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lunedì 25 gennaio 2010

Autoctoni e alloctoni le verità scomode

Il poblema del contenimento della diffusione delle specie alloctone è considerato tra le priorità della comunità europea come indicato dalla direttiva Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE. Identificando come acque in elevato e buono stato ecologico quelle in cui le specie ittiche corrispondono quasi totalmente a condizioni inalterate, ossia autoctone, e non hanno difficoltà a riprodursi. Molta confusione riguardo la presenza di alloctoni nelle nostre acque viene fatta ancora oggi ed ogni tanto ci si affida a concetti quali evoluzione delle acque o nuovi equilibri.


A questo riguardo è opportuno fare un pò di chiarezza sulla terminologia e sulle reali problematiche in discussione, senza la pretesa di addentrarci in uno studio dettagliato delle cause e delle possibili soluzioni ma al fine di evitare prese di posizione prive di ogni fondatezza scientifica.


Evoluzione delle acque e perdita di biodiversità
Non c'è stata infatti nessuna evoluzione nelle nostre acque (in pochi anni è inoltre quantomeno improprio l'uso del termine evoluzione) e men che meno nuovi equilibri biologici formati visto che questi sono quasi sempre impossibili quando si parla di specie alloctone. E l'argomentazione è cosi semplice che è in grado di comprenderla anche un bambino. Una specie, qualunque essa sia, occupa una nicchia ecologica in equilibrio nell'ecosistema in cui si è evoluta. La costruzione di tale equilibrio caratterizzato dalla presenza di diverse forme viventi, geneticamente dissimili costituisce la biodiversità relativa a quell'ecosistema ed ha richiesto migliaia, a volte anche milioni, di anni. Non è un equilibrio indissolubile, anzi prima o poi è destinato a cambiare ma per le nostre scale di riferimento è più che indissolubile. La scomparsa di una specie, libera una nicchia ecologica a discapito di un'altra specie e fa saltare immediatamente gli equilibri. Ancora peggio è lo spostamento di una specie da un ecosistema ad un altro e che per questo è chiamata alloctona. Entrambi questi fenomeni per le nostre scale temporali hanno origini antropiche e portano ad una perdita di biodiversità.
Per questo dopo anni di ragionamenti mirati alle singole specie oggi la comunità scientifica si è concentrata sull'importanza di preservare la biodiversità, non una particolare specie, in quanto solo se conserviamo la biodiversità in toto potremo avere successo nel preservare le specie a maggiore rischio e trasmettere ai nostri figli un ambiente con un futuro. Non a caso il 2010 è l'anno internazionale della biodiversità.

Lo stato delle acque e l'impatto delle specie alloctone
Ora veniamo al caso delle nostre acque che versano chi più chi meno in condizioni sicuramente difficili. A questo riguardo il Prof. Pier Giorgio Bianco del Dipartimento di Scienze Biologiche dell’Università Federico II di Napoli scrive "La complessiva azione di degrado ambientale e della qualità delle acque interne, sono solo in minima parte responsabili dell'attuale degrado cui versa tutta la ittiofauna autoctona del nostro paese. L'introduzione di specie esotiche d'oltralpe o extraeuropee, le semine fatte con miscellanee di specie spesso sconosciute, i movimenti di intere componenti locali trasferite da un bacino all'altro, hanno confuso con l'andare del tempo, tutta la situazione ittiofaunistica originale. Gli alieni sono spesso comparsi e si sono diffusi in maniera occulta. In recenti studi (Bianco, 1998) sono state evidenziate le fasi salienti, periodiche di queste manipolazioni ittiche. Le introduzioni sono state effettuate probabilmente da che l’uomo allevatore ha iniziato a coltivare specie ittiche per uso alimentare".

Dunque l'introduzione degli alloctoni causata da una serie di considerazioni e iniziative più o meno folli della generazione che ci ha preceduto ha messo in seria crisi moltissimi ecosistemi acquatici. Ecosistemi in cui alcune specie già erano in difficoltà a causa dell'inquinamento e di altre azioni antropiche. Attenzione che non tutti gli alloctoni hanno lo stesso impatto. Ad esempio, il luccio continentale (detto anche verdone), occupa sostanzialmente la nicchia ecologica del luccio nostrano. Il che è sicuramente un problema per il luccio nostrano ed infatti la tutela di questo procede parallelamente al recupero della specie luccio, ma non è un grosso problema per l'equilibrio e lo è relativamente per la biodiversità. Al contrario, una carpa erbivora o amur in un ambiente ricco di vegetazione avrà un impatto molto marcato e comporterà oltre alla scomparsa della vegetazione la scomparsa di tutte le specie che basavano sulla presenza di vegetazione la loro sopravvivenza. Lo si è visto bene nelle acque di bonifica del ferrarese dove l'introduzione irresponsabile di quantitativi massicci di amur al fine di evitare il costo economico del diserbo che annualmente veniva effettuato ha portato alla scomparsa di ogni forma di vegetazione. Con conseguente scomparsa delle zone di frega del luccio, dei ripari e del cibo della tinca e di altri piccoli ciprinidi autoctoni. Non solo, venendo a mancare la fitodepurazione le acque hanno raggiunto livelli di torbidità mai conosciuti in precedenza che hanno avvantaggiato notevolmente predatori quali il siluro a discapito di altri. Quest'ultimo fatto sicuramente non solo a causa dell'assenza di vegetazione ma anche di altre forme di inquinamento.

Il siluro d'europa si è inserito in questo contesto e si è trovato di fronte un ecosistema compromesso in cui ha potuto occupare ogni nicchia ecologica relativa ai predatori ma con vantaggi evolutivi e richieste ambientali in termini alimentari enormemente superiori. Oggi i dati parlano chiaro, nelle acque di pianura sono presenti solo siluri, carpe, abramidi, amur e altri alloctoni tutti di dimensioni particolarmente rilevanti con una fortissima perdita di biodiversità visto che su circa 35 specie solo 10 sono effettivamente rappresentate in termini di biomassa. Tutti volenti o nolenti ormai prevalentemente ittiofagi, non essendoci altre risorse se si esclude il gambero della Louisiana, e con percentuali di biomassa innaturali con siluro e carpa che da soli rasentano il 70% del totale in una piramide ecologica semplificata e invertita. Tant'è che il siluro stesso non se la passa bene in alcune zone ed è in leggera regressione in quanto non trova più sostentamento alimentare. La sovradensità di singole specie porta inoltre alla potenziale diffusione di parassiti e batteri tramite contatto nocivi per tutta la fauna ittica.
Tutto questo, che biologicamente potrebbe definirsi quasi un "ecomostro", è un esempio dei rischi che si corrono in un contesto fortemente artificializzato dall'intervento umano.

Responsabilità e futuro della pesca sportiva
La pesca sportiva non è certo esente da responsabilità. Dalle esperienze sul campo è possibile notare che molti pescatori sono del tutto privi delle conoscenze di base dell’ecologia e della biologia delle specie oggetto di pesca. Dietro la politica oggi molto diffusa del catch & release, che rappresenta un importante punto di partenza nella formazione di un etica della pesca sportiva, si nasconde l'illusione di un comportamento ambientalista spesso però lacunoso (rispetto delle normative, divieti di pesca, ecc..) che porta ad atteggiamenti mirati alla salvaguardia della sola specie di interesse piuttosto che non alla salvaguardia e alla tutela dell'intero ambiente e dell'ecosistema.

Sul ruolo della pesca sportiva l'ittiologo Sergio Zerunian scrive "Le immissioni intenzionali di specie estranee nei corsi d'acqua italiani ha segnato profondamente la qualità degli ecosistemi fluviali, e la responsabilità dei garisti è indubbia. Il bussines della pesca sportiva ha prodotto in tempi relativamente brevi dei danni difficilmente quantificabili, e ha condannato all’estinzione molte delle specie autoctone italiane. L’immissione di specie alloctone è la seconda causa, dopo l’inquinamento, di alterazione degli ecosistemi di acqua dolce. Il problema interessa praticamente tutte le entità tassonomiche, e le specie ittiche a rischio sono numericamente rilevanti. Quando viene introdotta una nuova specie, essa deve disporre di una nicchia ecologica vuota da poter occupare, oppure scalzare dalla stessa nicchia una specie esistente, altrimenti l’introduzione non avrà successo. Nel caso in cui la specie neointrodotta ha successo, si hanno alterazioni spesso drammatiche nella struttura comunitaria preesistente. In Italia il mercato della pesca amatoriale è pure instabile e segue le mode del momento, e tutto questo comporta degli squilibri ecologici che tendono a favorire i Ciprinidi, meno sensibili al decadimento qualitativo degli ambienti fluviali e lacustri e meno soggetti al prelievo, a discapito dei Salmonidi, molto più sensibili e oggetto di pesca assidua".

Oggi dunque ci troviamo di fronte ad una situazione di forte degrado, non solo nel delta del Po e nei canali della bassa ferrarese ma anche in molte altre zone di pianura più fragili rispetto ad altre vista la facile disponibilità di nicchie ecologiche.
Forte degrado che avrà impatti sempre più rilevanti anche sul futuro della pesca sportiva, non solo su tecniche ormai già in forte difficoltà quali lo spinning, ma l'assenza pressochè totale di novellame di carpa in molte acque con forte presenza di siluro, vista la difficoltà a raggiungere la taglia rifugio, e l'esplosione degli abramidi apre l'incognita del futuro stesso del carpfishing una volta che gli esemplari di grossa taglia di carpa inizieranno naturalmente a rarefarsi.

Il futuro che ci aspetta
Alcuni oggi dicono "salviamo il salvabile" oppure ancora peggio "lasciamo che la natura faccia il suo corso". Un atteggiamento del genere significa essere sconfitti in partenza, significa rinunciare ad assumersi le proprie responsabilità, significa rinunciare a lottare e a capire il perchè dell'attuale stato delle cose, significa dimenticare la nostra storia. La biodiversità fa parte della nostra cultura, il luccio, la tinca, l'anguilla, la marmorata sono i monumenti delle nostre acque interne. Non solo, va ricordato come su 48 specie autoctone, ben 22 sono endemiche (vivono cioè solo nel nostro Paese e in nessun’altra parte del mondo!).
Di fronte ad un terremoto che distrugge un monumento e lascia spazio ad una tendopoli, noi ci prodighiamo per cercare investitori e ricostruire il monumento come era in origine non facciamo delle lotte per tutelare la tendopoli.
L'idea che gli alloctoni attualmente presenti possano trovare un equilibrio, oltre alla perdità totale di biodiversità, è in contrasto con tutto quanto detto sopra, e con ogni nozione elementare di biologia. Se anche si prendessero tutti i pesci del Volga e fossero trasferiti in Po questi non troverebbero mai un equilibrio come magari avevano nell'ecosistema originario semplicemente perchè il Po non è il Volga. La temperatura dell'acqua è diversa, la vegetazione è diversa, tutto è diverso. In sostanza sono due biotopi diversi. E dunque l'equilibrio che si era creato in migliaia di anni salta ed evolve verso un nuovo "equlibrio" che in qualche migliaio di anni se va bene verrà trovato. L'unico equilibrio naturale che oggi il fiume Po ammette è quello che si era creato con l'evoluzione.

L'argomento che viene spesso usato a questo punto è l'impossibilità del ripristino della fauna ittica originaria e dunque della necessità di valorizzare quella attuale. Argomento che è sensato per alcuni grossi corsi d'acqua ma che è comunque non corretto da un punto di vista prettamente scientifico. Infatti se è vera la prima affermazione è inevitabile concordare con la seconda. Ma non è così, i pesci hanno capacità riproduttive incredibili non confrontabili con altre forme di vita quali i mammiferi o gli uccelli ad esempio. Ed è anche per questo che una specie ittica alloctona se favorita nella fase riproduttiva si diffonde e colonizza una zona in tempi così rapidi.
Ripopolare un corso d'acqua sano porta a risultati incredibili nel giro di pochissimi anni e con investimenti contenuti. Un caso esemplare in questa direzione è rappresentato dal Lago di Fimon in Italia. Ma guardiamo a USA e Canada. Hanno letteralmente "resettato" (uccidendo con il Rotenone, un insetticida acaricida naturale molto tossico per i pesci ma poco tossico per gli altri animali, quasi tutta la fauna ittica) alcuni bacini e fiumi riportandoli in pochi anni a situazioni prossime a quelle originali. Attenzione, bando alle facili strumentalizzazioni, non si stanno di certo auspicando soluzioni estreme all'americana che in Italia oltretutto sono vietate dalla legge, ma facendo il quadro della situazione per comprendere il problema e i diversi approcci. Il risanamento delle acque e la riqualificazione fluviale hanno grande tradizione nei Paesi anglosassoni. In Inghilterra famoso è il deciso miglioramento della qualità delle acque del Tamigi che ha portato di nuovo i salmoni a frequentare il noto fiume che attraversa Londra. In quest'ottica la comunità europea ha emanato la direttiva di cui abbiamo parlato inizialmente e che prevede che laghi e fiumi debbano essere popolati in maggioranza da fauna autoctona e in grado di riprodursi. Questo proprio in virtù della biodiversità di cui sopra.

Abbiamo detto tutto questo soprattutto per sfatare una serie di convinzioni errate, che nascondono una verità scomoda, e che spesso ci portano a dei ragionamenti errati, non di certo per proporre soluzioni o scatenare campagne a favore o contro un certo pesce. E' l'ecosistema nella sua interezza che va ripristinato, non solo la fauna ittica, ed oggi in molti casi vista la riduzione dell'inquinamento delle acque e lo sviluppo di nuove tecniche di rinaturalizzazione degli habitat questo è teoricamente e tecnicamente possibile.

L'ambiente e il futuro dei nostri figli devono avere la precedenza sugli interessi di qualunque associazione di pescatori, inclusa ovviamente la nostra. Se noi pescatori non abbiamo solide basi scientifiche come punto di partenza ci getteremo sempre in un vicolo cieco, saremo alla merce del profeta di turno e di pesce ce ne sarà sempre meno per tutti.


Referenze
-Bianco P.G. (1998) Freshwater fish transfers in Italy: history, local modification of fish composition, and a prediction on the future of native populations. In: J. Cowx Ed., "Stocking and Introductions of Fishes" Fishing New Book, Blackwell Science, Oxford.