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domenica 1 aprile 2007

Pike: slow, very slow

di Marco Fiorini

Ero fermo su una strada in terra celtica, bloccato dall’ennesimo peregrinare di vacche guidate da agilissimi Border Collie, quando il mio sguardo cadde sull’asfalto ancora umido dalla pioggia appena scrosciata.


Verniciata in caratteri maiuscoli una scritta “slow” imperava sulla carreggiata circostante, più avanti un’altra ne ribadiva l’importanza “very slow”. So che la cosa non aveva relazione ma da subito la mia mente malata mi fece pensare alla passione (o malattia , come mia madre la definisce) per lo Spinning al Luccio. LENTO, anzi LENTISSIMO, queste poche parole sintetizzavano un’intera vita passata nel tentativo di affinare una tecnica “vincente” nei confronti del mio avversario “ pinnuto”. Non so come e quando ebbe inizio la passione per questo pesce, ricordo solamente che non fu semplice come pensavo. Ero abituato a pescare trote, pesci voraci e molto aggressivi che raramente rifiutano un attacco su artificiali extra veloci animati con destrezza e pensavo che l’esperienza fatta mi avrebbe facilitato il compito. Presto cambiai idea. I continui “cappotti” e le poche catture non mi aiutavano a determinare quali esche e metodi fossero più idonei per “incannare” abitualmente esocidi. Il loro numero ridotto, dovuto all’ inquinamento ambientale e al prelievo indiscriminato di numero e taglie, tanto per giustificare il costo della licenza governativa, non facilitavano le cose. Inoltre le continue novità nel settore “esche artificiali” più o meno valide, contribuivano ad aumentare la confusione che ormai regnava nella mia mente. Fu per caso che durante una giornata apparentemente perfetta, la classica giornata che alla sveglia gustando una buona moka ti fa esclamare “oggi e’ tempo da lucci“, che arrivai alla conclusione che cambiò definitivamente la mia teoria sulla specie. Pescai tutta la giornata con svariate esche e nel migliore dei modi senza accusare nessuna “botta sul cimino”, poi ormai guasto e deluso mi preparai a fare il classico “ultimo lancio” (dopodichè c’è solo la canna del gas). Il lancio non fu nulla di speciale e il recupero qualcosa d’inguardabile, affranto ed annoiato mi guardavo attorno ormai privo di concentrazione, senza rendermi conto che l’artificiale rimaneva fermo alla deriva lontano anni luce da quel movimento naturale proprio di un pesce vivo. Fu durante una di queste pause che una “martellata sulla canna“ mi risvegliò dal sonno in cui stavo piombando. Mi capitò sempre più spesso e ad ogni successo il mio recupero rallentava di conseguenza sempre più distante da come avevo cominciato. Ora, che ormai il Luccio e’ diventato la “star” della mia fotocamera, ho imparato a selezionare gli artificiali o meglio ad usare le esche cui riesco imprimere una pausa tale da rimare per qualche secondo nel campo visivo del pesce. In questo modo l’esocide ha il tempo di calcolare distanza e velocità quindi se vale la pena spendere energie per caricare l’attacco.
E’ ovvio che molti artificiali si prestano a tale recupero (è il “manico“ a fare la differenza) ma alcuni sono più funzionali di altri. Io personalmente ho i miei preferiti che non lascio mai a casa.

Rotanti:

MARTIN 20 con fiocco di lana, ideale per “acque pulite ed usate” recuperato a contatto col fondale alternando rotazioni ampie con pause di recupero a canna alta imprimendo cadute verso il basso con rotazioni sul proprio asse molto accattivanti. MARTIN 28, stesse caratteristiche del precedente ma la paletta generosa richiede meno accelerazione e durante la discesa “sfarfalla “ simile ad un ondulante senza controllo. Per diminuire ulteriormente la velocità, consiglio di aggiungere un bucktail, inoltre tale accorgimento tiene sollevata dal fondo l’ancoretta per qualche frazione di secondo sufficiente a riprendere il recupero prima di agganciare il fondale. LUSOX 3 MEPPS, molto simile come recupero al Martin 20 con la differenza che, se usato senza zavorra, può essere impiegato in acque meno profonde facendolo roteare sopra gli erbai semisommersi rilasciandolo ad ogni buca. In alternativa Ondex N.6, unico svantaggio la difficile reperibilità.
Martin, Ondex e Eira classici per tutte le stagioni
Ondulanti:
Tra la miriade d’ondulanti presenti sul territorio nazionale e oltre ho deciso di selezionarne uno solo :
EIRA 18 grande, se dovessi scegliere una sola esca da portarmi in paradiso (ammesso che sia certa la presenza del Luccio) la mia cernita cadrebbe su questo ondulante. Non esiste nessun’altra esca (ed e’ un mio modesto parere) che interpreti quanto descritto prima. Il peso ridotto ma voluminoso e la sua forma concava leggermente allargata, lo rendono perfettamente equilibrato. Ha sbandamenti laterali non troppo marcati e in fase di caduta “svolazza “ dolcemente e “very slow” fino a toccare il fondale. E’ sufficiente un colpo di vettino per farlo decollare per poi ricominciare il recupero a “scalino”, alla ricerca dell’esocide più apatico del lago. E’ perfetto per molte situazioni l’unico “gap“ è il fiume profondo e con molta corrente. Purtroppo la reperibilità è ancora più limitata di quella dell'Ondex (entrambi sono prodotti dalla Rublex, si veda www.dam-fishing.com). Una cosa importantissima e’ quella di togliere il doppio amo che ha in testa; primo per evitare che anche l’erba più “affamata“, sembri una mangiata secondo per salvaguardare la salute del nostro antagonista che potrebbe ferirsi gli occhi con gli ami eccedenti.

Silicone:
Negli ultimi decenni, grazie all’evoluzione della pesca al black bass, alcune case hanno investito sulla creazione di esche “big” in gomma perfette per la pesca dell’esocide. “Grubboni “ da 8 pollici, twin tail extra large, swimbait fino a 10 pollici ecc. opportunamente piombati hanno permesso di pescare “antialga” sondando porzioni d’acqua proibitive ad altre esche. Tali artificiali aumentano notevolmente le botte sul vettino rendendo meno amaro il “cappottino” sulle spalle ma spesso l’antialga è sinonimo d’antipesce. Molto più redditizio se usati con ancoretta, su buche profonde e prive di vegetazione. Tra gli esistenti in commercio menziono kalins, mogambo, action plastics e super sandra.
Action Plastics 8" grubs e Super Sandra
Spinnerbait:Un’altra esca nata per il “boccalone” e che ha riscosso notevoli consensi da parte dei “lucciofili” è lo spinnerbait. Le vibrazioni emesse dalla paletta, lo skirt pulsante e il sistema antialga rendono quest’artificiale versatile e adatto ad ogni situazione. Recuperato costantemente incurio-sisce il più annoiato dei predatori mentre le sue planate verso il basso lo inducono alla carica. Alcuni aggiungono un secondo amo per aumentarne l’efficacia (io non lo uso e in ogni caso consiglio di togliere almeno l’ardiglione all'amo trailer). Personalmente preferisco spinnerbait con paletta colorado ma a volte le sostituisco con quelle del lusox 3 ancora piu lente e vibranti.
Spinnerbaits: Grim Reaper e Fox Laser
Jerkbait: E’ un’esca nata per i grandi Musky nord americani ma che grazie alla passione di pescatori italici si sta “riproducendo” anche nelle nostre cassette degli artificiali. La parola stessa “jerk“ ovvero strattone ne illustra il recupero. Ed è proprio tra uno strattone e l’altro (quando l’esca rallenta “slow”) che il predatore l’aggredisce e la rende micidiale anche sul territorio italiano. Spesso la pressione di pesca e la qualità delle acque rendono apatico il luccio di casa nostra, preferendo quindi jerk medio piccoli da 6-8 pollici. Al contrario nei grandi laghi nord americani e nel nord Europa si aumenta la taglia arrivando a veri e propri colossi da 12 a 14 pollici, questo anche per selezionare pesci di taglia e non di forare ogni cosa.
Jerkbaits: Salmo Slider e Fox Mini Runt
Esistono, inoltre, esche ibride, che contengono in pratica più qualità, proprie ad altri artificiali. Un esempio è il bulldawg che appartiene alla categoria delle “soft plastic lure”, e personalmente sono gli artificiali che preferisco usare per insidiare i grossi Lucci. Il loro corpo fatto di silicone ha un movimento molto armonico e rallentato anche durante l’affondamento, inoltre l’anima appesantita che ha all’interno permette di sondare diversi strati d’acqua cosa che il jerk “puro “non e’ in grado di fare. Possono essere lavorati in diversi modi: come jig sfruttando il peso che hanno in testa e saltellando sul fondale come crankbait lasciandoli affondare e recuperandoli lentamente fino alla superficie oppure come jerkbait a tutte le profondità .
DLT "the jackall” e Musky Innovation “bulldawg”
Come vi sarete accorti ho trascurato tanti altri artificiali, dai minnow ai crank senza considerare le “quintalate di ferro” che appesantiscono le nostre cassette, non perchè ritenute inefficaci ma semplicemente perché a me piacciono meno. Lascio quindi a voi il piacere di scoprile in tutta la loro efficacia nel fargli il bagno ed animarli con tutta la fantasia che avete in mente uscendo dagli schemi ordinari della pesca che solo lo spinning permette. Ma occhio, ricordatevi di recuperarle LENTE, ANZI... LENTISSIME.