In questo interessante articolo a cura del Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell'Università di Ferrara si analizza la storia dell'introduzione carpa erbivora, o amur al fine di limitare la crescita delle piante acquatiche nei canali di bonifica della Provincia di Ferrara, e il fortissimo impatto che questa specie ha avuto su molti ecosistemi già provati dall'azione antropica.
L'articolo in oggetto "La carpa erbivora nella provincia di Ferrara: alcune considerazioni a vent’anni dall’introduzione", di Castaldelli, Lanzoni, Mantovani e Rossi (Dipartimento di Biologia ed Evoluzione, Università degli Studi di Ferrara e Servizio Protezione Flora e Fauna, Provincia di Ferrara), Pescasport, Ed. Greentime, Bologna 2009, n.6 Dicembre 2009/Gennaio 2010, rappresenta una lettura a dir poco istruttiva sugli errori commessi in passato nella gestione delle acque e sulle drammatiche conseguenze a cui questi possono portare. Per questa ragione, con il permesso degli autori, lo riportiamo nel seguito nella sua interezza.
Figura 1. Esemplare di carpa erbivora catturato nella provincia di Ferrara
"Alla fine degli anni sessanta l’eutrofizzazione iniziò a diventare un problema diffuso nelle acque italiane. In particolare, nei canali di bonifica della bassa padana era ancora presente una diversificata comunità di piante acquatiche la cui crescita, a seguito dell’aumento della disponibilità di azoto e fosforo, divenne invasiva causando problemi di gestione. Per gli appassionati di pesca furono anni memorabili perche l’aumento della produttività di questi ecosistemi determinò un relativo aumento di produzione ittica. Tutte le specie il cui ciclo vitale è legato alla presenza di vegetazione crebbero e furono anni da tinche e lucci, triotti, scardole ed alborelle; il persico trota ed il pesce gatto divennero infestanti in alcuni canali. Tornando alla gestione, per limitare la crescita delle piante acquatiche, nel 1975 la Regione Emilia Romagna istituì un Comitato Tecnico per sperimentare il diserbo biologico tramite la carpa erbivora. Le prime immissioni sperimentali furono effettuate tra il 1975 e 1985, in canali della provincia di Ferrara, sotto controllo e monitoraggio delle Università di Bologna e di Ferrara del Consorzio di Bonifica del II Circondario del Polesine S. Giorgio. Successivamente, negli anni 1987 e 1988 le Amministrazioni Provinciali di Ferrara, Bologna, Modena e Ravenna seminarono nei canali di bonifica 203 quintali di carpa erbivora, di lunghezza compresa tra i 20-30 cm. La Legge Regionale sulla pesca del 6 agosto 1979 n. 25 fu integrata con una parte in cui veniva promosso il ripopolamento ittico, ai fini di operare un diserbo biologico nelle acque interne regionali, mediante immissioni di idonee specie di fauna acquatica. Tramite una Delibera della Giunta Regionale del 1987, fu imposto un divieto di cattura e detenzione di esemplari di carpa erbivora inferiori alla lunghezza di 50 cm, limite successivamente portato ad 80 cm l’anno successivo. Attualmente nelle acque interne dell’Emilia-Romagna non è presente nessun limite di cattura per la specie carpa erbivora (Norme Inerenti L’Esercizio della Pesca Nelle Acque Interne, Regione Emilia-Romagna, anno 2005).
Nella provincia di Ferrara la sperimentazione fu condotta dal 1976 all’1984, con le prime immissioni effettuate nei canali Campogrande e Campocieco, nelle vicinanze di Rovereto e S. Antonino, presso l’abitato di Cona, con esemplari del peso tra 200 g e poco più di un kg e densità di semina di 50 kg/ha, arrivando ad un totale di 1895 esemplari immessi per un peso di 1510 kg. Le indagini effettuate nei quattro anni successivi all’84 nel canale Campocieco e Campogrande evidenziarono la totale scomparsa di miriofillo e ceratofillo, dialettalmente dette “grata”, e della canna palustre. Gli stessi risultati furono documentati anche nel canale S. Antonino.
Dopo le immissioni di carpa erbivora del biennio 1987-88, nei canali di bonifica di Denore, nelle fosse Bevilacqua, Martinella e Galavrona fu documentata una pressoché immediata riduzione del 50% degli interventi di diserbo meccanico.
Le immissioni di carpa erbivora, effettuate nel periodo 1985-88 nella Fossa dei Masi, Fossa Gattola, canale Convogliatore e Fossa di Portomaggiore, le cui acque vengono recapitate direttamente nel Canale Circondariale del Mezzano, ebbero come risultato che gli esemplari immessi si spostarono quasi subito nel C. Circondariale. Sebbene solo pochi esemplari di quelli immessi fossero rimasti nei canali di immissione, negli anni immediatamente successivi si è registrata la totale scomparsa delle vegetazione acquatica sia sommersa che flottante (da “La carpa erbivora in Emilia-Romagna, aspetti biologici e gestionali”, di P. Melotti, C. Resta, A. Cavallari 1989).
Figura 2. Particolare dell’apparato masticatore della carpa erbivora
Note di biologia della carpa erbivora
La carpa erbivora o Amur, il cui nome scientifico è Ctenopharyngodon idellus, appartiene all’ordine dei Cipriniformi della famiglia dei Ciprinidi, come le altre specie alloctone di carpa, sempre di provenienza asiatica, la carpa argento Hypophtalmichthys nobilis, la carpa testa grossa Aristichthys nobilis e la carpa comune Cypinus carpio. E’ un pesce di taglia grande e può superare il metro di lunghezza e i 30 kg di peso (Berg, 1932); esemplari record del peso di oltre 180 Kg sono stati pescati negli habitat originari (Lopinot, 1972). L’areale originario della carpa erbivora comprende tutto il bacino del fiume Amur (Gandolfi, 1991), e come indicato da Nikol’skii, Shirema e Smith anche tutti i grandi fiumi di pianura della Cina orientale. Specie rustica ed in grado di tollerare condizioni molto restrittive delle acque e tutt’altro che favorevoli per altre specie ittiche. Dal comportamento gregario e furtivo, risulta difficile stimarne la numerosità e le taglie in ambienti di acque torbide. La dieta completamente vegetariana la configurano come una delle specie più innocue e bonarie tra i ciprinidi di grandi dimensioni. Tuttavia, il nome del genere Ctenopharyngodon deriva dalla conformazione dell’apparato masticatore che, grazie alla presenza di forti denti faringei seghettati e disposti su due file, svolge una funzione di vera e propria triturazione del cibo, permettendo l’assunzione anche di vegetali provvisti di tessuti lignei. In particolare, nelle acque italiane tra le piante acquatiche consuma preferenzialmente il ceratofillo, la lenticchia d’acqua, la brasca, il miriofillo e, tra quelle emergenti, la tifa e la canna palustre mentre disdegna le ninfee bianche e quelle sfrangiate, più piccole e con i fiori gialli; questa è la ragione della invasività delle ninfea sfrangiata gialla in alcuni canali ferraresi dove non è presente nessuna altra pianta acquatica. Vari Autori come Opuszynski (1972) e Wattendorf e Anderson (1987) sono concordi riguardo la quantità di cibo ingerita quotidianamente allo stadio adulto, in un ambiente alla temperatura di circa 20°C e dove il cibo non sia limitante, pari al 50-60 % del peso vivo dell’animale; all’aumentare del metabolismo, in relazione all’aumento di temperatura, di pochi gradi, fino a 22-24 °C, tale percentuale raggiunge valori compresi tra 100-120 %. I canali del Ferrarese, da metà maggio a metà settembre presentano temperature superiori a 24 °C.
Figura 3. Azione della carpa erbivora su fusti adulti di cannuccia di palude
La carpa erbivora o Amur in relazione all’ecologia delle acque
Da un punto di vista ecologico, gli effetti del sovra-pascolo, ovvero ciò che si verifica se il numero di esemplari di carpa erbivora presenti in un dato ambiente è eccessivo, sono molto gravi, più di quelli causati da un eccessivo numero di altre specie alloctone. Numerosi studi internazionali come quelli di Canfield (1988) e Earl (1992) hanno evidenziato le conseguenze dirette ed indirette della introduzione della carpa erbivora. Fin dalle prime fasi successive alla introduzione della specie, si verifica un generale intorbidimento e peggioramento della qualità delle acque, evidenziato anche dall’aumento delle concentrazioni di azoto e fosforo, rilasciati per attività di escrezione e con le feci. Ciò è strettamente dipendente dal tipo di alimentazione della carpa erbivora, che nutrendosi quasi esclusivamente di materiale vegetale, a basso valore nutritivo, ne deve assumere grandi quantità. In relazione alla bassa digeribilità di queste piante, grandi quantità di feci sono continuamente espulse, andando ad aumentare la torbidità dell’ambiente, sia direttamente, per l’emissione di un grande quantità di particelle vegetali finemente triturate, pari circa al peso dell’animale ovvero quanto l’animale ha ingerito giornalmente, sia indirettamente, perché l’escrezione di azoto ammoniacale, soprattutto in estate quando la disponibilità di azoto in alcuni canali è molto bassa, favorisce lo sviluppo di alghe fitoplanctoniche e il conseguente ulteriore aumento della torbidità; entrambi i termini, danno all’acqua una colorazione verde-marrone, per la abbondante presenza di alghe microscopiche ma con tonalità opache, segno della presenza di particellato organico fine in decomposizione e di crescite batteriche, fattori che inoltre contribuiscono ad abbassare il contenuto di ossigeno delle acque. Si viene quindi a determinare un circolo vizioso che mantiene l’ecosistema in uno stato di elevato rischio e di grande semplificazione a tutti i livelli alimentari, e con una comunità ittica estremamente semplificata.
Alcuni autori, come Lesile e Koblynski (1985) e Klusmann (1988) hanno ampiamente documentato fenomeni di questo tipo in numerosi laghi e fiumi dell’ex Unione Sovietica, dove a seguito della introduzione di carpa erbivora, è rapidamente scomparsa la vegetazione acquatica e con essa sono istantaneamente scomparse numerose specie di crostacei e specie ittiche, il cui ciclo vitale dipende strettamente dalla presenza di piante acquatiche sommerse, non solo per la alimentazione ma anche per la deposizione delle uova e per il rifugio e alimentazione degli stadi giovanili. Gasaway (1976) e Bettoli (1991) hanno dimostrato la relazione di causa ed effetto tra l’introduzione della carpa erbivora e la scomparsa di molte specie ittiche, indipendentemente dall’insorgere di altri fattori di disturbo, quali inquinamento di varia origine e/o l’introduzione di predatori alloctoni. L’esempio più calzante è quello descritto da Aliyev, (1976) riguardante numerosi laghi in cui a seguito di consistenti immissioni di carpa erbivora si è verificato un immediato, drastico calo di due specie ittiche strettamente associate alla vegetazione, la tinca ed il luccio.
Come riportato nella Carta Ittica dell’Emilia-Romagna, Zona B, in Provincia di ferrara, in base a campionamenti effettuati dal 2003 al 2005, in 50 siti omogeneamente distribuiti, la comunità ittica è risultata fortemente semplificata e dominata da specie detritivore quali carpa, carassio, abramide e da predatori adattati ad acque torbide quali siluro e lucioperca, mentre sono stati catturati solo due esemplari di tinca e uno solo di luccio. Differentemente, come riportato da Cavicchioli (1976) e, più recentemente nel volume “Elementi di predisposizione della Carta Ittica regionale” (AA.VV, 1992), gli stessi canali presentavano una comunità ittica completamente differente, composta anche da ciprinidi autoctoni quali tinca, scardola, triotto, alborella e da predatori tipici di acque poco torbide, quali persico reale, persico trota e luccio. Questa comunità ittica si mantenne fino alla prima metà degli anni ottanta, per poi cambiare rapidamente nella seconda metà, proprio quando iniziarono le immissioni massicce di carpa erbivora.
Al presente, in base ai risultati dei campionamenti del triennio 2006-08, effettuati con tecniche specifiche per la stima della carpa erbivora, la specie è risultata presente in tutti i canali maggiori della provincia di Ferrara. L’ampia distribuzione delle taglie degli individui catturati conferma la permanenza nella rete idrica degli individui introdotti a fine anni ottanta, ora di peso compreso tra dieci e venti chilogrammi. A questi si aggiungono quelli provenienti da semine successive, non rientranti comunque in piani approvati dalla Provincia, protratte fino al presente, come confermato con la cattura nel Canal Bianco, nel canale Andio e nel canale Seminiato, a fine ottobre del 2007, di individui di lunghezza media di 20 cm e peso medio di 180 g.
In tutti i canali in cui è stata censita la presenza della carpa erbivora la vegetazione sommersa è risultata del tutto assente, tifa e canna palustre scarse mentre era presente la nifea sfrangiata che la carpa erbivora non mangia."