più indicato risulta quello di una rapida artificiale.
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Fig. II Sponde naturali (Gorizia, sx) e cementificate (Codigoro, dx)

Riduzione dell'habitat
disponibile. Anche qui ci viene in aiuto l'ingegneria naturalistica con tantissime tecniche. Molto spesso l'ingegneria naturalistica è fatta per soddisfare esigenze di bellezza del paesaggio, non c'è ovviamente solo questo aspetto, ma si tratta, per quanto riguarda i pesci, di lavorare sugli alvei di magra. Non si parla di grandi opere, come ad esempio realizzare opere in calcestruzzo, ma di utilizzare semplice pietrame e legname per ridare un minimo di forma al corso d'acqua, si tratta cioè di agevolare il fiume a riprendere quell'andamento tipico a meandri, che comunque il fiume riprenderebbe da solo magari in 100 anni, si cerca cioè di velocizzare questo processo.
Specie esotiche, cosa si può fare? Innanzitutto è necessario avere precisa conoscenza del fenomeno, a volte mancano proprio le nozioni di base. Arriva, ad esempio, la Pseudorasbora, esplode e sostituisce l'Alborella, specie piccola ma estremamente importante. Della Pseudorasbora non si sa niente, cosa mangia, quanto cresce, che preferenze ambientali ha, quanto si riproduce che fecondità relativa ha. Senza queste nozioni non la si può combattere. Anche per quanto riguarda il contenimento, non si può eradicare una specie così invasiva come il Siluro e la Pseudorasbora, usando azioni d'elettropesca o di pesca specifica sulla specie. Altro punto chiave, la sensibilizzazione. Tutti i pescatori devono essere consapevoli dei rischi che si corrono ad immettere un pesce nuovo in un corso d'acqua. La legge è ovviamente un altro strumento e sostegno delle specie autoctone.
Viste le minacce e visto ciò che è possibile fare per contrastare tali minacce, adesso si può affrontare il discorso delle azioni di conservazione e recupero della specie, avendo cura di calibrare bene questo aspetto con tutti gli altri, nel senso che va ribadito che il presupposto la rimozione delle minacce e loro mitigazione, dopodichè può seguire un minimo di progettazione. Quindi: indagine storica, valutazione degli effetti sull'ecosistema acquatico di qualsiasi ripopolamento, valutazione del quadro socio-economico e da ultimo, progettazione, realizzazione, verifica e divulgazione dei risultati.
Gli strumenti gestionali. Ci sono gli interventi diretti come la reintroduzione e il ripopolamento, gli incubatoi ittici, il controllo delle specie esotiche ed interventi indiretti, ovvero gli strumenti legislativi, la carta ittica ed interventi sull'habitat tra cui alcuni esempi sono la rinaturalizzazione, la manutenzione del canneto, i passaggi per pesci, i substrati artificiali per la frega. In chiusura i problemi, le minacce ci sono e sono tanti, racchiusi essenzialmente in quei cinque gruppi di problemi, ma credo anche che esistano strumenti, possibilità per contrastarli, operando di concerto con i pescatori ed opinione pubblica. "

Link ai lucidi della relazione completa (powerpoint)