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giovedì 4 ottobre 2012

La silenziosa scomparsa degli anfibi

Circa 1/3 della popolazione mondiale delle 6.468 specie di anfibi è a rischio di estinzione e, negli ultimi decenni, almeno 150 specie sono già scomparse. Secondo la Lista Rossa dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, in Italia, l’11% delle specie rientra nella categoria “minacciato criticamente”, l’11% nella categoria “minacciato” ed il 21 % nella categoria “vulnerabile”. Scarsità d’acqua, inquinamento ed uso dei pesticidi, scomparsa degli habitat, urbanizzazione, cambiamenti climatici e introduzione di specie aliene, queste alcune delle cause che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza delle rane. 
Salvare questo anfibio è di fondamentale importanza per la biodiversità. Oltre pulire l’acqua dalle alghe, infatti, le rane mangiano diversi tipi di insetti e sono loro stesse un importante anello della catena alimentare. Grazie alle loro pelle, che assorbe facilmente sostanze chimiche potenzialmente dannose, sono inoltre degli ottimi bio-indicatori degli equilibri dell’ambiente che le circonda. 

Negli ultimi decenni stiamo assistendo al rapido declino delle popolazioni di molte specie di anfibi, principalmente Anuri (Rane, Rospi, Raganelle, ecc.). La cosa è preoccupante, perchè non si ricorda, a memoria d’uomo, nessun’altra morìa così generalizzata ed estesa : interi generi scompaiono con estrema rapidità, tanto che spesso una specie viene dichiarata estinta subito dopo essere stata scoperta. Desta sconcerto il fatto che davanti ad un fenomeno così evidente (chi non ricorda le miriadi di esserini saltellanti che fino all’altro ieri si affrettavano ad entrare in acqua non appena si avvicinava un pericolo ?), oltre che di così rilevanti proporzioni, nessuno, o quasi, lanci un qualsiasi grido di allarme. Eppure siamo abituati, oramai, a proclami ambientali di vario genere : dalla denuncia delle attività di bracconaggio alle iniziative in favore dei siti di nidificazione, dall’istituzione di depositi di cibo per gli animali selvatici alle proteste per la distruzione di questo o di quell’altro ambiente naturale... E niente, o quasi niente, a proposito della silenziosa scomparsa degli anfibi. L’opinione pubblica sembra assente e del tutto indifferente davanti ad un fenomeno che non dovrebbe poter passare inosservato ; certo, una lince sarà più elegante di un rospo, un airone cenerino sarà meno goffo di una salamandra, il volteggiare aggraziato di un falco sarà forse più nobile del monotono gracidare di una rana in un pantano... 


Al di là delle " mode " del periodo, il fenomeno della progressiva riduzione degli anfibi prosegue rapidamente e senza soste in tutto il mondo, e così rane e rospi mai scoperti scompaiono nell’ombra, e con essi scompare, per sempre, tutto un patrimonio di sostanze chimiche, ormonali, biologiche che non saranno mai più prodotte nè conosciute. Senza contare il fatto che ecologicamente gli Anfibi sono, nel mondo degli eterotermi, analoghi a ciò che i Roditori sono nel mondo degli animali a sangue caldo : fondamentali riserve di risorse trofiche, alla base di catene alimentari che, dal fondo delle paludi melmose, porteranno al luccio, all’airone, al falco, fino ad arrivare - perchè no ? - alla lince. Fra i tentativi avanzati per spiegare questa moria generalizzata sono state considerate le ipotesi " classiche " : piogge acide (un tempo : in seguito, con la fine del fenomeno ovviamente tale causa è stata accantonata), inquinamento, modificazione climatiche, introduzione di specie aliene, riduzione degli habitat. A queste ipotesi si è aggiunta in seguito quella, sicuramente appropriata per gli anfibi, esseri dalla pelle quanto mai delicata, dell’aumento delle radiazioni UV che penetrano attraverso l’atmosfera come conseguenza dell’assottigliamento dello strato di ozono.


Eppure, nessuna di queste ipotesi da sola sembra sufficiente a giustificare la scomparsa degli anfibi. Un'ipotesi recente accreditata da diversi studi è che la causa della repentina scomparsa sia da attribuire ad un parassita, un fungo che avrebbe acquisito letale perniciosità una volta al di fuori del suo habitat originario. Si tratta del Batrachochytrium dendrobatidis, che sarebbe stato " esportato " dagli originari territori dell’Africa al seguito delle rane utilizzate nei test di gravidanza umani e che, una volta al di fuori del proprio ambiente, avrebbe manifestato una virulenza letale per i poveri anfibi non abituati a fare i conti con esso. Per quanto suffragata da dati raccolti in varie parti del mondo e probabilmente incontrovertibili, sotto un punto di vista ecologico la motivazione appare senza dubbio banale : da che mondo è mondo, ogni essere vivente della terra è soggetto a tutta una serie di organismi che in qualche modo si configurano come suoi predatori, antagonisti, patogeni, ecc... senza che per questo motivo si abbiano repentine scomparse di specie, di Generi, di Famiglie o addirittura di un’intera Classe di esseri viventi. Va detto, inoltre, che i primi casi di contagio accertato risalgono ad un periodo in cui lo spaventoso declino aveva già avuto inizio ; va detto che la scomparsa degli Anuri si verifica a livello globale sull’intera superficie del pianeta, comprese le zone in cui l’incidenza delle attività umane è ridotta al minimo (Amazzonia, foreste equatoriali, ecc.) ; va detto che le limitate capacità di dispersione del fungo, veicolato o meno dall’azione umana, non dovrebbero consentirgli di produrre effetti contemporaneamente sull’intero pianeta, ma in singole zone di diffusione, per poi interessare superfici sempre più estese.


Per quanto gli interrogativi che suscita siano evidenti, l’ipotesi che sia il fungo in questione a determinare, a livello globale, la scomparsa degli anfibi, resta tra le più accreditate; d’altra parte, è stato accertato che detto fungo causa patologie mortali nelle rane dei più svariati generi. Dal punto di vista del rapporto causa/effetti questa spiegazione appare, come già scritto, banale, e lo appare tanto più se la si paragona alle spiegazioni, di ben altro livello, che vengono avanzate per spiegare la scomparsa dei dinosauri : per quest’ultima si prospetta da sempre uno scenario apocalittico. D’altra parte, anche l’abbinamento fra la scomparsa dei Dinosauri e quella degli Anfibi non ha motivo di esistere : i dinosauri hanno contrassegnato un’epoca, mentre gli Anfibi, da bravi " termini di passaggio " colonizzatori delle terre emerse, avrebbero dovuto essere estinti già da un pezzo, dal momento stesso in cui la vita uscì dall’acqua per dare origine ai Rettili prima ed agli Uccelli ed ai Mammiferi poi....

Con le premesse fatte in merito all’evoluzione degli animali terrestri, che sarebbe avvenuta a partire dal primo Anfibio che optò per la vita in ambiente aereo, qual è il senso della presenza degli Anfibi nel terzo millennio, una volta esaurito, in termini evolutivi, il loro compito ? Tanto più che gli attuali Anfibi appaiono, nelle loro caratteristiche essenziali, incredibilmente simili a quelli comparsi milioni di anni fa, strani " anelli mancanti " che si sarebbero poi evoluti nei Rettili, ma anche, imprevedibilmente, conservati con poche variazioni e pressochè identici fino ai nostri giorni... La scomparsa definitiva degli Anfibi porterà via per sempre, insieme a questi animali, anche la risposta a tutta una serie di interrogativi che riguardano la loro esistenza (e, forse, la storia stessa della vita sulla terra), senza che sia più dato di trovare una risposta. D’altra parte, chi li ricorderà più, fra venti o trent’anni ?  

(Tratto da LA SILENZIOSA SCOMPARSA DEGLI ANFIBI, LA COSMOLOGICA SCOMPARSA DEI DINOSAURI di Sandro D’Alessandro, Bipedia)

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