Nel Vecchio Continente i costi causati all'agricoltura, alla pesca, alle foreste, alle infrastrutture dalle specie animali alloctone ammontano a 12 miliardi di euro l'anno, senza tenere conto dei guasti creati alla biodiversità. Ora la Ue si sta sforzando di coordinare gli sforzi per contrastare l'invasione. E l'Italia, paese-ponte tra due continenti, è in prima linea.
La differenza principale con la lotta al crimine sta nelle risorse messe in campo. Se le polizie di mezzo mondo possono contare su uomini e mezzi in abbondanza, a contrastare la diffusione degli animali alloctoni, ovvero delle specie che non sono tipiche di un luogo, sono solo un pugno di uomini: biologi, veterinari e agenti del corpo forestale. Eppure la posta in gioco è altissima. Secondo alcuni calcoli, il solo gambero della Louisiana tra ripercussioni sulla pesca e distruzione degli argini, può arrivare a provocare ogni anno nel Lazio danni fino 1,2 milioni di euro. In Europa i costi causati all'agricoltura, alla pesca, alle foreste e alle infrastrutture dalle oltre diecimila specie alloctone presenti nel Vecchio Continente ci costano qualcosa come 12 miliardi di euro l'anno. Un calcolo fatto ampiamente per difetto, visto che non tiene conto dei guasti inestimabili alla biodiversità. Lo stesso bilancio fatto negli Stati Uniti si aggira infatti sui 137 miliardi.
Da qualche anno l'Unione Europea ha deciso però di migliorare e coordinare gli sforzi per contrastare il fenomeno, dando vita a una sorta di Interpol anti-alieni raccolta attorno al progetto Dasie. Una delle novità dell'approccio usato dal Delivering Alien Invasive Species In Europe è proprio quella di schedare tutti i pericolosi intrusi, mettendo online sul sito www. europe-aliens. org un grande database con le informazioni utili per scovarli, identificarli e contrastarli. E in questa battaglia, nell'ennesimo parallelo con lotta alla criminalità organizzata, l'Italia è in prima linea.
"Siamo una regione ponte tra due continenti e abbiamo al nostro interno una grande quantità di microclimi. La nostra fauna acquatica è ormai in gran parte frutto di introduzioni, casuali o volontarie", spiega Piero Genovesi, ricercatore dell'Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del ministero dell'Ambiente e massimo esperto italiano del problema. "L'invasione di specie aliene è una tra le maggiori minacce alla biodiversità e di gran lunga la causa principale di estinzioni. E' una questione antica che negli ultimi vent'anni sta esplodendo sulla scia della globalizzazione dei viaggi, del commercio e dell'economia", avverte ancora Genovesi.
La lista degli animali alloctoni che minacciano il nostro ecosistema è lunghissima. Solo nelle acque interne sono 112 (64 invertebrati e 48 vertebrati, stando ad una ricerca pubblicata nel 2008 sulla rivista scientifica Biological Invasions). Tanto per rimanere a quelle più conosciute, si possono ricordare il pesce siluro, lo scoiattolo grigio americano, la tartaruga azzannatrice o quella dalle guance rosse, i gamberi killer della Louisiana o quelli turchi, i pappagalli, le cozze zebrate, i visoni, le nutrie e i procioni (che del criminale hanno anche il phisique du role). Un casistica che tiene conto di un po' tutte le strade percorse dall'invasione. "Lo scoiattolo fu portato in Italia da un diplomatico americano nel '48 per rallegrare un parco di Torino, la cozza zebrata è arrivata probabilmente attaccata alle chiglie delle imbarcazioni, visoni e nutrie sono scappati o sono stati liberati dagli allevamenti per pellicce, i pappagalli sono fuggiti da qualche gabbia, mentre le tartarughe si sono diffuse dopo che qualcuno si è stufato di tenerle nella vasca di casa", ricorda ancora Genovesi.
Per quanto possa sembrare marginale, uno dei problemi centrali è proprio questo. "Bisogna dare modo a chi ha comprato un animale esotico senza sapere a cosa andava incontro, o a chi si è semplicemente stufato, di riconsegnarlo in mani sicure senza creare danni", sottolinea Massimiliano Rocco del Wwf. "Al momento - precisa - strutture del genere non esistono, fatta eccezione per i bioparchi e il Centro di recupero per animali selvatici che il Wwf gestisce a Semproniano, in Toscana. Basta invece un attimo per gettare in un corso d'acqua un pesce che non vogliamo più nel nostro acquario o liberare un procione nel bosco".
"Controllare i rilasci è praticamente impossibile", conferma Marco Fiore, sovrintendente della Forestale in forza al Cites, la speciale struttura di polizia giudiziaria incaricata di reprimere i commerci illeciti di animali tutelati dalla Convenzione di Washington. Nel corso del 2010 il Cites ha accertato 202 reati penali, sequestrando 1.333 animali vivi. La lista delle specie che non possono essere importate è infatti lunga, ma andrebbe ulteriormente estesa ed aggiornata, come si accinge a fare l'Unione Europea. "Nell'elenco - spiega Rocco - si aggiungerà ad esempio molto probabilmente il divieto di importazione dello scoiattolo davidiano che rischia di ripetere i guasti provocati da quello grigio americano". La commercializzazione di specie aliene - lecite o vietate - che vengono poi rilasciate con leggerezza nel nostro habitat è però solo una parte del problema. Una fetta consistente di "intrusi" arriva infatti clandestinamente con la complicità involontaria dell'uomo e l'unica speranza di fermarle è vigilare sui luoghi di ingresso.
Un progetto pilota in questo senso è il Pasal, Progetto Atlante Specie Alloctone del Lazio, avviato dalla Regione nel 2008. Oltre a una puntuale verifica e catalogazione degli "intrusi", il progetto ha attivato un sistema di allerta in luoghi chiave come il porto di Civitavecchia e gli aeroporti di Ciampino e Fiumicino. Qui, ad esempio, grazie ai controlli avviati in ambito Pasal, è stato scoperto il primo tentativo di "infiltrazione" in Europa del temibile coleottero americano Ataenius picinus, mentre nel 2008 in pieno centro a Roma è stato trovato il micidiale tarlo asiatico. Probabilmente è arrivato nascosto all'interno dei bonsai provenienti dall'Oriente, spiega il naturalista Andrea Monaco. "E' un insetto pericolosissimo che fa strage di boschi e foreste, con danni e costi devastanti, ma i protocolli di sicurezza per tenerlo sotto controllo in questo caso non sono risultati efficaci".
Rafforzare la prevenzione, migliorando tra l'altro i protocolli di dogana sull'import-export, oltre che ridurre i costi economici e ambientali provocati dalle specie aliene, avrebbe anche un altro grande vantaggio. Se è vero infatti che nessuno verserà mai una lacrima nel caso si rendesse necessaria una difficile e costosa campagna di sterminio del tarlo asiatico, lo stesso non si può dire per il simpatico scoiattolo grigio. "Eradicare alcuni animali è ormai un'utopia, ma averlo fatto per tempo ci avrebbe risparmiato perdite pesantissime alla biodiversità", sospira Genovesi. "Oggi in Italia - conclude - abbiamo diverse bombe a orologeria che esploderanno fra 10-15 anni provocando ingenti danni economici".
(Fonte: Le Inchieste di Repubblica, di Valerio Gualerzi, 25 novembre 2011)